Michael Graves

“I disegni non sono solo un prodotto finale (…). I disegni esprimono l’interazione delle nostre menti, degli occhi e delle mani” (Michael Graves)

Michael Graves

Michael Graves (Indianapolis, 1934 – Princeton, 2015) è stato un architetto e designer statunitense. La sua carriera professionale si estende su più di quattro decenni, dalla metà degli anni ’60 agli anni 2000, ma il suo nome resta profondamente legato ad un'epoca precisa, gli anni ’80, e ad uno stile specifico, il postmodernismo.

Graves studia alla University of Cincinnati e alla Harvard University, dove si laurea in Architettura nel 1959. Da quel momento gravita nell’ambiente culturale della East Coast: lavora per un anno nello studio di George Nelson (1908-1986), dove si avvicina al mondo dell’industrial design e ad un approccio modernista al progetto; a partire dal 1962 insegna alla Princeton University, e sempre a Princeton apre il suo studio professionale Michael Graves & Associates, nel 1964.

Raggiunge la notorietà a cavallo degli anni ’70 come membro dei New York Five, insieme a Peter Eisenman (1932), Charles Gwathmey (1938-2009), John Hejduk (1929-2000) e Richard Meier (1934). I cinque progettisti sono associati una prima volta nel 1969 da Kenneth Frampton, che presenta i loro lavori congiuntamente al MoMA di New York. Nel 1972 la pubblicazione del volume Five Architects li consacra come raggruppamento, almeno sul piano comunicativo e mediatico, sottolineando il loro interesse condiviso per il recupero e l’attualizzazione dei linguaggi del Movimento Moderno europeo degli anni tra le due guerre.

Nella pratica, al di là di questa iniziale affinità e ad eccezione di poche collaborazioni puntuali, Graves e gli altri New York Five proseguono le loro carriere individualmente, divergendo progressivamente dalle premesse comuni sottolineate da Frampton. Così, mentre i progetti di Graves degli anni ’60 e ’70, come la Hanselman House (1967-1970) e la Snyderman House (1971-1972) di Fort Wayne, Indiana, ma anche l’ampliamento della Benacerraf House di Princeton (1969-1970), testimoniano proprio il tentativo di rinnovamento della tradizione moderna, l’inizio degli anni ’80 segna una svolta fondamentale nella sua carriera.

Per tutto il decennio e fino alla metà degli anni ’90 Graves si afferma come un esponente di spicco del postmodernismo. Superata la fascinazione per il purismo modernista, il suo stile evolve in direzione di una sempre maggiore inclusione di forme e segni tratti dai repertori dell’architettura del passato, affiancati con disinvoltura ad altri di nuova invenzione.

I clienti del Graves postmoderno sono soprattutto grandi corporate statunitensi; i contesti dei suoi progetti sono le downtown di città americane grandi e medie; le modalità della loro rappresentazione sono composizioni pittoriche ricche di campiture ed elementi simbolici, che rinunciano in gran parte all’esattezza del disegno tecnico.

Tre realizzazioni sono particolarmente rappresentative della sua produzione, molto abbondante, di questo periodo: l’Humana Office Building di Louisville, Kentucky (1982), il Portland Public Service Building di Portland, Oregon (1982) e soprattutto il Team Disney Building di Burbank, California (1985-1990). Per un committente sui generis, Graves racchiude un programma ordinario di spazi per uffici all’interno di un contenitore decisamente esuberante. Un frontone di memoria classica, semplificato e rivisitato, è sorretto non da colonne, né da cariatidi, ma da sei robusti nani disneyani, con il settimo ben in vista al centro del timpano.

Sconvolgente ma anche innegabilmente iconico, il Team Disney Building è la testimonianza più eclatante di un approccio ironico, ai limiti del dissacratorio, all’oggetto architettonico, tipico del postmodernismo più pop e incarnato al meglio proprio da Graves.

Se il successo di Graves come architetto è in gran parte limitato all’America del Nord, i suoi oggetti di design acquistano fama mondiale. In particolare è la sua partecipazione all’esperienza di Memphis, a partire dal 1980, a guadagnargli i favori anche del pubblico europeo. Il suo mobile toilette “Plaza”, incluso nella prima collezione Memphis del 1981, rappresenta un punto d’incontro ideale tra la filosofia del gruppo milanese e la produzione architettonica di Graves dello stesso periodo.

Tra i suoi prodotti più celebri, merita di essere citato anche il bollitore 9093, dal caratteristico fischietto a forma di uccellino, progettato nel 1985 agli inizi di una collaborazione duratura con Alessi. Altrettando fortunata e prolifica è la sua attività per Target Corporation, tra le principali catene di grandi magazzini statunitensi.

La Denver Public Library e la ristrutturazione del Detroit Institute of Arts, entrambe del 1990, sono tra gli ultimi incarichi di rilievo di Graves, che a partire dalla seconda metà degli anni ’90 dirada progressivamente la sua attività, anche in concomitanza con l'esaurirsi della stagione postmoderna. La sua opera costituisce ad oggi (2020) un’eredità controversa e ancora profondamente divisiva sia per la critica che per il grande pubblico, come la maggior parte della produzione architettonica dell’epoca a cui appartiene.

Nelle parole di Rowan Moore:

Di lui quello che piacque a tutti fu il fatto che restituì all’architettura l’ornamento, il colore e la sfarzosità. Senza ricorrere al pastiche, aveva riaperto il libro chiuso del classicismo grazie all’ingegno, all’inventiva e ai suoi giudiziosi prestiti da Le Corbusier. Come tutti sapevano in modo inequivocabile, il Modernismo era finito, e Graves stava dunque facendo quello che doveva essere fatto
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