Francis Alÿs. A story of deception

Si chiuderà il 5 settembre la grande retrospettiva dedicata dalla Tate Modern di Londra all'artista.

Sono parabole sintetiche, essenziali, poetiche. Prendono avvio dall'osservazione di cose da nulla: eventi quotidiani, piccoli incidenti, episodi osservati per la strada, giochi infantili; consistono per lo più in derive urbane, oppure in azioni reiterate in loop o messe in scena ripetutamente, sempre identiche ma in situazioni diverse; possono essere imprese solitarie o coinvolgere centinaia di persone. Quasi sempre nella loro attuazione richiedono sforzi titanici, talvolta si trasformano in eventi epici; ma le tracce fisiche che lasciano, quand'anche ve ne siano, sono minime ed effimere.
Nascono fortemente ancorati a specifici contesti, per lo più il loro teatro è la città; talvolta si svolgono sullo sfondo di paesaggi drammatici.

I progetti di Francis Alÿs, belga di nascita, una formazione da architetto, trasferitosi quindi a Città del Messico dove ha intrapreso con successo il percorso di artista, prendono forma espositiva di video, fotografie, installazioni, dipinti, disegni, animazioni; o si presentano sotto forma di collezioni comprendenti centinaia di quadri ad olio di autori diversi, o come bacheche piene di disegni e di appunti, di penne e matite, di minimi parafrenalia. Capita che una semplice risma di cartoline stia a raccontare il periplo del globo: è il caso di The Loop, un'opera nata dalla decisione di andare da Tijuana a San Diego evitando di attraversare il confine Messico-USA; per farlo Alÿs affronta un détour consistente nell'attraversare l'Australia, il Pacifico, l'Alaska, il Canada e gli Stati Uniti. Il tutto per esprimere la questione dei confini e dell'immigrazione e la situazione drammatica che quotidianamente si verifica nell'area liminare di Tijuana, porta di accesso ed epicentro dell'immigrazione illegale dall'America Latina verso gli USA.

Non si tratta di un caso unico all'interno del percorso di Alys, che nel dare forma a fenomeni in cui un grande dispendio di energie genera ricaduta minima, esprime una sensibilità nei confronti degli effetti fallimentari e perversi dei processi di modernizzazione in corso in Messico e in America Latina. Identica sintesi espressiva, identica surreale grandezza in un altro loop, quello di Patriotic Tales: una fila di pecore gira instancabilmente intorno al palo dell'alzabandiera allo Zocalo, la piazza dei cerimoniali politici di Città del Messico; o in Paradox of Praxis, in cui lo stesso Alÿs spinge un grande blocco di ghiaccio in giro per il centro della città finché questo non si scioglie. La formalizzazione delle opere, con la loro concisione, corrisponde con la giustezza dell'idea che funge da nucleo germinativo dell'opera, ma stride fino al paradosso con la complessità effettiva del suo svolgersi. Il conformismo imperante, l'immobilismo, la tendenza ad adeguarsi, a non guardare, a non scegliere, la difficoltà a raggiungere un risultato o a imprimere una svolta a situazioni deteriori sono tra le questioni sempre presenti nel suo lavoro.

Così al dramma mediorientale che inesorabilmente si rinnova e non lascia adito a speranze di soluzione allude un'altra opera, Green Line (Sometimes doing something poetic can become political and sometimes doing something political can become poetic): invitato nel 2004 a esporre in Israele, Alÿs attraversa Gerusalemme munito di una lattina forata piena di vernice verde. Il suo percorso ricalca -idealmente resuscita- la green line tracciata nel 1948 a mo' di confine tra Israele e la Giordania e rimasta valida fino al 1967. Implicita nell'azione ed esplicita nel titolo dell'opera la domanda riguardante il ruolo dell'atto poetico in relazione a situazioni umanamente drammatiche e politicamente cariche.

Questioni riguardanti dimensione urbana, economia, immigrazione, confini costituiscono dunque la dimensione intrinsecamente politica di opere che si presentano sempre semplici e complesse al contempo, che non rinunciano a evidenziare l'imprevedibile qualità poetica della nostra quotidianità, che sanno ben coniugare ordinarietà e carattere surreale.

È il caso di una delle imprese più straordinarie, When Faith Moves Mountains del 2002: nelle vicinanze di Lima centinaia di giovani uomini e donne sono coinvolti nell'impresa paradossale di spostare di un metro la cima di una grande duna di sabbia; una coreografia rigorosa, una satira della situazione politica peruviana; ma anche un'immagine di grandiosa potenza, fortemente metaforica, una riflessione sull'idea di condivisione e sul concetto di utopia, che contiene in sé il proprio successo e il proprio fallimento. Una meditazione sulla vita che trova qui la forma più iconica.
La mostra in corso alla Tate Modern presenta anche la più recente, più che mai visionaria opera di Alÿs, il video Tornado: vi si vede Alÿs camminare nelle aree desertiche del Messico, dove i tornado sono frequenti, ed entrare nell'occhio mulinante di sabbia dei cicloni. Immagini fantasmagoriche e potenti, realizzate nell'arco del decennio 2000/10.

Per Alÿs il ciclone simboleggia l'imminente collasso di un ordine politico. L'atto di correre nella tempesta di sabbia, ostinatamente ripetuto, può suggerire interpretazioni molteplici: l'atto artistico ha ancora valore come strategia di resistenza nei confronti del caos? O si tratta ormai di un atto vano? O invece è proprio nella situazione di caos che trova senso e giustificazione?
Forse è proprio quando accecato dalla sabbia e senza fiato raggiunge l'epicentro del ciclone -quando più decisamente s'immerge nella conflittuale realtà del mondo- che artista può ancora aspirare a trovare un senso, un momento di possibilità.
<i>Tornado Milpa Alta</i>, 2000-10.
Video documentation of an action and related ephemera
55 minutes.
Courtesy of Francis Alÿs and David Zwirner, New York. Video Still
© Francis Alÿs
Tornado Milpa Alta, 2000-10. Video documentation of an action and related ephemera 55 minutes. Courtesy of Francis Alÿs and David Zwirner, New York. Video Still © Francis Alÿs
<i>Paradox of Praxis 1 
(Sometimes doing something leads to nothing)</i>, Mexico City, 1997.
Video documentation of an action 
5 minutes.
Courtesy of Francis Alÿs and David Zwirner, New York.
Image by Enrique Huerta 
© Francis Alÿs
Paradox of Praxis 1 (Sometimes doing something leads to nothing), Mexico City, 1997. Video documentation of an action 5 minutes. Courtesy of Francis Alÿs and David Zwirner, New York. Image by Enrique Huerta © Francis Alÿs
<i>When Faith Moves Mountains (Cuando la fe mueve montañas)</i>, Lima, 2002. 
In collaboration with Cuauhtémoc Medina and Rafael Ortega. Video and photographic documentation of an action, 'making of' video and related ephemera
Video 36 minutes, 'making of' video 15 minutes.
Courtesy of Francis Alÿs and David Zwirner, New York. Video still 
© Francis Alÿs
When Faith Moves Mountains (Cuando la fe mueve montañas), Lima, 2002. In collaboration with Cuauhtémoc Medina and Rafael Ortega. Video and photographic documentation of an action, 'making of' video and related ephemera Video 36 minutes, 'making of' video 15 minutes. Courtesy of Francis Alÿs and David Zwirner, New York. Video still © Francis Alÿs
<i>The Nightwatch</i>, London 2004.
In collaboration with Artangel and Rafael Ortega.
Twenty-monitor video installation 
16 min. Presented by Tate Patrons 2006
The Nightwatch, London 2004. In collaboration with Artangel and Rafael Ortega. Twenty-monitor video installation 16 min. Presented by Tate Patrons 2006

Ultimi articoli di Arte

Altri articoli di Domus

Leggi tutto
China Germany India Mexico, Central America and Caribbean Sri Lanka Korea icon-camera close icon-comments icon-down-sm icon-download icon-facebook icon-heart icon-heart icon-next-sm icon-next icon-pinterest icon-play icon-plus icon-prev-sm icon-prev Search icon-twitter icon-views icon-instagram