Processing, il software che è una sintesi tra arte e tecnologia

A 20 anni dalla nascita del programma che ha insegnato come scrivere codice a chi usa il linguaggio visivo, i creatori ne delineano la storia tracciando le prossime mete.

Questo articolo è stato pubblicato in origine su Domus 1061, ottobre 2021.

Quando abbiamo iniziato a lavorare a Processing, volevamo portare idee e tecnologie del Massachusetts Institute of Technology nel mondo esterno. Prima di tutto intendevamo creare una sintesi tra progetto grafico e informatica, mettendo insieme i principi visivi del design e la mentalità sistemica dell’informatica. Poi volevamo introdurre un metodo di lavoro sul codice in cui gli elementi si definissero nel corso del processo di scrittura del software: lo abbiamo definito ‘schizzare’ il codice. Infine, desideravamo condividere ciò che avevamo imparato su come insegnare la programmazione ai progettisti, non solo alle persone cui potevamo insegnarlo direttamente nei nostri laboratori e nelle nostre aule.
Questo macro- progetto è stato possibile grazie a un repertorio di strumenti di programmazione che abbiamo ideato appositamente per realizzare immagini, creare una coreografia per le animazioni e anche una gestione interattiva. Ci sono voluti diversi anni per mettere a punto un repertorio di elementi utili a realizzare il progetto visivo con il codice. Va anche detto che non siamo partiti da zero, ma abbiamo avuto come base le idee e il codice elaborati dalle persone che hanno lavorato nel settore prima di noi.

Casey Reas, 2010, immagine tratta da Process Compendium, 2004-2010

Le origini

Processing è nato nel vecchio Visible Language Workshop del MITMedia Lab. Il VLW è stato fondato nel 1975 ed è stato uno dei centri di ricerca più importanti del Lab dal 1985 al 1998, fino alla scomparsa della sua direttrice Muriel Cooper. Processing è nato all’Aesthetics + Computation Group (ACG), gruppo di ricerca costituito al Media Lab da John Maeda nel 1996. La ricerca di Maeda al Lab ha proseguito il lavoro sulla sintesi del progetto visivo con le nuove tecnologie informatiche. All’ACG, Maeda ha creato la piattaforma di programmazione Design By Numbers, presentata nel 1999.

Ci inserì entrambi nel progetto, dopo il completamento della versione iniziale, perché contribuissimo a gestirla e ad ampliarla. Molti aspetti di Processing sono stati realizzati con DBN, che comprendeva anche un programma per la scrittura di un codice con un suo linguaggio. DBN era un sistema ridotto all’osso, la ‘tela’ era sempre di 100 x 100 pixel e si potevano usare soltanto dei toni di grigio, non c’erano colori. Questi vincoli, così come elementi di codice comodi come carta e penna, rendevano facile imparare a usare DBN. L’esperienza con DBN fece nascere in noi l’ambizione di dare vita a Processing. Iniziammo a includere il colore e altre caratteristiche, ma ben presto ci rendemmo conto che i vincoli erano l’essenza della piattaforma, che non poteva essere ampliata. Noi volevamo creare un sistema facile da usare come Design By Numbers, ma che offrisse un ponte per passare a un lavoro più ambizioso. Ci premeva dare l’opportunità di lavorare con il colore, su grande formato, creare una grafica tridimensionale e altro ancora. Gli schizzi semplici di Processing sono chiari quasi quanto quelli di DBN, ma Processing aumenta le dimensioni: ha un “pavimento basso” e un “soffitto alto”.

L’essenza di Processing

In Processing un progetto si chiama schizzo. È più di un cambiamento di nomenclatura, è un’impostazione differente nei confronti del codice. Quella più tradizionale consiste nel mettere a punto l’intero programma previsto per il software prima di scrivere una riga di codice: un’impostazione che può andare bene per i campi ben definiti, ma quando l’obiettivo è l’esplorazione, l’invenzione, ciò taglia fuori gli esiti possibili prima del dovuto. Elaborando degli schizzi con il codice si scoprono e si seguono percorsi inattesi. Dato che Processing è fatto per creare immagini, il linguaggio comprende elementi per lavorare specificamente sulla forma, sul colore, sulla geometria, sull’immagine e così via. L’idea centrale è facilitare la creazione di oggetti visivi, ma anche permettere a un programmatore più esperto di realizzare con lo stesso linguaggio progetti più complessi.

L’‘ambiente’ è l’applicazione software in cui si creano gli schizzi. Nel caso di Processing, si chiama Processing Development Environment (“Ambiente di sviluppo di processo”). L’idea principale che lo muove è rendere rapido e facile iniziare a creare degli schizzi, poi anche essere utilizzato come un taccuino: un luogo dove salvarli, aprirli e gestirli facilmente. Il PDE è anche in grado di aprire e gestire modelli di schizzi, e si collega facilmente con la Guida; è stato creato per i principianti, non tutti lo usano per creare gli schizzi.
Il gruppo di persone che crea gli schizzi di Processing viene definita comunità: condividono gli uni con gli altri lavoro e codice. I suoi più importanti contributi a Processing sono le Librerie: ne esitono oltre cento che, a partire dal nucleo centrale, ampliano il software in varie direzioni. Articolate in categorie che vanno dai Dati per la simulazione a Video & Visione, le Librerie sono parti di software indipendenti che si integrano con il linguaggio di Processing. La maggior parte di esse è stata sviluppata autonomamente da membri della comunità; il codice sorgente e gli esempi possono essere usati e studiati da tutti.

Casey Reas, Level 2 Biohazard, 2013, stampa cromogenica su FujiFlex SuperGloss, 68,6 x 121,9 cm

I prossimi passi

Lo scopo originario di Processing era creare un software che rendesse facile a chi usa il linguaggio visivo (designer, artisti, architetti) imparare a scrivere un codice e aiutare un pubblico più tecnico a usare la grafica in modo fluido. L’intento era dare a tutti una possibilità di alfabetizzazione informatica: leggere e scrivere software. Volevamo cambiare i programmi delle università e delle scuole d’arte di tutto il mondo. Invece di insegnare agli studenti a usare il software, pensavamo fosse altrettanto importante insegnare loro a crearlo. Il passo succesivo è rendere il codice più accessibile a un pubblico ancora più vasto. Su questo obiettivo stiamo investendo risorse in termini di formazione e di collaborazioni.

Crediamo nella sintesi tra arte e tecnologia, e sappiamo che l’arte è parte inscindibile della formazione fin da quando si è giovani. Non vogliamo vivere in un mondo dove la tecnologia si sviluppi senza idee e ispirazione da parte dell’arte, e dove solo poche persone possano imparare a scrivere codici. Lavoriamo a Processing da 20 anni. È difficile ricordare con precisione le sensazioni del 2001. Abbiamo un archivio di documenti e di liste di cose da fare, e ogni cambiamento apportato al codice è stato documentato, anche se questi dati non sanno trasmettere l’atmosfera che c’era o l’impatto avuto su di noi. In sintesi, Processing parla di persone, formazione collettiva e ricerca, condivisione di idee e contributi personali di ciascuno.

Casey Reas:
Artista e docente, Reas ha conseguito un master in Media Arts and Sciences al Massachusetts Institute of Technology e una laurea al College of Design, Architecture, Art and Planning dell’Università di Cincinnati. Insegna alla University of California, Los Angeles
Ben Fry:
Esperto americano di visualizzazione dei dati, Fry ha conseguito il dottorato all’Aesthetics + Computation Group del MIT Media Lab. È direttore di Fathom, una società di consulenza per progettazione e software con sede a Boston

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