Questo articolo è stato pubblicato su Domus 948, giugno 2011
Le strutture della cooperazione
Quando si parla dell'architettura di internet, l'immagine che
viene alla mente è quella di una mappa dei suoi nodi. Quando
lavoravo nella redazione di Wired.com, era stampata su un
manifesto appeso alla parete. Gruppi di server aggregati come
neuroni, interconnessi elettricamente e organizzati secondo
un principio gravitazionale dinamico: l'effetto rete. Quello che contava era la struttura dell'informazione: quali server erano
connessi a quali altri server.
Questa era la visione dell'internet di prima generazione.
Mentre nominalmente le reti collegavano tra loro le persone,
in realtà collegavano le persone con degli oggetti, fisici o
digitali che fossero. Google, eBay e Amazon erano le aziende di
riferimento di quest'epoca, perché erano le migliori nel mettere
in collegamento le persone con ciò che desideravano. Si cercava
e si trovava ciò che si cercava nella gigantesca massa pulsante
dei computer interconnessi tramite cavi a fibra ottica.
Open Source Design 04: L'architettura di Facebook
L'arbitro massimo della condivisione ha deciso di espandere l'architettura dei suoi server web, e degli edifici che li ospitano. Le istruzioni e i disegni sono online.
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- Alexis Madrigal
- 22 giugno 2011
- Palo Alto
Nei primi anni del millennio, l'idea che il pubblico cercasse soltanto informazioni iniziò a sbiadire. C'erano segni premonitori di vario genere (BlackPlanet, LiveJournal.com, Match.com, Friendster) che, a chi avesse posseduto le giuste capacità divinatorie, avrebbero potuto indicare che stava per fare la sua comparsa un gigante azzurro accompagnato da un veloce uccellino cinguettante. Le persone volevano incontrare altre persone, volevano condividere la loro vita. Per rispondere a questa esigenza sbocciarono decine di nuove società. Mentre Twitter dà a internet il ritmo della corsa, Facebook fornisce i canali sociali. Settecento milioni di persone usano la creazione di Mark Zuckerberg. Mentre sulle dinamiche del successo di Facebook si può discutere, sull'impulso che esso rappresenta no. Le persone hanno dimostrato una spettacolare voglia di condividere la loro vita con altre persone su internet. La definizione di privacy è instabile come il concetto di proprietà intellettuale. In molte sfere differenti, la cooperazione appare una strategia praticabile quanto la competizione. Tutti adottano la condivisione ed esprimono le loro preferenze.
Ora il punto è come strutturare la condivisione. Certi modi sono semplici, come i pulsanti di Facebook che limitano ogni specie
di commento, rendendo disponibile solo il semplice gesto di
affermare: "Io c'ero". Le licenze Creative Commons per il lavoro
creativo permettono ai creatori di contenuti di definire con
precisione chi può usare il loro lavoro e chi no. I frequentatori di
Wikipedia trovano la loro difficile rotta nella creazione del più
stupefacente patrimonio di conoscenza del mondo. Gli accordi
più complessi riguardano progetti open source come il sistema
operativo Linux. Reti distanti di collaboratori si riuniscono per
raggiungere obiettivi comuni. Il copione e i modi di produzione
di queste imprese sono da fumetto, ma sfidano molte delle più
radicate idee sulla mentalità capitalista.
Ma, con tutto il successo dei progetti digitali di questo genere,
che conseguenze ci sono nel mondo reale? Mettere insieme
un gruppo di secchioni per scrivere i codici di un software è
una cosa, ma provate a progettare in questo modo un edificio!
Forse invece si può. O per lo meno si può progettarne il sistema
di condizionamento. Facebook, arbitro della condivisione, ha
deciso di espandere l'architettura dei suoi server web (e gli
edifici che li ospitano) in un ecosistema aperto privo di vincoli
d'uso. La società Open Compute Project descrive nei particolari
come costruire un centro di elaborazione dati energeticamente
efficiente, a partire dai componenti interni dei server fino ai loro
contenitori, ai sistemi elettrici e meccanici che li alimentano e
ne mantengono bassa la temperatura.
La cooperazione appare una strategia praticabile quanto la competizione. Tutti condividono ed esprimono preferenze.
Probabilmente Facebook si aspetta di trarre vantaggio dai
miglioramenti che altri apportano alle sue idee creando proprie
banche dati. E nel frattempo è ben disposta a dare agli altri ciò che
ha. I sistemi di supporto della banca dati della società, almeno per
quel che è stato comunicato sul sito dell'Open Compute Project,
possono adattarsi al clima e alla collocazione del suo più recente
centro di elaborazione dati di Prineville, nell'Oregon.
Il sistema di condizionamento senza condutture cambia
automaticamente modalità di funzionamento (avviando
l'economizzatore, il raffreddamento per evaporazione e
l'umidificazione) sulla base della qualità dell'aria esterna.
Il sistema elettrico si basa sull'installazione di una nuova
sottostazione costruita per dare energia all'edificio.
Non c'è nulla di particolarmente rivoluzionario che colpisca nei progetti pubblici di Facebook per il suo nuovo centro di elaborazione dati, e certamente nulla di tanto affascinante quanto ciò che si può trovare su Open Architecture Network. Ma la società afferma che costruire e gestire i suoi computer come ha descritto costa meno e richiede meno energia delle soluzioni alternative. È una bella cosa. E dovrebbe anche ricordarci che internet è una realtà fatta di computer, di persone e di edifici che ospitano gli uni e le altre. Le mappe dell'architettura di internet che eravamo soliti disegnare erano viziate dal fatto che c'era un solo internet. Era una tale novità far volare le informazioni intorno al mondo e la produzione di beni digitali era così limitata che era facile diventare fan di internet, dimenticarsi la sua dimensione oggettuale. Le mappe che contano oggi per gli architetti dei centri di elaborazione dati non sono tanto quelle appese alla parete nella redazione di Wired, quanto quelle che indicano il clima e il tracciato delle linee elettriche. Più internet cresce, più è parte del normale mondo fisico. Mentre il clima e le strutture del mondo reale acquistano influenza sulle società di internet, Facebook per lo meno sta cercando di rispondere a questi problemi con la condivisione, e di condividere analogamente la consapevolezza che ha acquisito online. Alexis Madrigal, Giornalista e scrittore