La Neuveville, 3.500 anime, è un'amena località sulle rive del lago di Bienne. Nota per le sue qualità turistiche e di loisir, nulla ha a che fare con le tradizionali capitali europee del progetto. Cionostante, è qui, in uno dei tre distretti francofoni del cantone di Berna, che i fondatori di Atelier Oï Aurel Aebi, Armand Louis e Patrick Reymond hanno deciso di stabilire il proprio quartier generale 18 anni fa. "È una base tranquilla, che ci permette di concentrarci sul nostro lavoro, senza l'ansia e le distrazioni che la vita di una grande città comporta, ma che ci obbliga ad aprirci al mondo perché qui non ci si può aspettare nulla dal punto di vista economico", spiegano. E proprio a La Neuveville, il 25 settembre con una grande festa, Atelier Oï presenta a clienti, amici e colleghi la nuova sede. È il loro progetto forse più ambizioso: un vecchio motel degli anni Sessanta radicalmente trasformato per ospitare l'universo creativo dello studio, i trenta collaboratori – architetti, designer, grafici, ingegneri e scenografi – e qualche amico di passaggio.

"Questo edificio era la struttura più adatta ad accogliere la nostra catena di produzione", racconta Reymond. Tutte le tappe del processo lavorativo sono riunite e visibili in 900 metri quadrati. Al piano interrato trovano posto la materioteca e l'atelier dei prototipi, mentre salendo al piano terra sono collocati la reception, la caffetteria, la terrazza panoramica, uno spazio a doppia altezza per la presentazione e il test dei progetti oltre ad uffici, sale riunioni e a una stanza da letto. Struttura che si replica in parte al primo piano con gli uffici dei tre soci, un'altra stanza da letto, ancora laboratori e sale riunioni.

"Il motel è uno strumento che ci permette di funzionare in maniera autonoma come una nave in mare aperto. Contiene in sé l'idea del viaggio, della scoperta, dell'incontro e dello scambio: è un luogo in continua evoluzione", aggiunge Reymond.

Il fascino rétro dell'insegna al neon e dei ventilatori a pale che dominano l'immaginario collettivo non si è però perso del tutto. Con un gioco di citazioni e rimandi, per gli arredi e le finiture interne lo studio svizzero ha deciso di attingere ai materiali in voga all'epoca, come linoleum per i pavimenti e i rivestimenti dei tavoli e tessuto stretch per i corpi illuminanti. Per la maggior parte delle pareti divisorie, invece, sono stati usati tendaggi, un sistema che ha il vantaggio di regalare agli ambienti un'aria domestica, oltre a gestire la separazione degli ambienti in modo flessibile e a migliorarne l'acustica.