La pietra conta: l’architettura di Elias e Yousef Anastas

Per Elias e Yousef Anastas, gli intraprendenti fratelli che gestiscono lo studio d’architettura AAU Anastas, che ha sede a Parigi e a Betlemme, la pietra è importante.

AAU ANASTAS, Stone matters, Gerico, 2017

Per questi architetti, che lavorano nei territori occupati della Cisgiordania, la pietra è il sostrato roccioso del tessuto urbano storico che li circonda, e dà forma al loro senso del luogo e alla loro identità palestinese.

Ma grazie a un regolamento edilizio arcaico, curioso strascico dell’Impero ottomano, la pietra è più che un patrimonio storico: è anche il loro principale vincolo fisico.

“Il regolamento stabilisce che almeno il 70 per cento dell’involucro di un edificio vada rivestito di pietra”, spiega Yousef Anastas, che sta attualmente terminando un dottorato di ricerca sulle tecniche avanzate di costruzione in pietra.

“Nella tradizione la pietra veniva usata come materiale strutturale, ma oggi viene adoperata sempre più spesso per rivestire strutture di calcestruzzo.” Per i due fratelli, che si sono dati il compito – come dicono loro – di “disacrilizzare” la pietra e reintrodurla nell’architettura contemporanea come sistema strutturale, l’attuale panorama delle tendenze dell’urbanistica palestinese è la prova provata della loro convinzione di una connessione strettissima tra progettazione degli elementi architettonici minimi e morfologia urbana.

“Dato che nel contesto urbano siamo costretti a usare la pietra, succede che le strutture hanno tutte le stesse dimensioni, perché i produttori [del settore litico] sono tutti organizzati allo stesso modo. La nostra ricerca è partita come reazione a questa omologazione”, afferma Yousef.

Secondo Elias Anastas le loro sperimentazioni sono anche una reazione alla rapidità di sviluppo della città palestinese. “Quel che sta succedendo oggi non ha a che fare con l’architettura, è legato automaticamente al consumo di territorio: perché, nel comento in cui si costruisce, in qualche modo si tutela il territorio dall’esproprio”, spiega.

“Perciò la questione del come costruire non è più rilevante. Il punto è come farlo il più rapidamente possibile, ma noi, come architetti, vogliamo creare città più adeguate allo stile di vita.”

Con questo obiettivo i due fratelli hanno intrapreso una serie di sperimentazioni a partire dal 2012, quando hanno aperto a Parigi il secondo studio AAU Anastas (il primo, a Betlemme, è stato fondato dai loro genitori, anch’essi architetti, nel 1979). Ne sono usciti vari edifici pubblici vincitori di premi, come il tribunale di Tulkarem, una serie di strutture di pietra che sfidano la forza di gravità e una collezione d’arredamento contemporaneo di produzione artigianale. Tutti progetti che rispecchiano la scelta dei due fratelli di lavorare su scale differenti mettendo in discussione le convinzioni cui si ispira la pratica dell’architettura contemporanea.

Ne è un esempio Analogy, il più recente progetto di ricerca dei due fratelli: una volta di pietra autoportante, presentata in ottobre al festival biennale Qalandiya International, nell’ambito di Jerusalem Show IX. Analogy, ispirata all’aqd takaneh – la tradizionale tipologia di volta rettangolare in pietra, comunemente adottata nell’architettura domestica palestinese almeno dal XIII secolo – fonde forme architettoniche storiche, artigianato e materiali tradizionali con l’innovazione del progetto e delle tecniche edilizie. I due fratelli descrivono il risultato come il primo esempio di quello che potrebbe essere definito un manuale di modelli per il XXI secolo.

“L’idea sta nel ridurre gli elementi architettonici alla forma più semplice, con lo scopo di democratizzare l’uso della pietra come materiale strutturale”, sottolinea Elias Anastas. “E il nostro obiettivo è la creazione di un vocabolario degli elementi fondamentali dell’architettura – architrave, colonna, volta – che si possano generare per stereotomia per creare forme economicamente accessibili.” La stereotomia, un tipo di geometria applicata un tempo appannaggio esclusivo dell’architetto costruttore e del capomastro, implica la precisa progettazione matematica, il taglio e il montaggio di singole unità di pietra ed è la tecnica che i due fratelli hanno scelto per condurre la loro rivoluzione strutturale.

In Analogy la stereotomia ha permesso ai fratelli di creare una volta piana di 1.500 chilogrammi profonda soltanto otto centimetri, definita dalle variazioni di profili sinusoidali che formano delle superfici costolate a doppia curvatura e conferiscono alle pietre il necessario grado di reciprocità strutturale. Il risultato è una struttura di ispirazione storica, tanto rispettosa del contesto quanto inedita. In settembre i due fratelli hanno usato tecniche analoghe per costruire nell’abbazia di Santa Maria della ResurrezioneThe Flat Vault, un soffitto composto da 169 pietre cuneiformi a incastro. Il monastero del XII secolo, importante meta di pellegrinaggio cristiano, si trova sulle alture della Giudea nel cuore del villaggio di Abu Gosh, in uno dei tre possibili siti della biblica città di Emmaus.