Il nuovo volto della storica Rinascente di piazza Fiume a Roma

Lo studio 2050+ realizza il progetto di recupero dell’edificio di Franco Albini e Franca Helg, con un aproccio in equilibrio tra conservazione e novità.

La collaborazione fra la Rinascente e Ippolito Pestellini Laparelli nasce con la mostra “LR100 La Rinascente. Stories of Innovation”. Tenutasi nel 2017 a Milano per il centenario del marchio, ne ricostruiva le relazioni con il mondo della cultura e del design, riscoprendo il ruolo dell’azienda come fucina di pensiero progettuale. Per esempio, sarà seguendo un’idea di Gio Ponti che La Rinascente fonderà nel 1954 Il Compasso d’Oro per dare “un contributo decisivo al problema dell’estetica industriale in Italia” (Domus 293).

Nel 1957 venne poi eletto presidente di Rinascente Aldo Borletti, il quale avviò una fase di espansione delle sedi. È in questo contesto che viene commissionato l’edificio di piazza Fiume a Franco Albini e Franca Helg, completato nel 1961. La struttura, prossima alle mura Aureliane, è stata storicamente concepita come una destinazione maggiormente rivolta al quartiere, rispetto alla sede più internazionale della sede di via del Tritone. 

Il recupero della facciata

Con la riqualificazione dei sei piani, 2050+ ha voluto mantenere ed esplicitare questo aspetto. “Durante le prime visite abbiamo rilevato le condizioni ammalorate del progetto. L’edificio è una piattaforma perfettamente flessibile e funzionante che concentra le zone di servizio ai lati, lasciando il rettangolo centrale libero per la programmazione commerciale”. 

Una grossa parte del progetto ha riguardato le facciate esterne, modificate negli anni da superfetazioni che hanno compromesso la leggibilità dell’ordinamento e la materialità. I flussi a vista sono una “celebrazione della globalizzazione” che Albini e Helg hanno voluto mettere in atto, altro aspetto che 2050+ ha voluto recuperare.

Una espressione unitaria che fa definire l’architettura, su un piano culturale, sociale e tecnologico, come forma della civiltà.

Gio Ponti

I flussi riportati a vista

Nel caso dell’ampia vetrata che apre il lato ovest della struttura alla città, è stata ripristinata la trasparenza del progetto originale, rivelando la natura scenografica della “macchina” del grande magazzino. L’intervento sugli esterni ha poi compreso l’aggiunta di un ascensore panoramico, la progettazione di un garden centre al piano terra, il ripristino della geometria delle vetrine e il ripensamento del sottotetto, dove la food hall è l’occasione per alimentare la relazione visiva con la città.

Con la consulenza di Enrico Montanelli, è stato poi condotto il restauro dei pesanti pannelli di Silipol che compongono le facciate, senza rimuoverli. Qui le modanature, che celavano gli impianti originali, si sono rivelate non sufficienti a supportare il funzionamento dell’edificio a causa delle mutate condizioni climatiche e normative, mostrando quanto gli architetti abbiano pensato “tanto a ciò che si vedeva quanto a ciò che non si vedeva”. 

Una terrazza per il quartiere

Nel numero 389 di Domus, Gio Ponti presenta l’opera di Albini e Helg come progetto moderno non distante dalle logiche del disegno industriale, “una espressione unitaria che fa definire l’architettura, su un piano culturale, sociale e tecnologico, come forma della civiltà”. È nella compenetrazione di questi piani che Ponti legge in questo edificio la maestria dei due architetti, e che 2050+ ha disvelato in un’operazione archeologica, operata fra archivio e corpo dell’architettura.

Domus 389, aprile 1962
Team di progetto:
Giacomo Ardesio, Mattia Inselvini, Francesca Lantieri, Camilla Morandi, Ippolito Pestellini Laparelli, Massimo Tenan, Chiara Tomassi
Direzione dei lavori e supervisione della costruzione:
Archilabo
Local architect:
Ingegneria PEI
Progetto illuminotecnico:
CS Progetti
Progetto strutturale:
Studio Bartoloni
Progetto impiantistico:
Ingegneria BRE
Consulente per il restauro delle facciate:
Enrico Montanelli
Ingegneria e fornitura della facciata:
Thema
Appaltatore generale:
CMB

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