Paul McCarthy a Milano

Visita guidata con Massimiliano Gioni a Palazzo Citterio, dove l'artista californiano sta allestendo la sua personale.

Appena varcata la soglia di Palazzo Citterio, la prima sorpresa è lo spazio – enorme, vuoto, abbandonato. Siamo in centro a Milano, in via Brera 14, nell'inaspettata sede che la Fondazione Trussardi ha scelto per ospitare la mostra dedicata a Paul McCarthy, e in quella che avrebbe dovuto essere l'estensione della Grande Brera, progettata da James Stirling nel 1986. A pochi giorni dalla sua inaugurazione, il 20 maggio, il curatore e direttore artistico della Fondazione Massimiliano Gioni ci offre un assaggio dietro le quinte, approfittando della pausa serale dei lavori che fervono per l'allestimento. "Ad accogliere i visitatori", spiega, "sarà una scultura, un autoritratto di McCarthy, nudo e in scala reale, morbidamente adagiato su un divano". All'ingresso, anche alcuni modelli preparatori della Pig Island, l'opera che McCarthy va costruendo per accumulazione da sette anni e per la quale si è ispirato all'area di Disneyland chiamata i Pirati dei Caraibi. Mentre il percorso terminerà con una bottiglia di ketchup sovradimensionata, che galleggia in cortile.

"Cercavamo qualcuno che fosse in grado di riempire e reggere il dialogo con uno spazio di dimensioni tanto imponenti", continua il curatore. E, addentrandosi nelle viscere del palazzo, si scopre perché. Superate una decina tra installazioni video e sculture di grandi dimensioni, "maschere" iper-realistiche in silicone colorato incuranti delle tubazioni a vista che passano attraverso i muri in cemento, si arriva al cuore del percorso, l'immensa Pig Island annunciata fin dall'ingresso. È la prima volta che la scultura lascia lo studio di Los Angeles. Trasportata a Milano in diversi container, poi calati all'interno del palazzo attraverso un lucernario del cortile scoperchiato, è stata smontata e poi rimontata tale e quale, in modo assolutamente maniacale. "Perfino la polvere", precisa il curatore, "è stata rimessa esattamente dov'era". Su una decina di piedestalli di polistirolo c'è spazio per Bush e Angelina Jolie, un grande maiale (che sembra respirare e si muove) e una batteria, oltre a scatolette, lattine e confezioni vuote disseminate ovunque, in una sorta di disordinato e dissacrante after party del mito americano.

Con questa mostra, la Fondazione prosegue la sua vocazione culturale "nomade": dieci anni alla riscoperta di spazi cittadini tanto eccezionali quanto ignorati (e documentati nella bella pubblicazione "A chi serve la luna?" da poco pubblicata per i tipi di Hatje Cantz). Dopo l'Istituto dei Ciechi (Urs Fischer), i Vecchi Magazzini della Stazione di Porta Genova (Paola Pivi), la Sala Reale della Stazione Centrale (John Bock), Palazzo Litta (Peter Fischli e David Weiss) e Palazzo Dugnani (Tacita Dean), per il pubblico – milanese e non – è l'occasione di scoprire con la lente d'ingrandimento dell'arte contemporanea un altro luogo cittadino dimenticato o poco accessibile. L'universo "carnascialesco" di McCarthy si mescola con il grande incompiuto di James Stirling, incaricato di progettare i nuovi spazi espositivi, un caffè e una biblioteca per quella che avrebbe dovuto essere la "Grande Brera", il progetto avviato negli anni Settanta. Abbandonato e mai concluso, dopo trent'anni, Palazzo Citterio sembra dunque prossimo a fare parlare di nuovo di sé. Elena Sommariva

21.5.2010 – 4.7.2010
Paul McCarthy. Pig Island
Palazzo Citterio, via Brera 14, Milano

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