Le strutture della cooperazione
Quando si parla dell'architettura di internet, l'immagine che viene alla mente è quella di una mappa dei suoi nodi. Quando lavoravo nella redazione di Wired.com, era stampata su un manifesto appeso alla parete. Gruppi di server aggregati come neuroni, interconnessi elettricamente e organizzati secondo un principio gravitazionale dinamico: l'effetto rete. Quello che contava era la struttura dell'informazione: quali server erano connessi a quali altri server.
Questa era la visione dell'internet di prima generazione. Mentre nominalmente le reti collegavano tra loro le persone, in realtà collegavano le persone con degli oggetti, fisici o digitali che fossero. Google, eBay e Amazon erano le aziende di riferimento di quest'epoca, perché erano le migliori nel mettere in collegamento le persone con ciò che desideravano. Si cercava e si trovava ciò che si cercava nella gigantesca massa pulsante dei computer interconnessi tramite cavi a fibra ottica.


Ma, con tutto il successo dei progetti digitali di questo genere, che conseguenze ci sono nel mondo reale? Mettere insieme un gruppo di secchioni per scrivere i codici di un software è una cosa, ma provate a progettare in questo modo un edificio! Forse invece si può. O per lo meno si può progettarne il sistema di condizionamento. Facebook, arbitro della condivisione, ha deciso di espandere l'architettura dei suoi server web (e gli edifici che li ospitano) in un ecosistema aperto privo di vincoli d'uso. La società Open Compute Project descrive nei particolari come costruire un centro di elaborazione dati energeticamente efficiente, a partire dai componenti interni dei server fino ai loro contenitori, ai sistemi elettrici e meccanici che li alimentano e ne mantengono bassa la temperatura.
La cooperazione appare una strategia praticabile quanto la competizione. Tutti condividono ed esprimono preferenze.

Il sistema di condizionamento senza condutture cambia automaticamente modalità di funzionamento (avviando l'economizzatore, il raffreddamento per evaporazione e l'umidificazione) sulla base della qualità dell'aria esterna. Il sistema elettrico si basa sull'installazione di una nuova sottostazione costruita per dare energia all'edificio.

Design e ceramica rinnovano un centro commerciale
FMG Fabbrica Marmi e l’architetto Paolo Gianfrancesco, dello studio THG Arkitektar, hanno realizzato il restyling del terzo piano del più grande centro commerciale di Reykjavik. La ceramica, elemento centrale del progetto, riveste pavimenti, pareti e arredi con soluzioni versatili e carattere distintivo.