Amor, ch’a nullo amato

Tante sono le declinazioni dell’amore, e i diversi modi con cui la pittura l’ha raccontato, come nelle opere di Tiziano Vecellio, Silvestro Lega e Giorgio De Chirico.

Amor, ch’a nullo amato amar perdona, mi prese del costui piacer sì forte, che, come vedi, ancor non m’abbandona.”
Dante Alighieri, Divina Commedia, Inferno, Canto V. L’amore.

Un grande patrimonio artistico è quello che da secoli narra l’amore in tutte le declinazioni e registri possibili. Raffigura scene, gesti simbolici e suggestivi dove sguardi, baci, abbracci, dolci o erotici che siano, si esplicitano nella classicità delle forme rinascimentali o in quelle surrealiste, dove ogni dettaglio diventa simbolo d’espressione e narrazione.

Due donne sul bordo di un antico sarcofago raccontano L’Amor sacro e l’Amor profano di Tiziano Vecellio. Due donne appunto, molto somiglianti, forse la stessa modella a rappresentare le due realtà del matrimonio. La donna di destra, vestita da sposa, vede rappresentati dietro di lei due conigli bianchi simbolo di una numerosa discendenza. Sul capo una corona di foglie di mirto, metafora dell’unione coniugale. Un amore privato e uno più sensuale, dove la vasca ricolma d’acqua unisce e mescola quest’amore.

I Fidanzati, Silvestro Lega, 1869
I Fidanzati, Silvestro Lega, 1869

Il dipinto nasconde numerose letture dove la mitologia classica mescola le carte. Venere e Medea con un cupido alle spalle forse, infatti nel bassorilievo Venere viene rappresentata mentre si punge il piede per salvare Adone assalito da Marte. Al lato opposto il ratto di Proserpina, senza contare le diverse letture filosofiche dove le idee dell’Accademia di Marsilio Ficino identificano le due giovani come Venere terrena e Venere celeste, l’amore carnale e quello spirituale.

…Vorrei che il mio amore per lei fosse più che un sentimento, fosse una virtù.

L’amore, sempre l’amore, come quello che Silvestro Lega mette in scena in un piccolo dipinto che titola I Fidanzati. Le pennellate macchiaiole danno corpo a sottili personaggi che descrivono una scena semplice. Un tramonto, una coppia con al seguito una donna con dei bambini che giocano, una scena in movimento con una sequenzialità dettata dai personaggi principali, ovvero la coppia di fidanzati. Un momento intimo e caldo dove il paesaggio segue la scena. I due si sussurrano qualcosa in gran segreto e proprio dietro le loro teste un’abitazione. Forse la loro? Forse quella della famiglia della donna? Chissà, comunque un simbolo del loro futuro, come il gruppo di figure alle loro spalle, la donna con i bambini. Il loro compito è quello di sorvegliare i due ma che sia anche una lettura di un futuro prossimo, della vita che verrà? Un dipinto semplice quello di Lega che sviluppa però riflessioni più contemporanee.

Ettore e Andromaca, Giorgio De Chirico, 1912
Ettore e Andromaca, Giorgio De Chirico, 1912

Contemporanea e metafisica è anche la lettura dell’amore che mette in scena Giorgio De Chirico nel suo Ettore e AndromacaPrimogenito di Priamo ed Ecuba, noto per essere il più valoroso tra i “Troiani domatori di cavalli”, Ettore viene rappresentato come un manichino insieme alla sua amata Andromaca, una delle figure epiche più toccanti. “Colei che combatte gli uomini”, questo il significato del nome Andromaca, una donna sentimentalmente sconfitta che vide suo padre Eezione, re di Tebe, e i suoi fratelli scendere nell’Ade, una donna che vide morire il suo amato sposo e suo figlio Astianatte, una donna destinata alla solitudine dell’amore maschile in ogni sua forma. Due manichini dunque, due figure senza volto che rappresentano la privazione della vita, la privazione dei sentimenti. De Chirico guarda a Nietzsche in qualche modo, argomentando il non senso della vita dando risonanza a questo pensiero attraverso l’arte.

Immobili e statici i due manichini prendono movimento attraverso i colori che però mantengono una dimensione a-temporale in un non luogo metafisico. Ettore e Andromaca si stringono l’un l’altra mancando in un abbraccio poiché assenti gli arti superiori. Un abbraccio di conforto, di dolore che pare dar forma alle parole di Omero: “Tu, Ettore, tu mi sei padre e madre e fratello e sei anche il mio giovane sposo: abbi pietà di me, resta qui sulla torre, non fare del figlio un orfano, di me una vedova”.

Tante ancora le opere d’arte che argomentano l’amore, alcune più note altre più misteriose e nel week end che precede San Valentino un omaggio sentimentale a tutti questi grandi artisti. Citando Curzio Malaparte, straordinario toscano “…Vorrei che il mio amore per lei fosse più che un sentimento, fosse una virtù”.

Immagine in apertura: Amor Sacro e Amor Profano, Tiziano Vecellio, 1514

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