Dall’immensa retrospettiva dedicata a Nan Goldin all’Hangar Bicocca alle piccole collettive diffuse in città, sono numerose le mostre di fotografia che questo autunno affollano Milano e segnano il ritorno di un medium che le istituzioni culturali spesso sottovalutano. Un ritorno che è forse dovuto anche a un nuovo modo di ibridare la fotografia con le altre arti visive e il mondo digitale. 

Nel panorama delle gallerie, ci pensa Viasaterna – la galleria milanese diretta da Irene Crocco che, con il suo nome, omaggia Dino Buzzati – a rispolverare due grandi autori del secolo scorso e a presentarci nove nuovi volti dell’arte contemporanea che il medium fotografico lo usano a modo loro, legandolo alla scultura, alla raccolta di scontrini, alla pittura, all’illusionismo e alle Ai generative.
Si tratta di Alessandro Calabrese, Giorgio Di Noto, Teresa Giannico, Camilla Gurgone, Leonardo Magrelli, Grace Martella, Luca Massaro, Alessandro Sambini e Alberto Sinigaglia: i protagonisti della mostra fotografica “Transizioni. Dal fotografico alle immagini ibride”, a cura di Mauro Zanchi in collaborazione con Aurelio Andrighetto.

La mostra collettiva, ospitata negli spazi di via Leopardi 32 a Milano, riflette sulle nuove immagini che pervadono il nostro quotidiano. Dai deepfake alle realtà simulate, quella che si è creata online è una nuova forma di autorialità (e quindi anche di bellezza) con cui l’arte deve fare i conti. Cosa succede se l’immagine non è più un riflesso del mondo ma una sua riscrittura tramite prompt? Che forma assumono le opere fotografiche se a definirne la fortuna e i codici è l’algoritmo? 

Negli ultimi tre anni, tra concorsi fotografici che riscrivono i propri regolamenti sull’intelligenza artificiale e immagini generate da algoritmi premiate a livello internazionale, come al Sony Photographic Award 2023, diventa essenziale chiedersi che cosa significhi oggi fare fotografia. 

“Transizioni” raccoglie immagini ibride, opere che si distinguono per attingere un po’ a tutta la storia dell’arte e a tutta la storia de. Come Velum di Camilla Gurgone, classe 1997, che usa la stampa su carta termica per nascondere per dieci anni le risposte di un’intelligenza artificiale a domande esistenziali, o Punch Line dove Alessandro Calabrese (1983) sovverte le fondamenta dell’archeologia facendo restaurare statue antiche all’Ai. 

A due grandi maestri – Constantin Brancusi e Amedeo Modigliani – è poi dedicata una sezione della mostra che ricorda quanto le avanguardie avessero visto lungo sull’uso della fotografia come strumento di introspezione ed estensione del pensiero dell’artista, oltre che come mezzo di documentazione. “Lungi dall’essere un’esclusiva del nostro tempo digitale, il dialogo tra media diversi affonda le sue radici nelle avanguardie del XX secolo”, racconta il curatore Mauro Zanchi. “L’arte contemporanea ha semplicemente ereditato e radicalizzato questa lezione.” 

“Transizioni. Dal fotografico alle immagini ibride” è una grande antologia di nuovi e vecchi modi di fare fotografia, ma è anche una mostra più profonda, che, provocando, rassicura. Le fotografia – certo – è cambiata con l’avvento dell’intelligenza artificiale, ma questo non è per forza un male.