È proprio l'umanità presente nelle opere in mostra (che dal punto di vista delle tecniche va dal disegno alla pittura e alla fotografia, alla scultura, al video e all'ambiente tridimensionale) che le intride di un sottile magnetismo. Aspetto ancor meglio illuminato dalla magistrale curatela di Siri Engberg, che ha inserito 90 opere di 50 artisti in spazi ben ideati che concretamente inquadrano concettualmente le opere in cinque sezioni: "Oggetti comuni", "Il mistero", "Dal realismo all'astrazione", "Destrezze di mano" ed "Effetti speciali: la realtà come spettacolo". Partendo da "Oggetti comuni", il fondamento storico degli anni Sessanta e Settanta si delinea negli emuli di Vija Celmins, Robert Bechtle, Duane Hanson e Chuck Close. Ma questi artisti, benché interessati al processo produttivo e alle qualità planari del mondo che li circonda, si distinguono per la celebrazione di qualità più semplici: i momenti di transizione, indegni di nota, l'oggetto quotidiano che, grazie all'attenzione, viene reso improvvisamente affascinante e bello.


Queste opere, a prima vista tanto familiari, ci chiedono di guardare le cose con occhi nuovi: di esaminare la vita dentro e fuori, e di considerare l'ordinario e lo straordinario come intercambiabili

