Nothing Headphone (1) recensione: portare il design al suo limite

Rettangolari, trasparenti, dichiaratamente eccentriche come cuffie: il giovane brand tech spinge al massimo la sua estetica Space Age con le Headphone (1). Le abbiamo provate — ecco come è andata.

C’è un certo piacere nell’osservare un giovane brand costruire la propria identità pezzo dopo pezzo — o, in questo caso, lancio dopo lancio. Dalla sua fondazione nel 2020 da parte di Carl Pei, con la guida creativa iniziale di Teenage Engineering, Nothing si è guadagnato una reputazione per aver portato stile, trasparenza e un tocco di nostalgia fantascientifica nel mondo della tecnologia di consumo. Dagli auricolari Ear (1), ispirati ai display a matrice di punti, fino al minimalista Phone (2a), l’azienda ha delineato con coerenza un proprio immaginario visivo. Headphone (1) non è solo un nuovo prodotto: è l’espressione cristallizzata di quelle ambizioni — trasparente, tattile, rettilineo, orgogliosamente diverso. Forse anche troppo?

A colpire, subito, è la forma. Ci si aspetta cuffie over-ear di forma circolare o ovale, ma Headphone (1) rompe completamente questa regola. I padiglioni — gli elementi principali che coprono le orecchie — sono audacemente rettangolari, come le scocche di piccoli smartphone. L’effetto visivo è spiazzante, soprattutto quando si capisce che i riferimenti agli smartphone Nothing non sono affatto casuali. La forma è inusuale, perfino straniante — ed è proprio questo a darle presenza. Un’identità forte, fin dal primo sguardo.

Nothing, Headphone (1). Courtesy Nothing

A uno sguardo più attento, questa formale stranezza rivela una certosina attenzione alla composizione. La trasparenza qui non è solo un espediente visivo — è un atteggiamento strutturale. Attraverso il guscio in plastica trasparente si intravedono viti, griglie, testi incisi, piccoli cerchi e glifi che sembrano presi in prestito da circuiti fantascientifici o manuali tecnici immaginari. Anche il contrasto tra il cuscinetto ovale interno e il padiglione rettangolare rigido su cui è montato è sorprendente: morbido contro rigido, curva contro angolo. La schiuma sembra galleggiare, ancorata da una placca in alluminio spazzolato che appare più architettonica che ergonomica. È come se qualcuno avesse cercato di progettare il comfort partendo da un disegno tecnico — e in qualche modo ci fosse riuscito.

Questo strano headset futuristico riuscirà a uscire dalla sua nicchia? Non lo sappiamo. Speriamo solo che ci riesca.

Dove altre cuffie nascondono le funzioni dietro swipe e tocchi, Headphone (1) sceglie un approccio completamente analogico. Il sistema di controllo — una rotella per il volume, una levetta per i contenuti multimediali e un singolo pulsante — è un rifiuto deliberato dell’ambiguità dell’era touch. Invece di indovinare dove premere, si ruota, si spinge, si clicca. È intuitivo in un modo quasi nostalgico: il piacere di premere qualcosa e sapere che ha funzionato. Ed è anche insolitamente appagante — più simile a regolare il volume di uno stereo di fascia alta che a usare un gadget. In un mercato in cui “invisibile” spesso significa “inutilizzabile”, questa fisicità sembra una forma di ribellione. Senza dubbio, ricorda anche le AirPods Max, dove Apple ha evitato i controlli touch digitali. 

 

Il comparto audio di Headphone (1) è stato sviluppato in collaborazione con il marchio britannico Kef, noto per la sua competenza nell’alta fedeltà. Tramite l’app Nothing X, gli utenti possono passare da un equalizzatore standard a una nuova modalità avanzata a 8 bande, creare e salvare preset personalizzati oppure attivare l’audio spaziale con tracciamento dinamico della testa. La cancellazione attiva del rumore si adatta in tempo reale, mentre la modalità Trasparenza consente di ascoltare i suoni esterni con un semplice tocco. Le cuffie supportano anche Ldac, audio cablato via USB-C e jack da 3,5 mm — coprendo così sia l’ascolto wireless che quello tradizionale.

L’app Nothing X provvede all'interfaccia su smartphone delle cuffie. Permette di passare tra la modalità standard e l’equalizzatore avanzato a 8 bande, attivare l’audio spaziale con tracciamento della testa e regolare con precisione ANC e Trasparenza. Si può rimappare il pulsante, creare preset d’ascolto personalizzati o persino usare la funzione Channel Hop (sui telefoni Nothing) per cambiare sorgente audio. È evidente che Nothing intenda queste cuffie come parte di un ecosistema — ancora di nicchia, certo — di strumenti personali per l’ascolto. L’ambizione è chiara: cuffie che non si limitano a riprodurre musica, ma interagiscono con l’interfaccia più ampia della vita, o perlomeno con quella secondo Nothing.

Nothing ha accelerato rapidamente — non solo nel lanciare nuovi prodotti, ma nel costruire una propria idea di cool: un po’ nerd, un po’ nostalgica, sempre più coerente. Con Headphone (1), questa direzione raggiunge la sua espressione più audace e radicale. Non è semplicemente un altro paio di cuffie: è una dichiarazione che cristallizza l’identità visiva del brand in una forma dalla quale sarà difficile tornare indietro. Abbiamo già visto oggetti inaspettati — come le AirPods Max di Apple — diventare icone fashion e simboli di status. Ma Nothing non è Apple. È un marchio indipendente, giovane, con una community fedele e un vocabolario estetico molto preciso. Questo strano headset futuristico riuscirà a uscire dalla sua nicchia? Non lo sappiamo. Speriamo solo che ci riesca. Perché in un mondo dove la tecnologia appare spesso indistinguibile — o semplicemente noiosa — continueremo sempre a fare il tifo per la coerenza. E per il coraggio.

Nothing, Headphone (1). Courtesy Nothing

Opening image: © Nothing

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