Che fare? Sicuramente, lavorare alla base, ad esempio con i bambini. Ed è così che in Portogallo, a partire dal Padiglione della Conoscenza dell'EXPO di Lisbona (progetto di João Luís Carrilho da Graça, 1998), è nata una rete di centri dedicati all'insegnamento della "scienza viva": si gioca tra installazioni interattive e video, imparando, oltre alla distanza che ci separa dai pianeti dell'universo, anche quanta energia 'pulita' produce un pannello fotovoltaico o un mulino a vento.
Tutto questo accade in una cittadina di 30.000 abitanti a circa 15 chilometri dal confine nord-est con la Spagna, un piccolo miracolo: Bragança è un paese antico che vive prevalentemente di agricoltura, con un castello che sorveglia una maglia di case bianche, costruite l'una sopra l'altra. Qui gli anziani si appoggiano ai muri e prendono il sole; quando chiedi loro indicazioni, rispondono con modi davvero fuori dal tempo: "Minha filha, não posso ajurdar-te" (Figlia mia, non posso davvero aiutarti). Un altro fatto sfiora il miracoloso: è una progettista italiana ad aver realizzato e inaugurato nel giugno del 2007 il Centro Ciência Viva di Bragança. Nata a Pordenone nel 1969, Giulia de Appolonia, per usare una metafora del gergo scientifico, è stata "un cervello in fuga": generazione Erasmus, ha vissuto per tredici anni a Lisbona, dove nel 2003 ha vinto il concorso per giovani architetti bandito da Bragançapolis (in associazione con Europan). La sua tesi è che i bambini possono allenarsi all'apprendimento di nozioni scientifiche, anche piuttosto complesse, attraverso l'architettura. Il centro è così costruito sul sito di un'ex centrale idroelettrica, sul fondo di una valle solcata da un piccolo fiume: tassello architettonico di una passeggiata che costeggia il torrente, prosegue sul tetto/piazza dell'edificio per poi scendere a valle passando sotto l'antico castello.
Gli accorgimenti sono tipici di un'architettura sostenibile: il prospetto sud è praticamente un grande radiatore. La facciata vetrata, infatti, è affiancata da una parete in acciaio corten, una lastra metallica che accumula il calore e mette in moto, grazie alla differenza di temperatura tra interno ed esterno, un meccanismo di ventilazione naturale. La parte a sbalzo sul fiume riflette nell'acqua una pelle di cristallo con un'anima segreta: punti luce minuti, inseriti all'interno del vetro camera, mutano di colore, si accendono e si spengono ritmicamente. Non è però la mano di un creativo a dirigere l'alternanza dei colori e delle tessiture che pulsano nei cristalli, ma la Natura nei suoi cambiamenti climatici: dei sensori esterni, infatti, trasmettono i dati sulle condizioni ambientali a un software di controllo che, a sua volta, dirige una gamma di sedici possibili configurazioni formali e cromatiche. Così se delle piccole luci, bianche e azzurre, pulsano lentamente, state sicuri che sta per nevicare; se si muovono un po' più velocemente, invece piove. Per sapere la temperatura esterna, si deve guardare l'intensità e la gradazione dei colori: dai più freddi ai più caldi. Ai vecchi del paese basterà guardare fuori dalla finestra per sapere come vestirsi.










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