Il segreto dei film di Wes Anderson in 5 ambienti

Il regista americano costituisce un unicum nella storia del cinema. Grazie alla precisione e la coerenza dell’arredamento e degli edifici. Cosa sarebbero i suoi film senza?

Ci sono registi che diventano aggettivi, dopo di loro cioè un certo modo di essere o di fare assume il loro nome o quello dei loro personaggi (fantozziano, felliniano…), Wes Anderson invece è il primo che è riuscito a modificare gli ambienti e l’arredamento che gli preesisteva. Così chiaro e così preciso è il suo stile visivo, così maniacale è la maniera in cui arreda ispirandosi a veri arredi d’epoca (solitamente anni ‘70 ma spesso sconfina nei ‘60 o negli ‘80), che adesso quei veri arredi sono diventati wesandersoniani come testimonia il profilo instagram Accidentally Wes Anderson, in cui si trovano fotografie di interni e arredamenti (ma anche facciate di palazzi) che senza volerlo sembrano imitare lo stile di Wes Anderson.

Non è assolutamente accidentale invece il Bar Luce della Fondazione Prada progettato e arredato da Wes Anderson che sembra… Beh sembra uscito da un film di Wes Anderson.

The French Dispatch of the Liberty, Kansas Evening Sun, Wes Anderson, 2020.

Non ci sono precedenti nella storia del cinema di uno stile che con tale inesorabile precisione e coerenza parta dall’arredamento e dagli edifici per creare film, per raccontare personaggi e per dar vita a mood e sensazioni uniche. Nemmeno Almodovar, con tutto il suo carico di colori saturi e superfici lisce, è paragonabile. Il cinema di Wes Anderson non solo sembra un catalogo di un mobilificio d’epoca ma in quegli showroom inserisce personaggi perfettamente coerenti che non possono esistere né possono essere mai esistiti, eppure sono capaci di slanci così riconoscibili, così umani e così delicati. Quello intorno a loro non è più arredo ma il mondo che li circonda e che al tempo stesso li opprime (spingendoli ad essere sempre il massimo) e li esalta (fornendogli una ragion d’essere). Si veda come la prima immagine del suo prossimo film, The French Dispatch, già dice tutto questo.
Si pensi a Hotel Chevalier, il cortometraggio con Natalie Portman ambientato quasi tutto in un hotel giallo, e a cosa succede quando alla fine Anderson mette in relazione quegli ambienti stretti, chiusi e sovra-arredati con l’apertura all’esterno blu. Erano due amanti in una bomboniera ma non capivamo che fuori c’era Parigi.

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