Materializing Six Years

Six Years, il libro seminale che Lucy Lippard ha scritto 1973, offre un ancoraggio storico a un particolare gruppo di opere, spesso "effimere", riunite oggi in mostra al Brooklyn Museum: una rimpatriata di compagni di classe concettuali, un po' pasticciata ma ancora interessante.

"Materializing Six Years", la mostra attualmente aperta al Brooklyn Museum, ruota, con forza centripeta, intorno a Six Years: The Dematerialization of the Art Object from 1966 to 1972, ampio e fluido volume in forma di bibliografia. Pubblicato nel 1973, a cura della critica d'arte Lucy Lippard, il libro è formato da commenti che si alternano a riproduzioni in bianco e nero che documentano l'avanguardia dell'epoca. Il titolo completo in realtà prosegue per altre cinquecento battute, delineando i confini di ciò che in copertina viene citato come "la cosiddetta arte concettuale". Il che dovrebbe avvertire il lettore che il tema non sarà un territorio incontestato. (E dove sarebbe il bello se così non fosse? Ma la lucidità di Lippard, nel saggio introduttivo, viene provvisoriamente in aiuto: "cosiddetta" perché si tratta di opere "in cui l'idea è la cosa più importante e la forma in cui essa si materializza è secondaria, leggera, effimera, poco preziosa, umile e/o 'dematerializzata'").

L'edizione originale di Six Years, documentazione cronologica di libri, mostre e opere individuali, aveva un carattere metodologico dal punto di vista formale – con le citazioni di mostre, pubblicazioni e manifestazioni in grassetto, gli estratti in tondo e i commenti d'autore in corsivo – e personalissimo nei modi, con una selezione coscientemente arbitraria di opere e di manifestazioni, cui sono aggiunte note a commento. L'impostazione delle note di Lippard è inusitatamente abbondante e ironicamente discorsiva, e quindi – a dispetto dell' apparentemente rigoroso aspetto strutturale di bibliografia in ordine cronologico – il libro ha una portata molto più generale. Delle esoteriche pubblicazioni teoriche del gruppo concettuale Art-Language la critica scrive: "Non capisco granché di quel che dicono… Ma ammiro la loro energia indagatrice. Nel Paese di Quine e di Rrose dove vive AOL l'esperienza diretta' non esiste finché non viene resa indiretta" (p. 151).

La mostra del Brooklyn Museum segue strettamente la cronologia del libro. Accanto all'ingresso ci si imbatte nel manifesto e nel testo originale della mostra "Air Conditioning" di Art-Language del 1966 (oltre alla loro elaborata dichiarazione artistica la mostra consisteva solo in un condizionatore d'aria regolato in modo da adeguare la temperatura della sala a quella delle condizioni ambientali all'esterno della galleria). Le note originali di Lippard per il libro sono conservate dagli Archives of American Art presso la Smithsonian Institution e i curatori si sono ampiamente avvalsi di prestiti sistemando con attenzione i vari materiali di documentazione accanto alle opere. Diciamola tutta: da archivista quale sono, forse le intestazioni elaborate mi interessano più del normale.
In apertura: <i>Aspen</i>, no. 5–6 (Fall–Winter, 1967). Rivista in scatola, compilata e curata da Brian O'Doherty, con contributi di Robert Morris, Roland Barthes, Dan Graham, e altri. New York: Roaring Fork Press, 1967 © Brian O'Doherty. Photo Michael Tropea. Qui sopra: "Materializing <i>Six Years</i>", vista della mostra al Brooklyn Museum of Art, New York
In apertura: Aspen, no. 5–6 (Fall–Winter, 1967). Rivista in scatola, compilata e curata da Brian O'Doherty, con contributi di Robert Morris, Roland Barthes, Dan Graham, e altri. New York: Roaring Fork Press, 1967 © Brian O'Doherty. Photo Michael Tropea. Qui sopra: "Materializing Six Years", vista della mostra al Brooklyn Museum of Art, New York
Reinstallare oggi certe opere ha un'intensa forza d'attrazione, spesso forse più che all'epoca della loro prima apparizione. In Information: No Theory di Christine Kozlov (1971) un microfono registra il rumore d'ambiente su un nastro da un quarto di pollice unito in un breve anello, che sovrappone continuamente la nuova registrazione a quel che è stato appena registrato. Ma il nastro non distrugge completamente l'informazione: è un audio-palinsesto, una situazione che trova un'eco particolarmente significativa in un mondo in cui l'immediato passato viene continuamente registrato, ricoperto e dimenticato nel ciclo continuo della tecnologia di raccolta delle informazioni. Ma uno dei lati belli del libro di Lippard sta nel fatto che le opere compaiono inframmezzate dalle annotazione dell'autrice, e che l'abile collocazione nella cronologia dà ai testi, componente principale, una netta preminenza sulla riproduzione dell'arte. In Sentences on Conceptual Art, manifesto in forma di elenco di affermazioni numerato, Sol LeWitt distingue tra la sua opera concettuale ("con la 'c' minuscola") e quella dematerializzata in modo più militante. Ma anche qui il linguaggio è alquanto ponderoso: "Ogni idea è arte se riguarda l'arte e fallisce se osserva le convenzioni dell'arte". Quando, lo scorso ottobre, l'artista Vladimir Umanets scarabocchiò il suo nome seguito dalle parole "potenziale opera giallista", su un Rothko della Tate, il suo collega "giallista" Marcin Lodyga spernacchiò le istituzioni in un linguaggio che parodiava il tono alto dell'arte concettuale: "Nel contesto del Giallismo tutte le emozioni e i sentimenti catturati dalle immagini e le emozioni e i sentimenti che tali immagini suscitano nei potenziali osservatori esprimono il colore giallo e null'altro".
John Latham, <i>Art and Culture</i>, 1966–69. Valigia in pelle contenente libri, lettere, foto e fialette etichettate riempite di polveri e liquidi. The Museum of Modern Art, New York; Blanchette Hooker Rockefeller Fund. © 2011 John Latham. Immagine digitale © The Museum of Modern Art/Licensed by SCALA/Art Resource, NY
John Latham, Art and Culture, 1966–69. Valigia in pelle contenente libri, lettere, foto e fialette etichettate riempite di polveri e liquidi. The Museum of Modern Art, New York; Blanchette Hooker Rockefeller Fund. © 2011 John Latham. Immagine digitale © The Museum of Modern Art/Licensed by SCALA/Art Resource, NY
Forse non è una sorpresa, data la fama delle rispettive città, che a un orecchio di oggi le parole di molti degli artisti concettuali di New York e di Londra (Joseph Kosuth, Art–Language) suonino irritanti nel loro autocompiacimento, ma in questo caso si viene anche deliziati dai roboanti contributi di Amsterdam e di Los Angeles (Jan Dibbets, Ed Ruscha), cui meno si addiceva il ritrovarsi insieme e ancor meno il prendere le armi in materia di teoria estetica. La loro "dematerializzazione" spesso appariva un gesto politico solo in quanto ribollimento privo di regole. La premessa alla base di "Materializing Six Years" (riunire le opere passate in rassegna dal libro di Lippard) può apparire bizzarra. Dopo tutto, dato che al centro di quest'opera di documentazione c'era il fatto che i suoi vari temi erano unificati dalla loro condizione di "dematerializzazione", non è un po' perverso, a quarant'anni di distanza, far sì che le opere (e la relativa documentazione illustrativa) si materializzino in modo netto (e magari prezioso)?
Lucy Lippard, <i>Six Years: The Dematerialization of the Art Object from 1966 to 1972</i>. Photo Zachary Sachs
Lucy Lippard, Six Years: The Dematerialization of the Art Object from 1966 to 1972. Photo Zachary Sachs
E tuttavia la natura dell'accesso oggi consueto a queste opere – nuovamente dematerializzate nella rappresentazione digitale di oggetti che sono in sé secondari rispetto ai concetti – è abbastanza strana da conferire al loro assemblaggio in questa sede un certo peso materiale, oltre che concettuale. Lippard, nella prefazione a una ristampa di Six Years, osserva che gran parte della documentazione originale non ha trovato spazio nell'edizione a stampa, e qui si possono vedere alcuni degli sviluppi più interessanti.

Nonostante il testo sulla parete affermi che parte del fascino del libro dipende dal fatto che contiene "pochissimi commenti", permettendo alle opere di "parlare da sé", il visitatore vorrebbe almeno poter percorrere la mostra in compagnia di qualcuno in più di quei commenti, magari estratto dagli archivi e aggiunto alle etichette sulle pareti. Secondo me è soprattutto questa personalità (nei commenti, nell'ordinamento e nella struttura) che conferisce al libro il suo duraturo interesse.
N. E. Thing Co. Ltd. (Iain Baxter and Ingrid Baxter), <i>1. Time.</i>, dettaglio da <i>North American Time Zone. Photo–V.S.I. Simultaneity, October 18, 1970</i>, 1970
N. E. Thing Co. Ltd. (Iain Baxter and Ingrid Baxter), 1. Time., dettaglio da North American Time Zone. Photo–V.S.I. Simultaneity, October 18, 1970, 1970
È curioso, mi pare, che Six Years finisca con l'offrire un ancoraggio storico a questo particolare gruppo di opere, spesso "effimere", ma quanto meno vederle assieme oggi fa piacere: una rimpatriata di compagni di classe concettuali un po' pasticciata ma ancora interessante. Soli come si viene lasciati con le opere e con alcuni indizi di documentazione dell'autore, si può sospettare che la storia sia meno divertente della prima volta. Eppure "Materializing Six Years" serve a ricordarci, come afferma Lippard nel suo acuto saggio Escape Attempts ("Tentativi di fuga"), che "il processo di ampliamento dei confini non si ferma all'arte concettuale: queste energie sono ancora presenti, in attesa di artisti che le sfruttino, potenziale carburante per l'espansione di ciò che 'arte' può significare. La fuga è stata temporanea. L'arte è stata di nuovo catturata e rimandata nella sua cella bianca, ma la libertà sulla parola è sempre una possibilità" (p. XXII).
"Materializing <i>Six Years</i>", vista della mostra al Brooklyn Museum of Art, New York
"Materializing Six Years", vista della mostra al Brooklyn Museum of Art, New York
Fino al 17 febbraio 2013
Materializing Six Years: Lucy R. Lippard and the Emergence of Conceptual Art
Brooklyn Museum
200 Eastern Parkway
Brooklyn, New York
Lucy Lippard, <i>Six Years: The Dematerialization of the Art Object from 1966 to 1972</i>. Photo Zachary Sachs
Lucy Lippard, Six Years: The Dematerialization of the Art Object from 1966 to 1972. Photo Zachary Sachs
"Materializing <i>Six Years</i>", vista della mostra al Brooklyn Museum of Art, New York
"Materializing Six Years", vista della mostra al Brooklyn Museum of Art, New York

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