Come è difficile immaginare l’infanzia di grandi personaggi della storia, pensarli intenti a giocare con gli amici o a lamentarsi con la mamma per i compiti da fare, anche concedere alle icone d’arte o d’architettura l’aver avuto una giovinezza, un’infanzia, ci riesce complicato: un momento iniziale in cui non tutti le conoscono, in cui – per quanto attese ed anticipate – sono solo un nuovo teatro, un nuovo ponte, un nuovo condominio, che le persone stanno cominciando a studiare, commentare, fotografare, ogni volta con diverse interpretazioni. Succede anche alla Unité d’Habitation che Le Corbusier costruisce a Marsiglia tra il 1947 e il 1952: oggi simbolo di una visione nuova dell’abitare per il dopoguerra – con i suoi appartamenti duplex, le cucine sviluppate con Charlotte Perriand, la terrazza scultorea – riesce a essere icona di diverse riflessioni, del brutalismo come anche dell’architettura organica. Al momento del suo completamento però, grande era l’interesse, l’attesa di conoscere i dettagli della nuova opera, anticipata anche da Gio Ponti già durante la costruzione, di una autentica archistar allora vivente e in piena attività: è lì, nel febbraio 1953, che Domus pubblica il nuovo fotografico realizzato da Lucien Hervé, sul numero 279.
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Nuovi aspetti fotografici dell’ “Unité d’habitation”
L’architettura nel paesaggio
L’“unité” è isolata nel paesaggio e lo domina, come una grande nave all’ancora. Fa ripensare ai conventi antichi – le prime “unite d’habitation”, – che sceglievano sedi isolate e bellissime, per natura e panorama; non si allineavano lungo una strada. Il “quartiere” dell’unité lecorbusieriana, è la campagna e il cielo.
La città in verticale che l’“unité” realizza, permette realmente il contatto immediato e totale col verde, ai piedi della costruzione (la città orizzontale, la città-giardino, diluisce il verde e lo corrompe).
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Aspetti notturni e monumentali del cemento
Il cemento è la sostanza di questa architettura, come per le piramidi la pietra, e qui diventa una materia monumentale, pari alle dimensioni della costruzione. Questa architettura è una scultura in cemento: giustamente esso è lasciato nudo, come il bronzo, il marmo, la pietra. Nudo non solo nelle superfici esterne, ma anche in quelle interne degli atri, corridoi, etc., questa essendo non una architettura-involucro, una corazza esteriore a un organismo interno, ma un blocco scavato e scolpito in una materia unica, nelle torme necessarie per essere internamente abitato.
Nelle fotografie: aspetto notturno del fianco dell'edificio con la scala esterna a volute, che porta dal terrazzo a terra; l’atrio d’ingresso con il bancone, del portiere, in cemento, e la passeggiata in facciata con la pensilina di riparo per le auto.
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Documentario degli Interni
Gli interni abitati. L’architettura degli interni predomina sull’arredamento, non scompare dietro di esso. Sono interni costruiti con installazioni incassate. Si osservi il valore quasi più personale e privato che assumono le suppellettili di ogni famiglia, là dove la più parte dell'arredamento è muraria.
Nelle fotografie: il soggiorno di uno dei 337 appartamenti duplex (l’“unité” ospita 1600 persone) con l’arredamento dimostrativo suggerito da Le Corbusier; gli armadi previsti in costruzione e le istallazioni sanitarie, nella parte centrale di ogni appartamento (bagno per i genitori, doccia e lavabo nella stanza dei bambini); il soggiorno nell'alloggio di una impiegata del ministero (foto in alto, pag. 5); un alloggio duplex visto dal terrazzo, e il terrazzo visto dall’interno dell’alloggio: il contatto con l’esterno è amplissimo, attraverso l’apertura totale della finestra in facciata.
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Sulla terrazza finale la fantasia formale si libera
Ecco un paesaggio di sola architettura, un paesaggio totale in cemento. Ha la suggestione delle cattedrali gotiche in cui il tetto non è una copertura, non copre ne spegne l’architettura, ma anzi la ricomincia a sorpresa, in una scenografia tutta costruita e praticabile, in marmo. Questo terrazzo, per grandiosità – si veda in alto il baluardo in cemento per le rappresentazioni teatrali all’aperto – e per mistero labirintico – si vedano nella foto a destra i percorsi fra pareli cieche e i boxes murati dell’asilo all’aperto – si avvicina alle antiche architetture orientali, alle “architetture per l’astronomia”.
Nelle fotografie: lo spazio sgombro e i due fondali murari per gli spettacoli teatrali all’aperto; l’arrivo alla terrazza attraverso le scale; l’accesso alle docce e al solarium (foto piccola qui sopra); lo sbocco del percorso d’arrivo alla terrazza riservata ai bambini (foto piccola, pagina a fianco); i boxes per gioco e asilo dei bambini all'aperto; i percorsi d'arrivo alla piscina e alle docce.
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I bambini invadono l’architettura
Una costruzione più è massiccia, grandiosa e deserta, più si presta ad essere invasa dai bambini. Essi prediligono il dorso dell’elefante.
Nelle fotografie: i giochi all'aperto dei bambini della scuola materna, presso la loro piscina; il paesaggio marsigliese visto dall’alto del terrazzo, presso le docce e solarium; il reparto per i giochi liberi dei bambini sul terrazzo, con la montagna in cemento da scalare e scavalcare.