Aware: arte, moda e identità, alla Royal Academy

Attraverso il lavoro di 30 artisti e designer, la terza mostra della serie GSK Contemporary esplora il mondo della moda.

Le gallerie dietro la Royal Academy, che danno su Burlington Gardens e un tempo ospitavano il Museum of Mankind, hanno in anni recenti offerto i loro spazi a due sfortunate "stagioni" d'arte contemporanea, con la vistosa sponsorizzazione della società farmaceutica Glaxo-Smith Kline (GSK Contemporary). La produzione 2008 di David Thorp è stata commentata con sfavore per non aver badato a spese al culmine della crisi finanziaria, mentre l'inverno scorso Earth: Art of a Changing World è stata bollata come decisamente ingenua.

In questa terza e conclusiva edizione l'artista Lucy Orta e la curatrice Gabi Scardi hanno messo insieme un "non esaustivo" gruppo di artisti che analizzano lo statuto visivo dell'abbigliamento e di altre forme esteriori del sé con l'obiettivo di presentare un panorama concettuale della geopolitica letta attraverso le variazioni del modo di vestire. Le loro argomentazioni collegano la rappresentazione culturale alla persona, seguendo più o meno il filo conduttore della dicotomia soggetto/oggetto implicita in ogni lettura delle superfici esterne. Per dirla in parole più chiare Aware mostra al visitatore che in realtà indossiamo ciò che siamo. Nel suo saggio in catalogo Scardi cita, sulle scelte individuali di stile, Virginia Woolf: "[...] sono gli abiti che portano noi, e non noi che portiamo gli abiti; noi possiamo far sì che essi modellino per bene un braccio, o il petto, ma essi modellano il nostro cuore, i nostri cervelli, le nostre lingue a piacer loro" (Orlando, 1928; trad. it. di Alessandra Scalero, Milano, Mondadori, 1978, p. 597). La prospettiva dell'arte contemporanea vista da Scardi e Orta sulla base di questa premessa pare essere che, nell'epoca del nomadismo, della mobilità globale e della rapida diffusione dell'immagine, il senso d'appartenenza un tempo intrinseco al luogo geografico sia oggi più facilmente espresso (o sovvertito) dall'abito. L'abbigliamento quindi è un genere d'architettura a livello individuale.
Meschac Gaba, Perruques-Architecture, 2006. Vista dell'installazione alla mostra GSK Contemporary Aware
Meschac Gaba, Perruques-Architecture, 2006. Vista dell'installazione alla mostra GSK Contemporary Aware
La mostra è convincente soprattutto là dove i pezzi collocano il corpo di chi li indossa in una posizione di sfida alle strutture del potere dominante. Le venti parrucche di Perruques Architecture di Meschac Gaba (2006) sono modelli architettonici in senso letterale, costruiti con filati sintetici intrecciati a formare grottesche cotonature con la forma dei Coeurs Défense o della Tour Montparnasse di Parigi, che gravano pesantemente su spalle postcoloniali. In Chic Point di Sharif Waked (2003) una sfilata d'abbigliamento maschile casualmente rivelatore – con chiusure lampo accuratamente aperte sullo stomaco o sul coccige a esporre le carni nude, in un'ironica allusione alla figura sessualizzata del modello maschile – viene accostata a un filmato sui posti di blocco israeliani e sui palestinesi costretti, sotto la minaccia delle armi, a scoprire lo stomaco, i fianchi e il fondoschiena per provare di non essere armati. La serie di fotografie di Marcello Maloberti Marcello che arriva in treno ritrae degli immigrati algerini con addosso il telo rosso sangue di un barbiere locale, fornendo uno scorcio su una comunità che vive isolata a Milano ma che potrebbe essere in un altro luogo. Femme Collection, uno straordinario capo strutturato della collezione autunno-inverno 1991-1992 di Yohji Yamamoto, presenta un abito di squisita bellezza come una casa di legno indossabile e perfino accettabile.
Susie MacMurray, Widow, 2009. Vista dell'installazione alla mostra GSK Contemporary Aware
Susie MacMurray, Widow, 2009. Vista dell'installazione alla mostra GSK Contemporary Aware
E tuttavia l'approssimazione dell'allestimento e la mancanza del sostegno di un inquadramento critico (al di là della mera categorizzazione, che ben presto collassa nella più ampia questione dell'identità) non riescono a produrre tensione nel grandioso interno palladiano della GSK Contemporary; le opere se ne stanno appese l'una accanto all'altra, senza necessariamente ritrovarsi insieme. La piattezza dell'esposizione riduce dei progetti artistici complessi a "moda" – termine che Scardi tardivamente rimpiange sia stato inserito nel titolo della mostra. Per esempio l'intervento a lungo termine di Katharina Šedá sulla freddezza dei rapporti tra gli inquilini del suo palazzo di Brno, nella Repubblica Ceca, condotto in varie fasi di pianificazione e di attività, qui è rappresentato da un'unica fotografia di camicie piegate che recano una colorata decorazione ispirata all'architettura socialista, mentre alcune di queste camicie pieghettate fornite di colletto se ne stanno appese una accanto all'altra sulla parete. Little Rich Girls di Yinka Shonibare, opera appositamente commissionata e composta da file di vestitini da bambola ottocenteschi realizzati in tessuto batik, dà la stessa sensazione di essere stata inserita a forza in un quadro dal fondo azzurro brillante. Lo Schizopullover di Rosemarie Trockel è surrealisticamente celato in un mobiletto di vetro e legno, come un disturbato mentale da tener separato dal pubblico (anche [9/4/1615] della Maison Martin Margiela sta dietro un vetro, ma in questo caso è inevitabile, dato che è stato parzialmente deteriorato tramite decomposizione batterica).
Vito Acconci, Umbruffla, 2005–10. Seta, chiffon, radiant film, filo di cotone, boning, 114,3 x 152,4 x 114,3 cm. Courtesy Acconci Studio (Vito Acconci, Francis Bitonti, Loke Chan, Pablo Kohan, Eduardo Marquez, Dario Nunez, Garrett Ricciardi). Consulenti: Billings Jackson Design; Katie Gallagher
Vito Acconci, Umbruffla, 2005–10. Seta, chiffon, radiant film, filo di cotone, boning, 114,3 x 152,4 x 114,3 cm. Courtesy Acconci Studio (Vito Acconci, Francis Bitonti, Loke Chan, Pablo Kohan, Eduardo Marquez, Dario Nunez, Garrett Ricciardi). Consulenti: Billings Jackson Design; Katie Gallagher
Ma se l'arte contemporanea esposta ad Aware dibatte temi di vasto respiro come la politica del corpo e dell'identità, lo fa con troppa imprecisione e, cosa forse più discutibile, senza mettere in rapporto questi sviluppi con la storia della moda. Arte e abbigliamento sono legati almeno dall'alba della modernità, dai progetti dei costumi costruttivisti russi alle uniformi del Bauhaus, mentre vaste ricerche sono state intraprese sugli scarti tra l'una e l'altro. L'esaustiva prima edizione della Biennale di Firenze (1996) è uno di questi progetti, che si occupavano anche della pratica contemporanea dell'arte. La politica femminista, che costituisce il cuore della storia del costume, qui è citata inadeguatamente; e succintamente rappresentata da Widow, scultura di Susie MacMurray (consistente in acuminate file di spilli da sarto), mentre poi filmati di repertorio in bianco e nero di Marina Abramovic e Yoko Ono sostituiscono performance dal vivo che sarebbero state molto più pertinenti al recupero tattile della soggettività individuale (della donna) che non lo shock del nudo senza vestiti. Non lontano l'immagine, manipolata con strumenti digitali da Andreas Gurky, dei mercanti tutti vestiti di identici thobe e guthra bianchi (Kuwait Stock Exchange) sembra un antidoto quasi immediato al radicalismo storico di Abramovic e Ono.

Ci sono comunque molte opere importanti da vedere, create sia da stilisti (Chalayan, McQueen) che da artisti, che mettono in discussione i confini di entrambi i generi. Nonostante il suo ciclo effimero la moda continua a essere una fonte di innovazione, forse perché adotta la spettacolarità per spargere il suo seme su un area più vasta di quanto non faccia l'arte visiva. Anche se non sempre argomenta in profondità le sue affermazioni, Aware per lo meno sprona lo spettatore a prendere maggiore coscienza delle complessità del vestire, e soprattutto di come scelte apparentemente banali siano invece in sostanza manifestazioni di visibilità e invisibilità sociale.
Maria Papadimitriou, Sewing Together, 2010 Acrylic blanket, variable dimensions © Maria Papadimitriou/ T.A.M.A., Athens
Maria Papadimitriou, Sewing Together, 2010 Acrylic blanket, variable dimensions © Maria Papadimitriou/ T.A.M.A., Athens
Sharif Waked, Chic Point, (DVD Still) 2003
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Yohji Yamamoto, Autunno-Inverno 1991-92 Yohji Yamamoto Collezione Donna, 1991-2
Yohji Yamamoto, Autunno-Inverno 1991-92 Yohji Yamamoto Collezione Donna, 1991-2

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