Dal 27 ottobre al 2 novembre 2025, Milano torna a interrogarsi sul futuro dell’abitare con Milano Arch Week, la settimana che da otto anni punta i riflettori sull’architettura e sulle città. Promossa da Comune di Milano, Politecnico di Milano e Triennale Milano, e curata da Nina Bassoli e Matteo Ruta, la settima edizione si pone in continuità con il tema della 24esima Esposizione Internazionale, dal titolo “Inequalities and Architecture”, mettendo al centro le disuguaglianze che attraversano le città contemporanee e cercando nella progettazione spunti per costruire nuove forme di equità e comunità.
Perché Milano? Lo abbiamo chiesto ai curatori
“Per mezzo secolo le città sono state i ‘luoghi delle opportunità’. Negli ultimi anni, invece, questa tendenza si è invertita e sono diventate i luoghi in cui le diseguaglianze sono ancora più accentuate” spiega a Domus Nina Bassoli, curatrice di Triennale Milano e della mostra "Città" all'interno dell'Esposizione Internazionale. Discutere di disparità a Milano significa farlo nel luogo dove le trasformazioni urbane sono all’ordine del giorno, nel bene e nel male.
Si tratta di una città che in 10 anni ha alternato crescita ed esclusione, rigenerazione e fragilità, e che spesso è stata sotto i riflettori per la privatizzazione di alcuni spazi pubblici, dalla vicenda del Leoncavallo – il centro sociale più noto d'Italia sgomberato ad agosto – fino al dibattito sullo stadio di San Siro.
“È importante ragionare su come questi diritti negati siano al centro di pratiche di riappropriazione, più o meno legali, che però è fondamentale tenere in considerazione per parlare di architettura” spiega Nina Bassoli, che assicura ci sarà ampio spazio per parlare di queste urgenti tematiche durante i forum in programma.
Ma quello delle disuguaglianze non è certo un tema circoscritto a Milano, come d’altronde manifesta la stessa Esposizione Internazionale, che sarà visibile ancora per pochi giorni negli spazi di Triennale Milano. “Tutte le città che sono passate da una rilevanza nazionale a quella internazionale hanno vissuto un momento di cambiamento simile” commenta Matteo Ruta, professore del Politecnico di Milano. Ecco perché uno degli obiettivi di Milano ArchWeek, spiegano i curatori, è di attingere all’esperienza internazionale e alle energie locali per affrontare le trasformazioni già in corso e proporre “non necessariamente delle soluzioni, ma delle vie perseguibili”.
Grandi nomi e visioni internazionali
Ad aprire la settimana sarà Dominique Perrault (27 ottobre), architetto e urbanista francese, vincitore del Premio Mies van der Rohe, seguito dai curatori delle più recenti Biennali d’Architettura di Venezia: Carlo Ratti, (29 ottobre), direttore del Senseable City Lab del MIT, e Lesley Lokko,(31 ottobre) che racconterà le città africane come laboratorio di inclusione e cambiamento. E a proposito ci sarà anche Emil Grip, cofondatore di Limbo Accra, collettivo che sperimenta pratiche di restauro e riuso in contesti urbani dell’Africa occidentale.
Negli spazi di Triennale Milano saranno visibili due installazioni: una nello spazio Voce dedicato alla musica e inaugurato ad aprile di quest’anno, curata da Cloe Piccoli e Carlo Antonelli (dal 31 ottobre al 2 novembre) e una nello spazio Gioco realizzata da Bêka & Lemoine, coppia di artisti e registi d’architettura (dal 31 ottobre al 2 novembre) la cui filmografia completa è stata acquisita dal MoMA di New York. Ogni sera, poi, il programma prevede proiezioni di film che affrontano disparità di genere, disuguaglianze sociali ed economiche, come La Storia del Frank e della Nina, film di Paola Randi ambientato nelle contraddizioni della Milano contemporanea.
Tra forum sul diritto alla casa e presentazioni di libri, come quello di Fabrizio Crasso sulle occupazioni romane, sarà Triennale Milano ad assegnare il Premio Italiano di Architettura 2025, promosso da Triennale Milano e MAXXI (che aveva ospitato la premiazione lo scorso anno). Il premio, giunto alla sua sesta edizione, sarà accompagnato da una mostra dei finalisti e si concluderà con l’annuncio del vincitore il 30 ottobre.
I tour a piedi della città
Oltre a incontri, talk e progetti speciali che hanno coinvolto più di 30 sedi diverse in giro per la città e moltissimi professionisti, grazie a una call to action lanciata mesi fa, alcune delle esperienze più attese di questa edizione saranno fuori dagli ambienti chiusi: si tratta delle passeggiate nei quartieri, pensate come esperienze collettive per osservare la città che già conosciamo da punti di vista nuovi, “un modo per far capire come l'architettura sia una disciplina trasversale che determina tutte le nostre vite.”
Il tour di Romolo, ad esempio, parte dalla sede di Progetto Cmr, attraversa l’Università Iulm, TheSign con i suoi giardini, fino ad arrivare al Villaggio Barona; la passeggiata per il quartiere Gallaratese e Monte Amiata si trasformerà invece in una contro-narrazione di questi spazi, che portano la firma di Carlo Aymonino e Aldo Rossi.
Sempre in movimento, ma con un’altra prospettiva (e anche un altro tipo di impegno visto che è consigliato portare gli scarponi), “Viaggio a Tahiti 2.0” riprende la storica passeggiata progettata da Lucius Burckhardt per la 17esima Triennale e parte da Bovisa, mentre RealStep e Migliore+Servetto propongono “Archigrafia Urbana”, una passeggiata guidata alla scoperta del Milano Certosa District, a nord-ovest della città.
E chi non si accontenta di passeggiare, potrà seguire la designer Sarah Ackland in una corsa di 5 km con partenza dal Palazzo dell’Arte (2 novembre, ore 18.30), per un gesto performativo che riflette sulla relazione tra corpo, genere e spazio pubblico.
“Crediamo che l'architettura abbia un forte bisogno di attrarre di nuovo le persone, gli abitanti della città”, e ridurre le distanze (che siano fisiche, economiche, sociali) tra centro e periferia, tra chi progetta e chi abita. L’invito a camminare, a guardare, a partecipare è un invito ad avvicinarsi alla città, cominciando semplicemente ad attraversarla.
Immagine di apertura: Complesso abitativo Monte Amiata, quartiere Gallaratese, Milano (1967-1972). Progetto di Carlo Aymonino e Aldo Rossi. Foto Peter Christian Riemann
