Giocata in pochissimi episodi, tutti sul confine tra il visionario e il giocoso, la Casa Telematica è una storia di design che racconta l’arrivo della tecnologia e dell’immateriale nella sfera domestica. Il protagonista è Ugo La Pietra, progettista e sperimentatore che forse più di tutti ha portato avanti la ricerca e lo spirito provocatore del radical design italiano: già a inizio ’70, con la mostra Italy: the new domestic landscape al MoMA come orizzonte, La Pietra aveva sviluppato un concept della Casa Telematica come dispositivo spaziale per espandere le possibilità percettive dell’individuo. Ma era ancora un volume simbolico, astratto, uno spazio a sezione triangolare, evocativo della forma dai valori perfetti: un decennio dopo, invece, nel 1983, arriva in Fiera a Milano una mostra curata con Franco Bettetini e Aldo Grasso, sempre con lo stesso titolo, che La Pietra definisce un “esperimento di verifica e contaminazione tra la crescente memoria elettronica e lo spazio domestico”. La Casa Telematica degli anni ’80 è la casa della pervasività dell’informazione, è la vita determinata e orientata dagli schermi, onnipresenti come già Piano e Rogers avevano pensato per il Pompidou a Parigi, e qui direttamente inglobati nell’arredo.
Quale sia l’idea di Ugo La Pietra sull’abitare, è facile scoprirlo leggendo di quella volta che ha invitato Domus a casa sua; qui esploriamo invece una di quelle sue presenze, molto frequenti nella Domus di Alessandro Mendini, in cui proprio la Casa Telematica era il punto di partenza per passare in rassegna il futuro dell’arredo negli anni ’80. Era il gennaio del 1983, sul numero 637.
È sempre tempo di poltrone
Il recupero di vecchi rituali, l’introduzione di altri, nuovi, alla base del continuo aggiornamento e sperimentazione dell’oggetto “morbido” per la casa.
Poltrona, divano a due posti, a tre posti, lampada d’angolo, tavolino al centro “bloccati” ad esprimere il rituale della conversazione mentre si prende il the. Gli scambi di informazioni nei “salotti” più o meno “impegnati”, le “quattro chiacchiere” tra signore: tutte pratiche che sembra stiano scomparendo di giorno in giorno!
Eppure, gli oggetti che ne definisco il rito costituiscono ancora elementi determinanti dello spazio domestico di oggi; “600 salotti, 400 camere da letto, 350 cucine” si può leggere, tra i cartelli invitanti di uno dei tanti supermercati del mobile alla periferia di Milano.
La poltrona è ancora un oggetto importante, importante per il produttore, per il designer e per il consumatore. Ditte esclusivamente specializzate in imbottiti continuano a crescere, anzi ne nascono di nuove, designers vecchi e nuovi prima o poi si cimentano con questo “oggetto morbido”; il consumatore ne ha sempre più bisogno: qualche volta per ricomporre il salotto secondo la vecchia logica radiocentrica in una situazione ambientale un po’ finta (come quella che appare spesso negli shorts pubblicitari televisivi) forse alla ricerca della rappresentazione del vecchio rituale, più spesso per nuovi rituali ad esempio quelli legati alle nuove tecnologie informative e di comunicazione.
Vedremo scomparire l’insieme radiocentrico per una configurazione unidirezionata verso un unico grande schermo Tv.
Ugo La Pietra
Così la poltrona ritrova una nuova vita da sola o accoppiata, contamina ed è contaminata, e forse, sarà ancora per molto tempo un elemento determinante alla definizione del nostro spazio domestico.
L’informatica e la telematica entrano nelle nostre case? Bene, la poltrona è sempre disponibile!
Vedremo scomparire l’insieme radiocentrico per una configurazione unidirezionata verso un unico grande schermo Tv, potranno forse nascere nuove combinazioni e contaminazioni di questo strumento domestico con altri nuovi strumenti: poltroncina singola per giochi elettronici (videogames), doppia poltrona girevole per giochi a coppia (scacchi computerizzati), chaise-longue per letture di dati individuali (terminali), poltrone con monitor incorporato, appeso, affiancato, inserito…
