Questo quartiere, disegnato negli anni ’50 da Albini ed Helg, ha ancora molto da insegnarci

Tra moderno e sensibilità alla tradizione, abbiamo visitato la Rosta Nuova, un quartiere Ina Casa del dopoguerra che ha esteso il cuore storico di Reggio Emilia e che ancora dopo settant’anni definisce un’idea di vita di qualità anche nel social housing.

Imbattersi nel quartiere della Rosta Nuova di Reggio Emilia, nell’opera di Franco Albini e Franca Helg con Enea Manfredini, è una esperienza che fa comprendere visivamente come il buon progetto possa percorrere anni e trasformazioni urbane e sociali, rimanendo un vero riferimento. È un quartiere popolare, per meglio dire è un vero e proprio pezzo del tessuto cittadino di Reggio Emilia, ma è prima di tutto un capitolo del più famoso e imponente progetto Ina Casa.

Dobbiamo risalire al 1949 quando il parlamento legifera a favore di un grande piano di ricostruzione post bellica per l’Italia: la scommessa è unire la committenza dello Stato, architetti, ingeneri e le maestranze artigianali del paese per rimpolparne il tessuto urbano abitativo con nuovi progetti di qualità – ovviamente dobbiamo pensare che questo piano di edilizia di stampo keynesiano aveva anche il compito di riabilitare al lavoro masse di maestranze artigianali inattive dopo la guerra. 

La Rosta Nuova è sicuramente una delle esperienze migliori nel paesaggio Ina casa, a punto che ancora oggi può essere considerato un riferimento per l’edilizia sociale.

La sapiente impostazione originaria di Adalberto Libera che coordinerà i lavori iniziali del piano, i numerosi nomi dell’architettura italiana che vi parteciparono come i Sottsass, Gardella e Bbpr e soprattutto la mole enorme di risorse economiche messe a disposizione, pari a circa 334 miliardi, trasformano il piano in un sostanziale successo che costruisce in un decennio circa 355.000 alloggi in 5000 comuni italiani.

Franco Albini, Enea Manfredini e Franca Helg, Quartiere Rosta Nuova, Reggio Emilia, Italia. Foto Davide Gallina

Chiaramente in un progetto così vasto e in un tempo così lungo si annoverano una grande quantità di episodi che finiscono per avere lo scopo primario di fornire vani occupabili tralasciando il valore dell’abitare caro al pensiero originario di Libera e del piano in sé, attirando critiche da diverse direzioni.

La Rosta Nuova però è sicuramente una delle esperienze migliori nel paesaggio Ina casa, a punto che ancora oggi può essere considerato un riferimento per l’edilizia sociale.

Il progetto nasce nel 1951 dal sodalizio di Franco Albini e Franca Helg con Enea Manfredini; ed è proprio forse la consapevolezza di esercitare la professione di architetto come un vero e proprio attore sociale, allontanandosi così dalla dimensione velleitaria e gratuita per ricollocarsi in una dimensione etica, il punto su cui si uniscono i tre progettisti.

Franco Albini, Enea Manfredini e Franca Helg, Quartiere Rosta Nuova, Reggio Emilia, Italia. Foto Davide Gallina

Le esigenze di Reggio Emilia – come altre province italiane – di dotarsi di nuovi vani abitativi per una collettività che cresce segnano fortemente i progettisti che di fatto, sin dai primi disegni, pensano a un frammento vero e proprio di città, senza creare satelliti autoriferiti.

Passeggiando per la Rosta Nuova si percepisce fortemente la continuità con i tessuti urbani adiacenti e precedenti, che di fatto sembrano sciogliersi dentro il progetto. Questo infatti nasce come estensione del tessuto in una parte della citta (la Rosta) non ancora urbanizzata, andando a tratteggiare gli elementi della tipica città di provincia italiana del centro-nord Italia: i portici con i loro spazi commerciali, il viale principale e la piazza come fulcro cittadino, i servizi scolastici e religiosi come elementi aggregativi che fanno da riflesso ai cortili interni come luoghi di ricreazione e socialità. Ricreare una citta reale è il loro obiettivo.

Franco Albini, Enea Manfredini e Franca Helg, Quartiere Rosta Nuova, Reggio Emilia, Italia. Foto Davide Gallina
I materiali scelti sono mattoni tipici delle manifatture locali che si fondono perfettamente, cromaticamente e matericamente, con il costruito cittadino di Reggio Emilia.

E’ nel 1957 che nella terza revisione del progetto si definisce La Rosta Nuova come un complesso dotato di 516 alloggi e 38 negozi per una popolazione totale di 2500 abitanti: nasce una grande pianta urbana con un cardo inclinato, affiancato dai principali fabbricati sfalsati e dotati di portici, mentre un decumano accennato tratteggia il secondo asse, coi servizi e gli accessi ad altre abitazioni indipendenti, immerse nel verde.

Ancora oggi, sotto i portici, la densità commerciale determina una fuoriuscita sul piano della strada di persone e attività, raccontando anche visivamente il livello qualitativo di vita di chi abita il quartiere. Piccole attività lasciano spazio agli ingressi delle abitazioni, fatte di unità tutt’altro che modeste, sempre con doppi affacci sul corso cittadino e verso i cortili più silenziosi, tra aperture e piccoli balconi.

Gli edifici in cortina lungo il corso hanno un piano strada porticato e tre piani superiori, mentre le palazzine indipendenti, poste dietro, hanno di fatto due piani in più ma dialogano con alberature e dislivelli del terreno che le riportano ad una quota simile a quelle del cardo principale.

Le sapienti distribuzioni volumetriche, gli arretramenti e le compenetrazioni restituiscono agli spazi aperti una dimensione intima, richiamando matericamente e visivamente prospettive e scorci tipici degli agglomerati urbani emiliani.

Franco Albini, Enea Manfredini e Franca Helg, Quartiere Rosta Nuova, Reggio Emilia, Italia. Foto Davide Gallina

Un’altra cifra del piano Ina Casa era l’uso sapiente delle maestranze artigianali, ed è proprio qui che Albini Helg e Manfredini compiono il progetto Rosta portandolo ad un livello di fusione territoriale altissimo. I materiali scelti sono mattoni tipici delle manifatture locali che si fondono perfettamente, cromaticamente e matericamente, con il costruito cittadino di Reggio Emilia. Lo stesso succede con finiture e dettagli architettonici: dal vocabolario costruttivo di quei luoghi arrivano l’uso dei mattoni a vista in facciata, e la copertura a due falde degli edifici con cornicione sporgente; ma il particolare che diventa un landmark della Rosta Nuova è sicuramente la costruzione di logge-balconi marcate da una struttura frangisole in laterizio semicircolare, che muove le facciate evocando quelle delle cascine emiliano-lombarde dove questa soluzione proteggeva e aerava i fienili.

Per tratteggiare il senso e il valore del progetto Rosta Nuova dobbiamo citare Ernesto Nathan Rogers, che in un editoriale del ’54 per Casabella intitolato “La responsabilità verso la tradizione” afferma sia giunto il momento di stabilire “le relazioni tra la tradizione spontanea”, che lui definisce come “popolare” “e la tradizione colta per saldarle in un’unica tradizione”.

Il progetto di Albini Helg e Manfredini ancora oggi è vivo e animato, ancora desiderabile: la miglior prova di una scommessa progettuale vinta.

Ultimi articoli di Architettura

Altri articoli di Domus

Leggi tutto
China Germany India Mexico, Central America and Caribbean Sri Lanka Korea icon-camera close icon-comments icon-down-sm icon-download icon-facebook icon-heart icon-heart icon-next-sm icon-next icon-pinterest icon-play icon-plus icon-prev-sm icon-prev Search icon-twitter icon-views icon-instagram