Effetto domino

Prendendo spunto dall'opera seminale del filosofo francese Jean Baudrillard "The System of Objects", Andreas Angelidakis e Maria Cristina Didero si sono introdotti negli spazi della Deste Foundation di Atene per rileggere le collezioni del magnate greco Dakis Joannou.

Fin dall’inizio, l’obiettivo della mostra “The System of Objects” è stato chiaro: mostrare l’attitudine di Dakis Joannou al collezionismo, attraverso la collaborazione con l’architetto Andreas Angelidakis e Maria Cristina Didero. In modo non comune e non convenzionale, Angelidakis presenta il mondo di Joannou. Ispirandosi all’opera seminale di Jean Baudrillard The System of Objects, del 1968, Angelidakis rivolge il suo sguardo alle diverse collezioni che Joannou ha messo insieme in anni di appassionata dedizione e s’introduce nello spazio della Deste Foundation con il proposito di rinnovarle tutte. In occasione dell’apertura della mostra, Domus pubblica una conversazione a tre che vede coinvolti il curatore Andreas Angelidakis, il collezionista Dakis Joannou e l’architetto Yorgos Tzirtzilakis, direttore artistico della Deste Foundation.

 

Yorgos Tzirtzilakis: Che cos’è questa mostra?

 

Andreas Angelidakis: Una scorribanda attraverso le collezioni di Dakis Joannou.

 

Dakis Joannou: La mostra aggiunge una nuova prospettiva, che però riporta la Fondazione Deste al punto di partenza. È un misto di tutte le componenti culturali, dalle arti visive ai brani sonori, al design, all’architettura, alla moda: di tutto. Il celebre, vecchio progetto di quando avevamo in mente di dare vita al COCCA – che non fu mai realizzato, naturalmente – era una specie di prospettiva teorica che, curiosamente, abbiamo avuto occasione di mettere alla prova oggi, a trent’anni di distanza. La concezione di Andreas Angelidakis fonde insieme tutte le collezioni.

The System of Objects
"The System of Objects" vista della mostra alla Deste Foundation di Atene

AA: Com’era quel progetto?

 

DJ: Era uno dei progetti cui pensavamo nel 1983, poco prima della fondazione di Deste, con Germano Celant ed Efi Strousa, e si chiamava COCCA: Centre for Contemporary Culture and Art. L’idea era creare ad Atene un luogo che mettesse insieme tutto. Era un progetto concettuale che non si fondava sull’idea di museo d’arte contemporanea. Ricordo che ne parlavo con Jannis Kounellis, che non era d’accordo; una cosa di questo genere non gli interessava e proclamava che l’arte era autonoma. Diceva che l’arte è l’arte e tutto il resto è differente. Fu uno dei primi progetti di DESTE, ancor prima che iniziasse a formarsi la collezione. E quindi a quanto pare oggi il cerchio si chiude, benché ovviamente in un altro modo.

The System of Objects
"The System of Objects" vista della mostra alla Deste Foundation di Atene

AA: È una specie di operazione archeologica. Certe mostre storiche di DESTE, come Cultural Geometry (1988) comprendevano anche oggetti. Ce ne sono state spesso…

 

DJ: L’accostamento.

 

AA: Sì, l’accostamento. È evidente anche in alcuni dei primi cataloghi di DESTE, e anche dopo, nei testi di Jeffrey Deitch – quelli per Everything that's Interesting is New (1996), mi pare – dove parla dei remix dei DJ. Ed era un’idea sottintesa in molte di quelle mostre, anche se forse non veniva mai fuori nella mostra vera e propria. Era nei cataloghi come una presa di posizione generale, un’intenzione.

 

DJ: Sostanzialmente tutta la collezione riguarda la cultura contemporanea nell’insieme. Non è una collezione accademica di storia dell’arte. Per cui, forse indirettamente, tutto l’insieme più di recente ha trovato espressione attraverso la collezione di moda. Ora si aggiungono anche le altre collezioni, e questa caratteristica viene in evidenza.

The System of Objects
"The System of Objects" vista della mostra alla Deste Foundation di Atene

YTZ: In termini di trasformazione dell’edificio e rispetto a Collecting Architectures, la mostra dell’anno scorso in collaborazione con la Columbia University Graduate School of Architecture, pensate che abbiamo raggiunto una miglior conoscenza del tipo di edificio che occorre per far crescere una collezione?

 

DJ: In Collecting Architectures c’erano due componenti: lo studio dove gli studenti si presentavano con i progetti per la città di Atene e il seminario dove i dottorandi facevano ricerche su un imponente numero di edifici dedicati a collezioni private. Ovviamente questo tipo di edificio non ha una tipologia perfettamente definita, ma forse con il progetto System of Objects abbiamo l’occasione di approfondire la ricerca sul rapporto tra spazio espositivo e racconto espositivo, e su quello di entrambi con la sede della fondazione. Tanto lo spazio quanto il racconto sono stati elaborati da Andreas come un singolo ‘oggetto’, nel che forse sta il vantaggio di un curatore che sia contemporaneamente un architetto…

The System of Objects
"The System of Objects" vista della mostra alla Deste Foundation di Atene

AA: Cerco sempre di convincere gli altri che non sono un architetto nel vero senso della parola, perché gli architetti tendono ad avere in mente un oggetto preciso e usano tutte le soluzioni possibili per arrivare alla precisa realizzazione di quell’oggetto. Sotto questo aspetto io cerco di pensare più come un giardiniere, piantando semplicemente dei semi e creando le condizioni per la crescita di un bel giardino. Oppure di un edificio.

 

DJ: Non so se i giardini mi interessano più di tanto, ma l’analogia funziona. Certamente una collezione è un oggetto di questo genere, non si parte con un’immagine precisa di ciò che si vuole che sia la propria collezione, o per lo meno io non ho fatto così. Naturalmente ci sono delle opere chiave e degli artisti chiave, ma intorno a loro si accumulano altre opere, la collezione cresce.

 

AA: Forse cresce anche lo spazio? Ricordo che una volta dicemmo scherzando che “per questa mostra non abbiamo dovuto cambiare troppo lo spazio, solo aggiungere qualche edificio adiacente”.

 

DJ: Allora ci sarebbe voluta qualche ora per visitare tutta la mostra, avremmo dovuto praticamente aggiungere un albergo all’uscita. Ma credo che stiamo parlando di due tipi differenti di spazio, lo spazio espositivo e lo spazio della collezione. Dobbiamo fare una differenza?

The System of Objects
"The System of Objects" vista della mostra alla Deste Foundation di Atene

YTZ: Deve proprio esistere la sede di una collezione? Dakis, se dici che la collezione cresce come un giardino, come lo costruisci?

 

DJ: Si comincia con un pezzo di terra o con un posto che piace, e magari ci si costruisce intorno uno steccato. E poi si sviluppa insieme con la collezione. In certi momenti si cambiano anche le costruzioni, non è tutto scolpito nella pietra. E a ogni mostra si cambia anche lo spazio; insomma: è un processo continuo.

 

AA: Parlavo di questo progetto con il mio analista e improvvisamente ho esclamato: “È come se mi avessero regalato una fantastica scatola di giocattoli, le opere e i muri e le luci e le installazioni d’arte, e continuo a giocarci”. Mi ha chiesto se avevo messo queste parole nel testo che stavo scrivendo, perché era un modo molto spontaneo di descrivere ciò che faccio. Ovviamente non l’avevo fatto.

 

DJ: Insomma vuoi dire che per te è un gioco? Che ti paghiamo per giocare? [risate]. Anche per me è un gioco, collezionare. Un gioco da adulti, naturalmente. Ma, seriamente, per dare una sede a una collezione bisogna considerarla così, perché ogni mostra diventa un modo di guardare la collezione. Non ci deve essere un modo specifico di guardare alle cose, anzi, ogni volta dev’essere differente.

The System of Objects
"The System of Objects" vista della mostra alla Deste Foundation di Atene

AA: In questo senso stai anche facendo collezione di mostre, diventano parte della tua scatola di giocattoli.

 

DJ: Le mostre sono un po’ diverse: non sono giocattoli ma il risultato di un gioco, un momento della storia di una collezione. Sono un’istantanea, un ritratto in posa, un filmino casalingo che fai girare a qualcuno.

 

YTZ: Per cui si possono nettamente distinguere gli edifici destinati alle collezioni dagli edifici destinati alle mostre…

 

DJ: Per una collezione servono certe condizioni, certi strumenti. Serve del personale che si occupi della collezione, degli archivi, dei conservatori e così via. E serve uno spazio dove allestire le mostre, anche se, come si vede in questo progetto, non c’è bisogno che sia definito con precisione.

The System of Objects
"The System of Objects" vista della mostra alla Deste Foundation di Atene

AA: Questa mostra guarda anche più o meno alla storia delle mostre, che è una caratteristica ben radicata nel presente. A parte i vari tipi di oggetto ci sono vari tipi di mostra, vari modi di esporre un oggetto. Collocare un’opera di John Armleder in una casetta con il pavimento a piastrelle è diverso che mettere un Peter Halley nel modello di un piccolo cubo bianco. È una prospettiva diversa. Questa mostra implica certamente una rivisitazione, una ricognizione delle tipologie espositive, un po’ come la rivisitazione di una Wunderkammer, che è un genere espositivo specifico.

 

YTZ: Una specie di collezione enciclopedica della metà del Cinquecento, epoca in cui i vari settori non erano ancora ben distinti. E perciò una curiosità geologica oppure naturalistica può stare accanto a un’opera d’arte di grande valore.

 

DJ: C’è un rapporto con il Palazzo Enciclopedico della Biennale di Venezia di quest’anno?

The System of Objects
"The System of Objects" vista della mostra alla Deste Foundation di Atene

YTZ: Sono entrambe modalità di conoscenza. Ciò di cui abbiamo parlato finora sono i modi di conoscere le cose. Un’enciclopedia rappresenta una conoscenza sistematica, il desiderio di classificarla. Invece questa mostra esplora strade differenti per avvicinarsi alla conoscenza, sistemi di oggetti differenti, rivendicando che la conoscenza deve restare fluida, mutevole. È una mostra che continua a cambiare, come Argo[DM1] , lungo il periodo d’apertura.

 

AA: Quindi la si potrebbe intitolare Il Palazzo delle Domande

 

YTZ: Un’enciclopedia è una forma di conoscenza universale, mentre la prassi della rivisitazione è una conoscenza frammentaria: crea letture ed esperienze parziali.

 

AA: La tradizione enciclopedica prevede un libro in quanto oggetto ben definito, mentre questa mostra cerca di assumere una struttura da Internet. Il modo in cui oggi si arriva alla conoscenza sono le domande. Poni una domanda a Google e otterrai risposte molteplici.

 

DJ: Tutto qui.

 

Questa conversazione è tratta dal catalogo della mostra "The System of Objects"


until 30.11.2013
The Systems of Objects
Deste Foundation
Filellinon 11 & Em. Pappa street
N.Ionia 142 34, Athens

 

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