Lea Vergine. Progetto per una mostra

Il progetto per una mostra dove le opere sono relazioni, le vite dipinti, gli amori arredi, i sogni libri. Una mostra di percorsi obliqui, di scambi continui, di improvvisi arrivi e inaspettate dipartite. Una mostra sulla vita dell’arte, sulle vite nell’arte oltre le opere. Testo di Lea Vergine. A cura di Francesca Giacomelli, Mario Piazza, Cristina Romano

Provate un po’ a immaginare una situazione così: Virginia Woolf tesse o ricama a punto-non-so-che lo schienale di una seggiola, il cui disegno è progettato da Duncan Grant, mentre sua sorella Vanessa Bell disegna per lei la copertina di The Waves intanto che Percy Wyndham Lewis, tra un Blast e l’altro, dipinge il ritratto di Edith Sitwell fotografata con i suoi fratelli da Cecil Beaton. I tre Sitwell si fanno affrescare la Villa di Montegufoni in Val di Pesa da Gino Severini; dopodiché, tra cerimonie e artifizi, tutti giù a rovistare tra gli avanzi di gomitoli di lana per i calzerotti da inviare ad Alec Guinness (lo ricordò, anni fa, Alberto Arbasino). Ma cos’è? Una burla, una sceneggiatura per una pièce, una favola pietrificata? No. È tutto vero.

Tratteggiare una mescolanza di personalità illustri e individui burloni è sufficiente a dare un’idea solo molto approssimativa di uno dei più avventurosi e temerari periodi artistici di un Novecento ancora sconosciuto. Decenni assatanati del Nuovo e del Moderno: Parigi, Londra e l’Italia come crocicchio privilegiato delle invenzioni di linguaggio nelle arti tutte. Gli anni tra le due guerre videro il verificarsi, forse per l’ultima volta, in Occidente, di un fenomeno culturale e sociale quale l’incrociarsi di iniziative a opera di poeti e pittori; ma anche di “divini mondani”, di cosmopoliti eccentrici, di artisti mecenati dei loro stessi colleghi.

I poeti Ezra Pound, Hilda Doolittle e T.S. Eliot, gli scultori H. Gaudier-Brzeska e Brancusi, gli scrittori Ford Madox Ford, James Joyce e D.H. Lawrence, per esempio, si legano per amicizia – e con i medesimi intenti – a gruppi che sperimentano arti visive e design. Si pensi anche a Gertrude Stein e a suo fratello Leo a Parigi, ai tre Sitwell tra l’Inghilterra e la Toscana, ai futuristi inglesi a Londra... Nascono riviste come Blast (“un racket di giovani”): si realizza il primo tentativo di design, “l’Omega Workshops”, a opera del critico d’arte Roger Fry e di due pittori, Vanessa Bell e Duncan Grant…Tutti, amici fra loro, erano, in primis, materia di scandalo; e poi di acute insolenze e di erudite litigiosità. Tra questi, pochi leader carismatici e molti supporter: ma tutti insieme formano un coro singolare. Studiosi di rara cultura, signore costumate e non, giovanotti morbidi e protervi, artisti concimati dalla paranoia, eccentrici in abbondanza; e poi, neurolabili, creature vampirizzate, soggetti psichiatricamente interessanti, anime smedesimate e altre afflitte da ego ipertrofici. Ma quando si guardano le opere si apre davanti a noi un mondo le cui dimensioni ci sbigottiscono. Solo un manipolo di intellettuali le ha viste, conosciute e comparate (le opere). Al più, le cronache di quegli anni hanno riferito delle sregolatezze sociali e sentimentali dei protagonisti.

Vanessa Stephen (Bell dopo il matrimonio con lo storico dell’arte Clive), con l’amato Duncan Grant – bello e omosessuale –, preso a sua volta d’amore per David Garnett (invaghito perso di John Maynard Keynes) fabbrica mobili e oggetti, decora tessuti e tavoli, ciotole e paraventi. Ma nella casa del quartiere londinese detto Bloomsbury (nome che contrassegnerà il gruppo) scrivono, impaginano, editano e dipingono tutti gli altri parenti e amici: dallo stesso marito Clive Bell all’economista J.M. Keynes, da Roger Fry (con cui Vanessa aveva concluso un amore precedente) allo storico Lytton Strachey, a Virginia e suo marito Leonard Woolf. In breve, una famiglia allargata, come si direbbe oggi (ma anche un gruppo operativo), cui si univano partecipanti come D.H. Lawrence o Bertrand Russell e tutti i loro annessi e connessi.

Ma cosa sono gli Omega Workshops? Laboratori di arti applicate creati da Fry. I manufatti, realizzati nei laboratori Omega, restavano anonimi. Del gruppo fece parte anche Percy Wyndham Lewis che redasse il manifesto del ‘Vorticismo’, pubblicato nel primo numero di Blast. Lewis fu anche fondatore del “Rebel Art Centre”, altro atelier collettivo, sorto in contrapposizione all’Omega Workshops, con l’intenzione di raccogliere l’ala più intransigente dell’avanguardia inglese poiché considerava “troppo educati” i rappresentanti del gruppo di Fry. A Osbert, fratello di Edith Sitwell, quando era a Pechino nel Collegio dei vecchi eunuchi imperiali fu chiesto se a Londra esistesse un istituto simile. E lui: “Certo, e si chiama Bloomsbury” (Alberto Arbasino riporta).

Osbert, romanziere e saggista, era fratello di Sacheverell – poeta e scrittore – e di Edith – scrittrice e poetessa leggendaria –, nota anche presso Igor Strawinskij per Façade, il “divertimento in parole e musica” ideato con la collaborazione del musicista William Walton. Ritratta da Roger Fry, dai vorticisti, fotografata da Man Ray e da Beaton che, in quegli stessi anni, ritraevano Gertrude Stein e Alice B. Toklas, Edith s’imbatté proprio attraverso la scrittrice americana nel pittore russo Pavel Tchelitchew, presenza tra le più importanti della sua vita, omosessuale di non rigorosa osservanza. Dei vorticisti inglesi fece parte anche Dorothy Shakespear che sposò Pound e progettò le copertine di molti suoi libri. Ezra Weston Pound (costruì da sé i mobili dell’abitazione di Rapallo!) debuttò attraverso un amore prestigioso con Hilda Doolittle, nota come H.D. anche per essere stata tra i primi pazienti e illustri amici di Sigmund Freud e averne scritto. Insieme a lei, Pound fondò il movimento detto Imagismo. E, intanto che proteggeva Eliot e Joyce, lavorando sulle traduzioni da Confucio, si faceva ritrarre dal “vort-fotografo” Alvin Langdon Coburn, da Brancusi, da Gaudier-Brzeska (per inciso, prima mostra da Guido Le Noci alla galleria Apollinaire di Milano, fotografata da Ugo Mulas). Tutte le opere e gli scambi rintracciabili – tanti! – in Europa non saranno tra le realizzazioni più alte del secolo scorso ma tra le sue più seducenti e curiose, certo sì. D’altra parte il progetto di una mostra (e di un libro-album-catalogo) non si caldeggia con i risultati tutti da verificare, ma con il racconto.

Per questo progetto di mostra sono stati consultati una serie di testi dai quali abbiamo estratto, come fossero citazioni, tutti gli elaborati visivi pubblicati:

AA.VV., Ezra Pound e le arti. La bellezza è difficile, a cura di A. Beolchi, M. Cecchetti, V. Scheiwiller, Skira editore, Milano 1997
AA.VV., Blast:Vortizismus - die erste Avantgarde in England 1914-1918, a cura di Karin Orchard, Ars Nicolai, Hannover 1996
AA.VV., The Sitwells, a cura di R. Gibson and H. Clerk, National Portrait Gallery Publications, London 1994
P. Ackroyd, Pound, Leonardo Editore, Milano 1990
J. Beechey, R. Morphet, R. Shone, The Art of Bloomsbury, a cura di R.Shone, Tate Gallery Publishing, London 1999 Q. Bell, Bloomsbury, Weidenfeld & Nicolson, London 1986
V. Nicholson, An Artist’s Home: Charleston, The Charleston Trust, Charleston 1999 The National Trust, Virginia Woolf and Monk’s House, London 2000
Duncan Grant, <i>Vanessa Bell</i>, c. 1918, carboncino su carta, 31,1 x 45,7 cm, British Museum, Department of Prints and Drawings, London
Duncan Grant, Vanessa Bell, c. 1918, carboncino su carta, 31,1 x 45,7 cm, British Museum, Department of Prints and Drawings, London
Duncan Grant, <i>Self-Portrait with Pipe</i>, c. 1918, matita su carta, 27,2 x 24,2 cm, Art Gallery of Ontario, Toronto, donato da Gary Michael Dault, nel 1998
Duncan Grant, Self-Portrait with Pipe, c. 1918, matita su carta, 27,2 x 24,2 cm, Art Gallery of Ontario, Toronto, donato da Gary Michael Dault, nel 1998
Henry Lamb, <i>Leonard Woolf</i>, 1912, 
olio su tela, 51,1 x 40,6 cm, Collezione privata
Henry Lamb, Leonard Woolf, 1912, olio su tela, 51,1 x 40,6 cm, Collezione privata
Vanessa Bell, sovracoperta per <i>The Moment</i>, di Virginia Woolf, 1925
Vanessa Bell, sovracoperta per The Moment, di Virginia Woolf, 1925
Cecil Beaton, Edith, Osbert and Sacheverell Sitwell, 1927, stampa al bromuro, 37 x 32 cm, Sir Reresby Sitwell Bt
Cecil Beaton, Edith, Osbert and Sacheverell Sitwell, 1927, stampa al bromuro, 37 x 32 cm, Sir Reresby Sitwell Bt
William Roberts, <i>The Vorticists at the Restaurant de la Tour Eiffel</i>, olio su tela, 1961-62, 182,9 x 213,4 cm, Tate Gallery, London
William Roberts, The Vorticists at the Restaurant de la Tour Eiffel, olio su tela, 1961-62, 182,9 x 213,4 cm, Tate Gallery, London
Percy Wyndham Lewis, copertina <I>BLAST</I> n.2, 1915
Percy Wyndham Lewis, copertina BLAST n.2, 1915

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