La neve

I paesaggi imbiancati hanno ispirato tante opere di letterati e pittori nel corso dei secoli, sia a Occidente, sia in Oriente. Ed è proprio a Pechino che iniziano le Olimpiadi invernali, un evento in cui la neve sarà assoluta protagonista.

“L’importante non è vincere ma partecipare” disse Pierre de Coubertin, pedagogo e storico francese. È davvero così? Inizieranno ufficialmente oggi le Olimpiadi invernali di Pechino 2022.

La capitale della Cina infatti ospiterà sino al 20 di Febbraio la XXIV edizione dove osserveremo atleti gareggiare in sport affascinanti come il pattinaggio, il curling, l’hockey, lo sci alpino o il rocambolesco snowboard, insomma tutti sport che vedranno prestanti e leggiadre silhouette muoversi sulla bianca neve.

Nevicata al tempio Kiyomizu, Kyoto, Hasui Kawase, stampa silografica, 1932
Neve al tempio Kiyomizu, Kyoto, Hasui Kawase, stampa silografica, 1932

Paesaggi imbiancati hanno ispirato da sempre letterati e pittori, la Bibbia addirittura dedica dei versi nel libro del Siracide alla neve: “Fa scendere la neve come uccelli che si posano, | come cavallette che si posano è la sua discesa; | l’occhio ammira la bellezza del suo candore | e il cuore stupisce nel vederla fioccare.” (Siracide 43,18).

O ancora Gabriele D’Annunzio, Rainer Maria Rilke o il poeta, scrittore e pittore Joachim Ringelnatz. Ed è proprio la pittura orientale ad offrirci una straordinaria e ampia panoramica su questo tema.

Hasui Kawase, artista giapponese della prima metà del XX secolo, racconta e analizza le architetture tipiche del suo paese in relazione con la natura, con la neve. Scene dolci, ovattate, senza rumori, dove il colore predominante è il bianco. Prospettive private in cui l’artista sembra passeggiare e fermare, attraverso i suoi ricordi, il suo punto di vista, la sua veduta quasi fotografica. Noto esponente del movimento shin-hanga (nuove stampe), Hasui si differenziava per le sue opere, silografie per lo più, prive di note testuali, come a voler sottolineare la non appartenenza a quella veduta, a quel paesaggio. Attraverso l’elaborazione di un’estetica totalmente conforme a quella della tradizione giapponese, l’artista costruisce volumi e prospettive tipiche di una pittura occidentale, paesaggi prospettici che ripercorrevano costruzioni tipiche del 900 europeo.

Neve a Shiba Daimon, Hasui Kawase, stampa silografica, 1936
Neve a Shiba Daimon, Hasui Kawase, stampa silografica, 1936

I paesaggi innevati descritti dalla pittura occidentale affrontano il tema in maniera totalmente opposta. La dolcezza e il silenzio lasciano spazio alla forza e all’irruenza della neve.

L’artista britannico Joseph Farquharson ne è un chiaro esempio. I suoi paesaggi sono duri, dolorosi, come i personaggi che li vivono. Realtà povere, dove la neve rende tutto più difficile. Contadini e bestiame che vagano alla ricerca del nulla, che subiscono quest’evento atmosferico. Notti fredde, tramonti dolorosi e tristi dove tutto racconta povertà e desolazione, dove la neve diventa un narratore e un esecutore amaro e irriconoscente.

Il silenzio della neve, Bucket Mill sul Feugh, Finzean, Joseph Farquharson, 1907
Il silenzio della neve, Bucket Mill sul Feugh, Finzean, Joseph Farquharson, 1907

Un artista del XVI secolo, Pieter Bruegel il vecchio, un genio e un maestro della pittura fiamminga, utilizza invece la neve come una scusa, come un aiuto nella sua pittura, un escamotage tecnico dove i suoi piccoli personaggi acquistano dimensione e corporeità. I suoi villaggi appaiono quasi imponenti grazie al bianco tappeto nevoso. Quel bianco dunque assume una tridimensionalità particolare e audace che solo i colori riescono a dare. Bruegel spezza la regola e attraverso una particolarissima grisaille risale ai volumi, all’estetica dell’assenza del colore, della monocromia data da toni caldi e neutri.

La neve non è più soggetto ma un pretesto pittorico, un acume creativo che troverà solo nel pennello del pittore fiammingo tanta maestria.

Neve al Tempio Zoji, Hasui Kawase, stampa silografica, 1939
Neve al Tempio Zoji, Hasui Kawase, stampa silografica, 1939

Una grisaille letteraria viene proposta anche dallo scrittore francese Maxence Fermine, che chiude la sua trilogia dei colori proprio con un libro a cui dà il titolo Neve mentre Il Violino nero e l’Apicoltore trovano l’inizio e la racconta così: “La neve è una poesia. Una poesia che cade dalle nuvole in fiocchi bianchi e leggeri. Questa poesia arriva dalle labbra del cielo, dalla mano di Dio. Ha un nome. Un nome di candore smagliante. Neve.”

Al via dunque i festeggiamenti per la neve attraverso questo antico appuntamento delle Olimpiadi.

Immagine in apertura: Cacciatori nella neve, Pieter Bruegel, olio pannello, 1565

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