In cerca di un mondo senza confini

Breve viaggio nell'arte tailandese contemporanea con Steve Pettifor, curatore del padiglione nazionale alla Biennale di Venezia.

L'incontro con il co-curatore del Padiglione tailandese alla Biennale di Venezia Steve Pettifor, ci offre in un'interessante occasione per parlare di arte contemporanea tailandese: a cominciare dalla presenza di Navin Rawanchiakul, rappresentante della Tailandia a Venezia che ha trasformato lo spazio del ristorante Paradiso, ideale vetrina per gli habitué della rassegna lagunare grazie alla sua posizione strategica, proprio a fianco dell'ingresso principale dei Giardini. La vocazione di questo piccolo e storico ristorante ha attirato immediatamente l'attenzione di Rawanchaikul, autore che da sempre guarda con predilezione allo spazio pubblico per proporre le sue opere. Così, i locali adiacenti a quelli commerciali sono diventati, in occasione della quinta partecipazione nazionale della Tailandia alla Biennale, il Paradiso di Navin e, al tempo stesso, un'altra tappa di Navinland, un progetto in progress attraverso il quale l'artista ha gettato le fondamenta di un modello di mondo senza confini, originato da una riflessione lucida e disincantata sull'idea di appartenenza e di identità.

Navin Rawanchikul iniziò ad esporre nel 1992 a Chiang Mai, la sua città d'origine, con una mostra diventata emblematica Chiang Mai Social Installation, una collettiva che aveva organizzato insieme con gli studenti della scuola d'arte di Chang Mai. Le opere erano dislocate in luoghi pubblici disomogenei che comprendevano anche templi e cimiteri cittadini. E, come scrive Pettifor sul catalogo, "Rawainchaikul realizzò quello che allora venne considerato un intervento radicale nell'ambito dell'arte contemporanea. Una convergenza di artisti, che comprendeca Moontien Boonma e Araya Rasdjiarmreansook, di ritorno dopo un'esperienza all'estero per trasmettere le sue conoscenze a un gruppo di artisti locali". La scelta dello spazio pubblico si è infine radicalizzata fino a diventare un elemento essenziale del lavoro dell'artista ed esprime la precisa volontà di dialogare in modo diretto con la gente.
Qui sopra: Navin Rawanchikul, <i>Fly with Me to Another World</i>. Foto di apertura: Araya Rasdjarmrearnsook, <i>Millet's The Gleaners and the Thai Farmers</i>, fotografia, 2008.
Qui sopra: Navin Rawanchikul, Fly with Me to Another World. Foto di apertura: Araya Rasdjarmrearnsook, Millet's The Gleaners and the Thai Farmers, fotografia, 2008.
Navin guarda il mondo con sguardo disincantato, ne ha fatto un grande affresco brulicante di storie di vita ordinarie e straordinarie che si mescolano in una narrazione che diventa sempre un po' fiabesca, ma che in fondo risponde alla precisa volontà di portare avanti una indagine sull'identità contemporanea. A partire da se stesso. Come riferisce nel catalogo: "Certo sono tailandese, ma non ho mai capito come l'arte possa essere suddivisa a seconda delle identità nazionali. Questo interrogativo mi ha spinto a proporre per il Padiglione Tailandese Navinland e far crescere gli interrogativi riguardo l'idea di cittadinanza e di nazionalità nel frammentato mondo di oggi". Autore di fama internazionale, Navin è nato a Chiang Mai da genitori indiani e, come egli stesso non si stanca di fare notare, veniva considerato dai tailandesi un Khaek, un forestiero. Gli interpreti dei suoi lavori sono le persone che incontra ogni giorno sulla sua strada o che hanno lavorato con lui. L'uso frequente della pittura è una scelta stilistica, poiché è un mezzo molto semplice e diretto e, come riferiva in una precedente intervista, "la gente capisce subito cosa vuoi raccontare". Navin è un eccezionale narratore, ma come un bravo cronista redige semplicemente le sue storie, sottraendosi così a ogni forma di protagonismo. La più nota è certamente quella dedicata all'artista Inson Wongsamm che nel 1962 decise di partire con la sua lambretta per andare a visitare Firenze, la città d'origine del suo maestro Silpa Bhirasi, un artista e professore d'Accademia, l'italiano Corrado Feroci, considerato l'ispiratore della pittura moderna in Tailandia.
Vasan Sitthiket, <i>Sitting on the Mountain watching dogs Fighting</i>, 2011.
Vasan Sitthiket, Sitting on the Mountain watching dogs Fighting, 2011.
Rawanchaikul nel Paradiso di Venezia ha proposto un'altra storia di identità e lo ha fatto, come spesso gli succede, attraverso un oggetto, il tessuto Pha Khao Mar, antico e caratteristico della Tailandia è indossato anche nei villaggi. Per la Biennale ha attivato una collaborazione con la compagnia fondata da Jim Thompson, famoso imprenditore statunitense che negli anni 60 contribuì a far rinascere su scala industriale l'industria della seta in Tailandia. La storia di Thompson è diventata leggendaria per via della sua misteriosa scomparsa nel '67 durante un viaggio in Malesia.

Steve Pettifor queste storie le conosce a memoria, le ha raccontate in molti modi nei suoi editoriali. Profondo conoscitore dell'arte del Paese asiatico, nel 2004 ha dato alle stampe Flavours, Thai Contemporary Art, uno dei pochi libri sull'argomento pubblicati in inglese; e, dal 2007, è direttore della rivista Bangkok Art Map. Ci spiega che "l'arte contemporanea tailandese sta suscitando un enorme interesse da parte del pubblico e del mercato internazionale". Per quanto riguarda il medium, "la pittura" sottolinea "continua a rivestire un ruolo di grande importanza, anche se numerosi autori si rivolgono sempre più spesso a mezzi quali la fotografia, le performance i video o anche l'interventional art". Tra i temi indagati "quello dominate continua ad essere la progressiva perdita della spiritualità delle persone, intesa non solo in senso religioso, ma intrinseco alla vita in sé. La gente imita modelli occidentali, diventando sempre più consumista e materialista". L'aspetto fortemente kitsch di questi atteggiamenti è diventato uno dei topic del lavoro di Rawanchaikul "L'impoverimento spirituale", soprattutto legato alla corruzione e alla bulimia delle classi politiche e dirigenti viene affrontato in modo deciso da uno tra i più noti artisti tailandesi Vasan Sitthiket. "Il suo lavoro alla fine degli anni '80 ebbe un forte impatto in Tailandia, oggi è diventato più familiare", anche l'artista non ha modificato il suo atteggiamento radicale. Anche Moontien Boonma non usa mezze misure per schierarsi contro la corruzione e i nuovi modelli imposti alla gente, conseguenza di un violento passaggio dalla vita rurale a quella urbana.
Alla domanda se Tailandia è un paese dove all'arte viene riconosciuta una funzione sociale, Pettifor risponde in modo affermativo: poiché essa nasce da uno spirito di opposizione.
Araya Rasdjarmrearnsook, <i>Manet's Luncheon on the Grass and the Thai Villagers</i>, video 16 min., 2008.
Araya Rasdjarmrearnsook, Manet's Luncheon on the Grass and the Thai Villagers, video 16 min., 2008.
Mentre il raffronto con i modelli culturali occidentale e modernità differenti è indagato da Ajarn Araya in una serie di raffinati lavori, dove l'artista mette a confronto i contadini tailandesi con i capolavori degli autori occidentali del XIX secolo come Le Déjeuner sur l'Herbe di Manet o le Spigolatrici di Millet. "In Tailandia si assiste a un recupero o meglio ad un utilizzo di quelli che sono le tecniche tradizionali, come l'uso del tessile o della scultura su legno. Gli artisti reinterpretano così in modo critico la tradizione. La prassi del recupero dell'antico è ampliamente presente anche in alcuni lavori di Navin, ad esempio nei grandi billboard del cinema. In Tailandia c'è una lunga tradizione che riguarda i manifesti dipinti, se ne trovano ancora in piccole città non lontano da Bangkok". Alla domanda se la Tailandia è un Paese dove all'arte viene riconosciuta una funzione sociale, Pettifor risponde in modo affermativo: poiché essa nasce da uno spirito di opposizione. Ad Art Basel, il tempio del mercato occidentale dell'arte contemporanea, lo scorso giugno Rirkrit Tiravanija ha chiesto ad alcuni giovani artisti tailandesi di disegnare sui muri bianchi dello stand della 100 Tonson Gallery di Bangkok i fatti di cronaca che avevano riempito le pagine dei giornali di varie nazioni. Rawanchaikul all'Iniva di Londra presenterà Hong Rub Khaek (Khaek Welcome) in cui ha chiesto agli indiani emigrati a Chang Mai di spiegare cosa significa costruire una casa in un posto diverso da quello dove si è nati. Riccarda Mandrini
<i>Pink Man Opera 03 [Do not export family secrets]</i>
Pink Man Opera 03 [Do not export family secrets]
Il progetto di Rirkrit Tiravanija per la 100 Tons Gallery, ad Art Basel 2011. Foto Edoardo Duron.
Il progetto di Rirkrit Tiravanija per la 100 Tons Gallery, ad Art Basel 2011. Foto Edoardo Duron.

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