Questo articolo è stato pubblicato su Domus 949, luglio/agosto 2011
Nell'esperienza di Emergency, costruire un ospedale è qualcosa di più di costruire un edificio funzionale: è progettare un luogo adatto alla ricostruzione umana. Lavoriamo in zone di guerra o di povertà estrema, i nostri pazienti sono spesso persone che si ritrovano a dover imparare a vivere in corpi improvvisamente mutilati o invalidi.
Per questa ragione vogliamo che i nostri ospedali siano anche belli, 'scandalosamente belli': perché la bellezza diventa segno di rispetto verso persone profondamente segnate dalla guerra o dalla malattia e un luogo bello offre le condizioni essenziali per recuperare dignità nella sofferenza.
Per questa ragione in ogni nostro ospedale hanno una grandissima importanza le sale gioco per i bambini, gli spazi di socializzazione e i giardini: la cura non passa solo da sale operatorie e corsie, ma da un'attenzione per la persona nella sua totalità. Gino Strada
Centro pediatrico di Emergency in Darfur
La clinica pediatrica di Tamassociati per Emergency, è una grande 'macchina termica' che si adatta a condizioni ambientali 'estreme'.
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- Raul Pantaleo,Gino Strada
- 26 luglio 2011
- Nyala
Prove di decrescita
Costruire in Darfur può essere un'occasione per riflettere su un'alternativa possibile a quel modello di sviluppo che sembra aver fatto perdere il senso della misura a gran parte dell'occidente. L'Africa costituisce un'opportunità, perché, attraverso le sue mille contraddizioni e arretratezze, mantiene ancora un forte legame con la realtà e la memoria del passato; è un luogo in cui il consumismo rappresenta un miraggio promesso e mai raggiunto. Paradossalmente può essere un laboratorio per tutto il pianeta perché sa ancora convivere, in modo creativo e spesso leggero, con l'assenza del necessario, con la mancanza nel quotidiano, con quelle condizioni in cui l'occidente potrebbe doversi confrontare nel prossimo futuro. Allora fare architettura là dove si è appena concluso un lungo conflitto può servire a esplorare quella sorta di grado zero che è la fine di una guerra, dove tutto è da reinventare. In questo contesto la clinica pediatrica di Emergency a Nyala (capitale del Sud Darfur) ha un valore simbolico fortissimo. Non è solo una risposta all'emergenza ma è anche un esempio per ripensare al futuro in modo non convenzionale. Un pensiero che pone al centro il tema di uno sviluppo realmente sostenibile per tutto il pianeta. La ricerca della massima semplicità ci è parsa, così, come l'unica strategia efficace per affrontare il progetto: un processo di riduzione e semplificazione del superfluo, una prova di 'decrescita', da sperimentare in questo angolo di mondo e non solo qui.
Il risultato è stato una sintesi di modernità e tradizione utilizzata in modo concreto e non ideologico dove l'innovazione consiste non tanto nella tecnologia utilizzata quanto nel modo in cui è stata utilizzata. Questa prova di 'decrescita tecnologica' è stata realizzata in un contesto difficile senza tuttavia intaccare l'alto livello di comfort richiesto da una struttura sanitaria. Esempio di come possa essere interpretata una tecnologia per il domani a partire dalle difficoltà dell'oggi. Si tratta di un ospedale dal basso impatto ambientale ma dall'alto valore simbolico, sviluppato intorno ad un enorme albero di tabaldi (baobab): luogo vitale da cui si sono generate tutte le direttrici di progetto. Realizzato in laterizio portante (prodotto nelle fornaci della città) a doppia testa con interposto cavedio ventilato, è un edificio che ha fatto propri i principi insediativi della casa araba a corte minimizzando le facciate esposte al sole attraverso diaframmi ombreggianti realizzati con schermi intrecciati in bambù e ispirati ai sistemi tradizionali delle recinzioni, le stesse adottate nei campi profughi.
La clinica di Emergency è inconfondibilmente un edificio pubblico che prova a esorcizzare la realtà di un mondo ancora precario, parla il linguaggio di una modernità diversa, in cui la decrescita rappresenta l'occasione per costruire un piccolo frammento di giustizia.
Nella copertura si è optato per una tecnica molto comune a Nyala: voltine ribassate in laterizio denominate jagharsch (da harsch, che in arabo significa arco), protette dall'irraggiamento diretto del sole con un controtetto in lamiera a camera d'aria ventilata. Fattori climatici particolarmente avversi con temperature che spesso superano i 40°C, unitamente al problema delle polveri generata dai forti venti del deserto, hanno reso necessario uno studio approfondito di tecnologie innovative di raffrescamento, isolamento e filtrazione riducendo all'essenziale l'installazione impiantistica pur mantenendo fermo l'alto livello di comfort e standard richiesto al progetto da parte di Emergency. Il riciclo d'aria è stato, quindi, ispirato ai sistemi tradizionali di ventilazione naturale iraniani denominati badgir, integrato a un sistema meccanico messo in opera con raffrescatori ad acqua di tipo industriale. I venti dominanti del deserto vengono captati da torri di ventilazione all'altezza di 8 metri, incanalati nell'interrato e fatti passare attraverso una sorta di labirinto murario in cui l'urto provocato dall'impatto contro le pareti rallenta la velocità dell'aria raffrescandola e sedimentando gran parte delle polveri in essa contenuta. L'aria più fresca e pulita viene poi trattata con un macchinario ad assorbimento adiabatico per il lavaggio e il raffrescamento tramite evaporazione dell'aria simile a un refrigeratore. Questo trattamento ci permette di raggiungere un delta termico di circa dieci gradi e un abbattimento nel consumo elettrico nel raffrescamento di circa il 70% rispetto ad un sistema di condizionamento standard. La clinica di Emergency è inconfondibilmente un edificio pubblico che prova a esorcizzare la realtà di un mondo ancora precario, parla il linguaggio di una modernità diversa, in cui la decrescita rappresenta l'occasione per costruire un piccolo frammento di giustizia. Raul Pantaleo, Architetto, Tamassociati
Architectural design: Tamassociati — Massimo Lepore, Raul Pantaleo, Simone Sfriso with Laura Candelpergher and Enrico Vianello
Project manager: Pietro Parrino
Coordination: Rossella Miccio, Pietro Parrino
Plant design: Franco Binetti con Nicola Zoppi
Structural engineering consulting: Francesco Steffinlongo
Site supervision: Roberto Crestan, Alessandro Tamai
Client: Emergency NGO