Il lavoro di Cuoghi, dal suo palesarsi fino agli ultimi esiti, ha sempre avuto a che fare con l'identità. Con la metamorfosi certo, le trasformazioni, i passaggi, il tempo. Ma l'identità resta una chiave che potrebbe essere quella più utile a penetrare e spiritualizzare la complessità dei suoi processi. La mostra Zoloto in corso alla galleria Massimo De Carlo, è indubbiamente bella, piena, doviziosa. Ci si immerge come in un lago, toccando un fondale a tratti esotico o paludoso, a tratti trasparente e cristallino.
L'identità resta in agguato. La si sente traspirare dalla collezione di ritratti nella prima stanza che apre la sua mostra.
Lo sguardo dell'osservatore compie un giro completo attorno a un artista che, nonostante esprima la propria fisicità in manifestazioni mai del tutto uguali fra loro, in realtà ci sta portando dentro a un'analisi che prescinde da lui stesso, per contemplare il resto. Cuoghi che non taglia le sue unghie per mesi, fino a farle curvare sulle dita; Cuoghi che a 24 anni decide di cambiare il proprio aspetto per assumere le sembianze di un uomo di mezza età. Parodiare, effettivamente, ha valenze ben più antiche di quel che immaginiamo, e desta impressione constatare che un artista come Cuoghi fin da "giovane" abbia appreso e interiorizzato così bene questi strumenti, tanto da non renderli mai del tutto trasparenti, per conservarne l'integrità.
L'autoritratto è un linguaggio pittorico che si porta dietro secoli di tradizione; qui si manifesta come un principio che supera la tradizione per imporsi come primo sostituto d'identità: un pretesto
galleria Massimo De Carlo
via privata Ventura, 5
Milano
