I designer di moda che hanno fatto la storia del cinema, in 10 film essenziali

Abbiamo selezionato dieci pellicole che vantano il contributo dei più grandi nomi della moda, da Givenchy a Saint Laurent fino a Tom Ford.

Sabrina: Audrey Hepburn diventa la musa di Hubert de Givenchy Film di Billy Wilder, vede Audrey Hepburn nei panni della protagonista, che dà il nome al film. È su questo set che la diva e il designer Hubert de Givenchy si sono incontrati per la prima volta, coronando un amore – platonico – a prima vista, destinato a durare per tutte le loro vite. Sabrina sarà solo il primo dei film in cui Hepburn sfoggerà abiti Givenchy, diventando perfetto esempio di classe e bellezza.

Billy Wilder, Sabrina, 1954

Belle de Jour: la classe di Yves Saint Laurent Diretto da Luis Bunuel è tratto da un romanzo degli anni ‘20. L’attrice Catherine Deneuve attinge a un intero guardaroba firmato Yves Saint Laurent, tra cui il celebre abito nero con polsini e colletto in raso, in poco tempo diventato simbolo del personaggio Séverine Sérizy e del film stesso.

Luis Buñuel, Belle de Jour, 1967

Barbarella (1968): la Space Age e Paco Rabanne Manifesto del trionfo della Space Age degli anni ‘60, Barbarella è una commedia fantascientifica che narra le vicende dell’omonima eroina, sfacciata e sensuale, in un mondo caricaturale e futuristico. Per l’occasione Jane Fonda fu coperta dalla testa ai piedi dai lavori di Paco Rabanne, definito “metallurgico della moda” per un motivo, sfoggiando abiti spaziali, metallici e assolutamente camp.

Roger Vadim, Barbarella, 1968

American Gigolo: i completi di Giorgio Armani Diretto da Paul Schrader, racconta la storia del gigolò Julian Kay, interpretato da Richard Gere. Dai colori sobri come l’inventato greige, alla destrutturazione del taglio, le giacche Armani hanno reso l’attore un vero e proprio sex symbol degli anni ‘80.

Paul Schrader, American Gigolo, 1980

The Hunger: il lato goth di Yves Saint Laurent Il film cult di Tony Scott, The Hunger, vede ancora una volta Catherine Deneuve vestire Yves Saint Laurent mentre ricopre il ruolo della vampira Miriam Blaylock, con al fianco David Bowie. La combinazione di femme fatale, e carattere gotico al tempo stesso, dimostra come lo stile della protagonista si sposi perfettamente con l’estetica del film.

Tony Scott, The Hunger, 1983

A View To a Kill: il vestito incappucciato di Azzedine Alaïa Film di spionaggio della serie di James Bond - 007, A View To a Kill vede Grace Jones dare vita all’eterno trend dell’hooded dress, disegnato da Azzedine Alaia. Ancora oggi l’abito è uno dei simboli riconoscibili non solo del film, ma anche parte integrante dell’eredità di Grace Jones.  

John Glen, A View To a Kill, 1985

Romeo+Juliet: un matrimonio pensato da Miuccia Prada Nell’adattamento moderno della tragedia shakespeariana, Leonardo Di Caprio e Claire Danes sono i protagonisti, innamorati appartenenti a due famiglie in lotta. Per la scena del matrimonio, Di Caprio indossa un completo blu firmato Miuccia Prada.

Baz Luhrmann, Romeo+Juliet, 1996

The Fifth Element: i costumi di Jean Paul Gaultier Il film fantascientifico di Besson ha visto Jean Paul Gaultier creare più di mille costumi, ognuno estremamente pensato nei dettagli, dal completo tutto leopardato indossato da Ruby Rhod (Chris Tucker) alle dipendenti del McDonald diventate super modelle, per non parlare della celebre salopette di Milla Jovovich nei panni di Leeloo.

Luc Besson, The Fifth Element, 1997

The Great Gatsby: gli anni '20 secondo Miuccia Prada Adattamento cinematografico del romanzo di Fitzgerald, ancora uno dei film più famosi e di successo realizzati da Baz Luhrmann. Importantissima è la scelta degli abiti, realizzati in collaborazione con Miuccia Prada, che ha deciso di far sfumare l’accuratezza storica degli anni ‘20 attingendo al suo archivio personale.

Baz Luhrmann, The Great Gatsby, 2013

Queer: i dettagli di Jonathan Anderson L’ultimo lavoro di Guadagnino, racconta la storia romantica di un espatriato americano e di un ragazzo più giovane, nella Città Del Messico degli anni ‘50. I costumi, disegnati da Jonathan Anderson, richiamano con efficacia un’atmosfera, oltre che a essere perfetti simboli per indicare l’andamento del protagonista, interpretato da Daniel Craig: l’abito in lino color crema si fa sempre più stropicciato, e si ingiallisce sempre di più, proprio come il personaggio sprofonda nella sua dipendenza.

Luca Guadagnino, Queer, 2024

C’è stato un momento in cui il ruolo del fashion designer è diventato essenziale nella creazione di storytelling per qualsiasi film, a tal punto da chiedersi se sia proprio l’immortale tubino nero Givenchy indossato da Audrey Hepburn ad aver reso Colazione da Tiffany (1961) il film cult adorato e celebrato ancora oggi, oppure cosa sarebbe successo se Marlene Dietrich non avesse intimato ai produttori del film Stage Fright (1950) “No Dior, No Dietrich,” per l’interpretazione di Charlotte Inwood. Allo stesso tempo, forse Giorgio Armani non sarebbe stato immortalato sulla copertina del Times nel 1982 se non avesse ideato le giacche di Richard Gere per American Gigolo (1980).


Quella tra industria del cinema e mondo della moda è una relazione longeva che ha prontamente saputo sopravvivere a ogni capriccio del tempo. La capacità del cinema di raccontare storie immersive tramite il linguaggio visivo si sposa perfettamente con l’iconicità dei codici della moda, talvolta per descrivere un personaggio e il suo ruolo all’interno della narrazione, oppure per tracciare uno sfondo culturale e storico accurato.

La prima, vera promessa d’amore tra cinema e moda risale agli anni ‘30 dello scorso secolo, quando a una giovane Coco Chanel fu chiesto di realizzare i costumi per il film americano Palmy Days (1931). Per l’occasione furono disegnati dei capi sportswear, che però non ricevettero la giusta accoglienza: erano ritenuti troppo lontani dal drammatico glamour hollywoodiano, uno stile a cui Coco Chanel non era assolutamente disposta a piegarsi. La collaborazione non fu vincente, ma l’intuizione fu geniale, e la couturière decise di creare abiti per il cinema francese, imparando come far risaltare un capo tramite specifiche inquadrature cinematografiche o una precisa illuminazione.

Nel giro di poco tempo, queste nuove accortezze e tendenze crearono una nuova estetica che trovò massima espressione nel fenomeno delle dive anni ‘50: il celebre esempio è Audrey Hepburn, che indossò per gli Oscar del 1954 un abito bianco dai motivi floreali, firmato Hubert de Givenchy, uno dei vestiti più celebri della storia della moda nonché primo di un enorme guardaroba brandizzato che avrebbe accompagnato l’attrice per tutta la sua carriera.

Questo rapporto di reciprocità non ha fatto altro che intensificarsi, e ancora oggi moda e cinema si dimostrano una sacra e indissolubile lealtà. È così che ha acquisito sempre più autorità la figura del costumista: basta pensare al lavoro di William Chang per In The Mood for Love (2000), ancora oggi celebrato come emblema di classicità, o ancora i costumi vincitori dell’Oscar di Milena Canonero per Marie Antoinette (2006) di Sofia Coppola, riconosciuti per la loro accuratezza e per la loro opulenza.

La capacità del cinema di raccontare storie immersive tramite il linguaggio visivo si sposa perfettamente con l’iconicità dei codici della moda, talvolta per descrivere un personaggio e il suo ruolo all’interno della narrazione, oppure per tracciare uno sfondo culturale e storico accurato.


Anche tra i nomi più grandi e celebri della moda le contaminazioni si sono fatte sempre più frequenti: la casa di moda Saint Laurent insieme al suo direttore creativo, Anthony Vaccarello, ha collaborato con Gaspar Noé nella realizzazione di Lux Aeterna (2019), unendo la sua estetica all’approccio narrativo del regista. La Maison ha anche fondato una casa cinematografica, Saint Laurent Production, che si è occupata di realizzare i costumi per Emilia Perez (2024) attingendo all’intero archivio di Vaccarello. Un altro esempio caratteristico è il caso Tom Ford, fashion designer che diventa regista, autore di A Single Man (2009), dove la sua immancabile attenzione verso i dettagli viene declinata anche al guardaroba del protagonista, simbolo del menswear classico anni ‘60 espresso tramite la seria e rigorosa camicia bianca, sposandosi con le estetiche tra l’organico e il modernista tipiche delle architetture di John Lautner.

Abbiamo selezionato 10 di questi film che sono stati resi iconici dal contributo di nomi leggendari della moda, spaziando da Hubert de Givenchy a Luca Guadagnino, da Miuccia Prada a Grace Jones, all’esplorazione di quella che sempre più visibilmente è un’opera d’arte collettiva.

Sabrina: Audrey Hepburn diventa la musa di Hubert de Givenchy Billy Wilder, Sabrina, 1954

Film di Billy Wilder, vede Audrey Hepburn nei panni della protagonista, che dà il nome al film. È su questo set che la diva e il designer Hubert de Givenchy si sono incontrati per la prima volta, coronando un amore – platonico – a prima vista, destinato a durare per tutte le loro vite. Sabrina sarà solo il primo dei film in cui Hepburn sfoggerà abiti Givenchy, diventando perfetto esempio di classe e bellezza.

Belle de Jour: la classe di Yves Saint Laurent Luis Buñuel, Belle de Jour, 1967

Diretto da Luis Bunuel è tratto da un romanzo degli anni ‘20. L’attrice Catherine Deneuve attinge a un intero guardaroba firmato Yves Saint Laurent, tra cui il celebre abito nero con polsini e colletto in raso, in poco tempo diventato simbolo del personaggio Séverine Sérizy e del film stesso.

Barbarella (1968): la Space Age e Paco Rabanne Roger Vadim, Barbarella, 1968

Manifesto del trionfo della Space Age degli anni ‘60, Barbarella è una commedia fantascientifica che narra le vicende dell’omonima eroina, sfacciata e sensuale, in un mondo caricaturale e futuristico. Per l’occasione Jane Fonda fu coperta dalla testa ai piedi dai lavori di Paco Rabanne, definito “metallurgico della moda” per un motivo, sfoggiando abiti spaziali, metallici e assolutamente camp.

American Gigolo: i completi di Giorgio Armani Paul Schrader, American Gigolo, 1980

Diretto da Paul Schrader, racconta la storia del gigolò Julian Kay, interpretato da Richard Gere. Dai colori sobri come l’inventato greige, alla destrutturazione del taglio, le giacche Armani hanno reso l’attore un vero e proprio sex symbol degli anni ‘80.

The Hunger: il lato goth di Yves Saint Laurent Tony Scott, The Hunger, 1983

Il film cult di Tony Scott, The Hunger, vede ancora una volta Catherine Deneuve vestire Yves Saint Laurent mentre ricopre il ruolo della vampira Miriam Blaylock, con al fianco David Bowie. La combinazione di femme fatale, e carattere gotico al tempo stesso, dimostra come lo stile della protagonista si sposi perfettamente con l’estetica del film.

A View To a Kill: il vestito incappucciato di Azzedine Alaïa John Glen, A View To a Kill, 1985

Film di spionaggio della serie di James Bond - 007, A View To a Kill vede Grace Jones dare vita all’eterno trend dell’hooded dress, disegnato da Azzedine Alaia. Ancora oggi l’abito è uno dei simboli riconoscibili non solo del film, ma anche parte integrante dell’eredità di Grace Jones.  

Romeo+Juliet: un matrimonio pensato da Miuccia Prada Baz Luhrmann, Romeo+Juliet, 1996

Nell’adattamento moderno della tragedia shakespeariana, Leonardo Di Caprio e Claire Danes sono i protagonisti, innamorati appartenenti a due famiglie in lotta. Per la scena del matrimonio, Di Caprio indossa un completo blu firmato Miuccia Prada.

The Fifth Element: i costumi di Jean Paul Gaultier Luc Besson, The Fifth Element, 1997

Il film fantascientifico di Besson ha visto Jean Paul Gaultier creare più di mille costumi, ognuno estremamente pensato nei dettagli, dal completo tutto leopardato indossato da Ruby Rhod (Chris Tucker) alle dipendenti del McDonald diventate super modelle, per non parlare della celebre salopette di Milla Jovovich nei panni di Leeloo.

The Great Gatsby: gli anni '20 secondo Miuccia Prada Baz Luhrmann, The Great Gatsby, 2013

Adattamento cinematografico del romanzo di Fitzgerald, ancora uno dei film più famosi e di successo realizzati da Baz Luhrmann. Importantissima è la scelta degli abiti, realizzati in collaborazione con Miuccia Prada, che ha deciso di far sfumare l’accuratezza storica degli anni ‘20 attingendo al suo archivio personale.

Queer: i dettagli di Jonathan Anderson Luca Guadagnino, Queer, 2024

L’ultimo lavoro di Guadagnino, racconta la storia romantica di un espatriato americano e di un ragazzo più giovane, nella Città Del Messico degli anni ‘50. I costumi, disegnati da Jonathan Anderson, richiamano con efficacia un’atmosfera, oltre che a essere perfetti simboli per indicare l’andamento del protagonista, interpretato da Daniel Craig: l’abito in lino color crema si fa sempre più stropicciato, e si ingiallisce sempre di più, proprio come il personaggio sprofonda nella sua dipendenza.