La stessa impossibilità si prova visitando la mostra di artisti italiani che ogni anno la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo fa organizzare ai tre curatori stranieri che invita in residenza. Nonostante ricalchi uno dei sintomi del colonialismo (mutuare dallo sguardo dell'altro la propria rappresentazione di sé), la visita è sempre interessantissima e problematica, metà schedina di totocalcio, metà seduta preliminare con un analista che non è il tuo.
La mostra di quest'anno, intitolata Sotto la strada, la spiaggia e curata da Benoit Antille, Michele Fiedler e Andrey Parshikov, ha inaugurato il 29 maggio nella sede torinese della Fondazione. Al di là dell'allusione politica del titolo al maggio francese, era difficile trovare un vero e proprio filo conduttore; essendo però a tema forzatamente generale (giovani artisti italiani) e a curatela multipla e non necessariamente concorde, questa mancanza era probabilmente inevitabile. Questi due fattori – la "estraneità" dei curatori e l'ambizione di esaustività della mostra – hanno contribuito a determinare tanto i punti più riusciti di Sotto la strada, la spiaggia, quanto le sue debolezze.


L'estraneità dei curatori e l'ambizione di esaustività hanno contribuito a determinare tanto i punti più riusciti della mostra, quanto le sue debolezze.

La mostra si chiudeva con un video poetico e malinconico, probabilmente la singola opera più riuscita dell'esposizione: mostra Ludovica Carbotta che per due ore è rimasta appoggiata con tutta la lunghezza del corpo a un lampione, a margine di una via, forse per estrema stanchezza, forse per il cupio dissolvi di entrare in permanenza nel paesaggio urbano, tutt'uno con una muta fonte di luce.

Sotto la strada, la spiaggia
A cura di Benoit Antille, Michele Fiedler, Andrey Parshikov
Fondazione Sandretto Re Rebaudengo
via Modane, Torino


