C'era proprio bisogno di un nuovo istituto? Addio al NAi

La chiusura del Nederlands Architetctuurinstituut (NAi) Netherlands Architecture Institute è straordinariamente miope: non solo si tradurrà in una minore visibilità per l'architettura ma mette a rischio i notevoli risultati dell'architettura olandese degli ultimi venticinque anni.

La cultura architettonica olandese sta cambiando rapidamente, e non necessariamente in meglio. Dopo essere stato, dalla sua fondazione nel 1988, una delle componenti fondamentali dell'evoluzione e della promozione della cultura architettonica olandese il Nederlands Architetctuurinstituut (NAi) di Rotterdam è stato chiuso. Al suo posto è stato aperto il 1° gennaio scorso un nuovo istituto dedicato alla "creatività industriale".

Dietro la maschera dell'efficienza economica e di fumose idee di possibili sinergie il governo olandese ha unilateralmente deciso che le istituzioni culturali finanziate con fondi e sovvenzioni statali dovevano essere sottoposte a una ristrutturazione organizzativa. Il drastico smantellamento dell'infrastruttura culturale è stato annunciato pubblicamente nel giugno 2011 dall'allora ministro dell'Istruzione, della Cultura e della Scienza Halbe Zijlstra, suscitando vaste proteste. Le critiche al piano statale prendevano di mira non solo i tagli del 26 per cento ai finanziamenti, ma anche la portata delle riforme in programma. La nuova politica culturale, al di là della ragionevole e realistica riorganizzazione delle risorse e dell'allocazione dei finanziamenti, dimostrava una concezione della cultura puramente commerciale. Concezione che, come risulta dal programma appropriatamente intitolato "Oltre la qualità", suggerisce la valutazione delle attività culturali non più in base alla qualità del contributo intellettuale che danno allo sviluppo della società olandese, ma soprattutto in base alla quantità di euro con cui sono in grado di contribuire all'economia del paese.

E se gli effetti di questo drastico cambiamento di strategia hanno colpito tutti i settori della cultura, l'intrinseca prossimità dell'architettura ai sistemi economici ha fatto sì che le conseguenze della riorganizzazione fossero vissute nello specifico attraverso una tragica contrazione dell'infrastruttura di supporto all'architettura. Oltre a privare completamente di finanziamenti la maggior parte delle organizzazioni minori dedicate all'architettura – come Architectuur Lokaal, Archiprix, la sezione olandese di Europan, la Biennale internazionale d'architettura di Rotterdam (IABR, International Architecture Biennale Rotterdam) e perfino il Berlage Institute – il finanziamento del NAi, l'ultima istituzione d'architettura rimasta, è stato drasticamente ridotto e strettamente condizionato.

A completamento dei tagli dei fondi pubblici (che ammonta circa al 22 per cento della sua sovvenzione annuale) il NAi è stato invitato a procurarsi ulteriori finanziamenti attraverso collaborazioni commerciali con partner di mercato. Tramite questi partenariati commerciali il governo intendeva fare in modo che il NAi giungesse progressivamente a una gestione culturale autonoma. Di fronte alla prospettiva della riduzione di un milione di euro al suo bilancio annuale il NAi ha reagito con prontezza. Con un'applicazione ampiamente pubblicizzata dell'asserito orientamento economico della sua politica culturale il NAi nell'agosto 2011ha firmato un accordo di collaborazione per l'edilizia a basso costo con la VANKE, la più grande impresa edile cinese, nel corso di una cerimonia presieduta dal ministro Zijlstra. Altre strette di mano e altre occasioni di foto ufficiali sono seguite un mese dopo, quando l'istituto ha firmato un altro accordo di collaborazione con la Gispen, storica società olandese dell'arredamento.

Ma, oltre a imporre un orientamento economico penalizzante, la concezione che questa politica culturale ha dell'architettura ha anche imposto la cancellazione della celebre infrastruttura dell'architettura olandese. Nonostante la capacità (e la volontà) del NAi di stringere rapporti economicamente vantaggiosi e di procedere in direzione di una maggior sostenibilità economica, l'istituto ha anche dovuto sottomettersi a un'importante deliberazione che era parte della politica culturale neoliberista del governo. A partire dal 2013 l'istituto avrebbe avuto accesso ai fondi pubblici solo se avesse acconsentito alla fusione con l'istituto olandese per il design e la moda Premsela (Nederlands Instituut voor design en Mode) e l'istituto dell'industria per la cultura digitale Virtueel Platform (kennisinstituut voor e-cultuur).

Nel progetto del ministro Zijlstra il "nuovo istituto" – Het Nieuwe Instituut, nome poi assunto dall'organizzazione risultante dalla fusione – aveva lo scopo di catalizzare la crescente sovrapposizione tra architettura, design, moda e cultura digitale, e di consolidare gli sforzi a sostegno di queste "industrie creative". Ma, benché una simile collaborazione interdisciplinare fosse in grado (in potenza) di creare l'occasione di una nuova chiamata in causa dell'architettura, il sottofondo economico della politica culturale indica nettamente che la costituzione di un istituto della "creatività industriale" va intesa soprattutto a favorirne gli aspetti commerciali e lo sviluppo di strategie economiche coordinate.

Benché il nuovo istituto abbia già iniziato la sua attività i relativi benefici non sono ancora stati adeguatamente definiti (come ha denunciato pubblicamente anche il Rotterdamse Raad voor Kunst en Cultuur, il Consiglio per l'arte e la cultura di Rotterdam). Quello che invece è apertamente evidente è l'espulsione dell'architettura dal sistema ufficiale della cultura olandese, grazie al generalizzato scioglimento della rete di istituzioni dedicate alla promozione dell'architettura. Scioglimento che è dimostrazione di un'incredibile miopia, poiché non solo si tradurrà in una minor visibilità dell'architettura, ma metterà anche in pericolo i notevoli risultati raggiunti dall'architettura olandese negli ultimi venticinque anni.

La fama internazionale di cui l'architettura olandese gode dagli anni Novanta si è giovata soprattutto dell'attività di istituzioni come il NAi (e come il Fondo olandese per l'architettura). In collaborazione con le altre istituzioni dedicate all'architettura il NAi ha contribuito alla costituzione di un contesto per lo sviluppo dell'architettura olandese pressoché senza eguali, ponendo le basi necessarie affinché degli studi d'architettura olandesi raggiungessero il successo a livello nazionale e internazionale. Benché sia difficile quantificare con precisione l'esatto ritorno finanziario dell'attività di queste istituzioni, dovrebbe essere chiaro che esse hanno svolto una funzione importante. È stato il loro sostegno (non solo finanziario) a permettere agli architetti olandesi di sperimentare, di mettere alla prova idee nuove, di elaborare progetti originali, di sviluppare nuove competenze, nonché di riflettere a fondo sulle implicazioni sociali, artistiche e anche economiche dell'architettura, in un modo che sarebbe stato altrimenti impossibile. Lo stanziamento di fondi di ricerca, la produzione di mostre, l'organizzazione di conferenze e convegni, la pubblicazione di libri e riviste sono tutti servite a stimolare lo sviluppo di un'innovazione architettonica che portava il segno dell'Olanda. Questo sistema non solo ha fatto crescere nuovi talenti, ma ha anche dato all'architettura olandese un vantaggio competitivo su un mercato sempre più globalizzato.

Per ampliare ulteriormente questa analogia imprenditoriale il supporto istituzionale del NAi e di altre istituzioni dell'architettura avrebbe dovuto essere considerato la divisione Ricerca e Sviluppo dell'architettura olandese. Queste attività non sono mai state intese alla generazione immediata di profitti e implicavano un alto tasso di incertezza quanto alla remunerazione degli investimenti. Ma erano anche cruciali per la creazione di condizioni favorevoli all'affermarsi dell'innovazione, fattore spesso decisivo della capacità di mantenere un alto livello di importanza (e di remuneratività) di qualunque iniziativa commerciale.

Con la dissoluzione della rete delle istituzioni dedicate all'architettura già si verifica un'erosione del vantaggio competitivo di cui l'architettura olandese ha goduto negli ultimi vent'anni. Su un mercato dell'architettura sempre più competitivo gli olandesi non hanno bisogno di guardare troppo lontano per vedere come la loro originaria strategia di sostegno da parte dello Stato dia ottimi risultati in Danimarca, dato che la comunità architettonica internazionale già fa un gran parlare dei nuovi talenti che vengono in luce nel paese scandinavo (in un ironico ribaltamento Bjarke Ingels, la figura emblematica dell'architettura danese, è notoriamente un allievo dell'OMA di Rotterdam di Koolhaas, e i danesi hanno ampiamente ispirato la loro politica architettonica alle strategie nate in Olanda nei primi anni Novanta).

A venticinque anni di distanza il sistema olandese di sostegno all'architettura aveva certamente bisogno di essere riassestato, in modo da adeguarsi alle sfide che l'architettura deve affrontare oggi. L'ottimizzazione delle risorse e lo sviluppo di maggiori sinergie sono una strategia apprezzabile, ma la fusione di "discipline creative" caratterizzate da vaghi punti di contatto sulla base di un'ideologia economica neoliberista non era forse la soluzione migliore.

L'architettura olandese avrebbe tratto maggiori vantaggi da un altro genere di fusione, che capitalizzasse efficacemente le sinergie immediate e rilanciasse la disciplina. Certamente, consolidando sforzi e risorse a sostegno dello sviluppo dell'architettura e promuovendone l'apprezzamento, sarebbero state identificate alcune ridondanze e sarebbero stati ottenuti certi risparmi (in modo da placare la sete di tagli). Ma centralizzando i vari arsenali di strumenti a sostegno dell'architettura si sarebbe potuto creare un nuovo superistituto d'architettura, un superistituto ancor più forte nell'orientare il discorso architettonico attraverso lo stimolo dell'innovazione dell'architettura e il rafforzamento della cultura architettonica olandese. Un superistituto esclusivamente dedicato all'architettura in cui, invece che essere fuorviate da scopi economici, le ambizioni culturali sarebbero state rinvigorite in misura significativa. Un superistituto in cui autorità e legittimazione dell'architettura non fossero sotto attacco, ma vigorosamente rinnovate.

Senza discussioni o dialoghi di alcun genere i burocrati dell'Aja hanno deciso altrimenti. Possiamo così solo sperare che, nonostante tutto, Het Nieuwe Instituut, il "Nuovo Istituto" sia in grado di superare il determinismo ideologico del suo orientamento economico e di ampliare la vera eredità del Nederlands Architetctuurinstituut nei settori del design, della moda e della cultura digitale.

Sergio Miguel Figueiredo (@sergiophd) è per formazione architetto e urbanista, ed è laureato alla Universidade Técnica di Lisbona e alla Academie van Bouwkunst di Amsterdam. Attualmente lavora all'UCLA, con una borsa di studio della fondazione Fulbright, a una tesi di dottorato sul NAi e sul ruolo dei musei

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