Tavoli di legno massiccio dipinti di blu componibili in varie forme; poltroncine rotonde ricoperte di plastica rossa con struttura in legno dorato, da teatro piú che da salotto; divani composti da cassoni verniciati di nero in forma di lunghi triangoli acuti coperti da cuscini colorati dove ci si può stendere o sedere; tavolini semicircolari componibili; mensole lineari disposte su piani irregolari; lampade da soffitto bianche e ovali; poche, ma rigogliose piante da interni; qualche bel quadro o manifesto incorniciato alle pareti; tende, magari di seta, alle finestre.
I criteri elaborati da Antonio Villas per questo come per altri progetti di luoghi di sofferenza e di strutture di servizio di cui quotidianamente i cittadini usufruiscono, si ricavano dal suo manifesto-denuncia:

Gli spazi a uso collettivo sono anti-luoghi: frequentati per obbligo, sono concepiti senza alcuna considerazione o attenzione verso chi, al loro interno, lavora, studia, si cura, gioca, vive.
In questi contenitori qualsiasi di persone, estranei, ostili, deprimenti, il degrado, se c'è, è naturale proseguimento di un'indifferenza e un'in sensatezza piú generali. (…)
Sono anti-luoghi ovvero luoghi dove non vengono riconosciute le esigenze minime del vivere insieme, quali decenza, decoro, comfort, dove la relazione tra spazi e persone, la possibilità di comunicare con segni e colori, di creare sensazioni e stimoli, di indurre reazioni e comportamenti, di innescare trasformazioni, viene azzerata o espressa solo al negativo. Luoghi contro le persone, monumenti autoreferenziali.
Sono, queste, semplici osservazioni su quello che ci circonda. Non abbiamo alcuna teoria qui da proporre ma soltanto il resoconto e le deduzioni tratte da un'esperienza concreta, partita dai territori della sanità pubblica e in particolare da quelli piú sensibili della salute mentale, della tossicodipendenza, della riabilitazione: "habitat sociale" è una sigla che identifica un modo di operare, una ricerca di qualità possibile, un tentativo di progettare semplicemente e banalmente degli spazi sensati in modo sensato.
Progettare vuol dire allora calarsi, senza schemi prefissati da imporre, nelle diverse situazioni con le loro storie e specificità; intraprendere un percorso di scambio e confronto; far emergere bisogni, desideri, potenzialità; elaborare soluzioni aperte in modo partecipato e contaminato; individuare quello che il luogo deve esprimere, suscitare, comunicare, e il linguaggio adatto allo scopo: e solo allora affrontare la fase finale delI'invenzione e delle scelte. (…)

Centro per la salute mentale, Trieste
Progetto: Antonio Villas