Il libro e la mostra “Sulle tracce di Pan” sono il risultato di 20 anni di una ricerca fotografica di Davide Pagliarini. Quest’ultima si snoda fra architettura e natura attraversando il sud dell’Europa, dal Peloponneso a Stromboli, fino a toccare Portogallo, Francia e Regno Unito. Un Sud che si estende oltre ai suoi confini geografici comunemente intesi, guidato dalla ricerca del sacro. All’interno di tale indagine, Pan – divinità dall’aspetto per metà umano e per l’altra metà capro – sembra proprio identificarsi sia nel tema della natura sia nella sua dimensione peripatetica, quasi irrequieta. Gli scatti di Pagliarini non sono immobili, ma l’uno rimanda agli altri, veicolando un senso di consapevolezza del divenire: un paesaggio minerale mosso da un filo di vapore, un edificio d’autore – come le piscine di Leça di Álvaro Siza – che lascia affiorare le rocce, o un’anonima struttura militare che come un cristallo emerge da un paesaggio di terra. Un equilibrio fra natura ed artificio di cui il progetto di Pagliarini svela la precarietà: ogni cosa si muove e si trasforma, ineluttabilmente. Ed è così che vanno lette queste fotografie, per lo più dettagli scattati con una fotocamera medio formato, ovvero come un tentativo di rivelare dove oggi, nella continua e reciproca colonizzazione fra natura e artificio, risiede il sacro.