Gli edifici abbandonati di Accra diventano gallerie d’arte a cielo aperto

Il progetto Limbo Accra invade con l’arte lo scheletro in calcestruzzo di una casa di lusso non completata nella capitale ghanese, rendendola una risorsa della sfera pubblica.

Mettere in mostra il potenziale di espressione e produzione di un capitale socio-culturale, che si nasconde dietro le apparenze di caos e diseguaglianza sociale di una città in esplosione: questo è il principio che anima il progetto Limbo Accra, recentemente curato da Dominique Petit-Frère e Emil Grip, che ha coinvolto nove artisti emergenti ghanesi nel programma di riattivazione ibrida di uno spazio privato abbandonato.
Le bolle di investimento e l’ascesa dei valori immobiliari sono una caratteristica ormai fondante nella capitale del Ghana, Accra, così come in molte città globali: l'identità in cambiamento della città e l'influsso delle nuove realizzazioni ne stanno lasciando gli spazi urbani come sospesi in uno stato di limbo, qualcosa che attende con ansia futuri di modernità mentre resta fossilizzato tra frammenti del passato.

Come riporta il fotografo e videomaker Anthony Badu, il ritmo vertiginoso della costruzione non riesce a nascondere la scarsità di case a buon mercato. Coloro che possono permettersi di costruire in Ghana sfruttano il caos per ottenerne significanti ritorni economici, spingendo così le stime a registrare dagli 1,7 milioni di stanze ai 5,4 milioni di unità autonome prive di un’effettiva domanda. Nonostante l'intervento delle Nazioni Unite e del governo per rinforzare l'offerta di alloggi, il divario tra costi di produzione e accessibilità resta significativo: le nuove case che arrivano ad essere completate restano inaccessibili per il cittadino ghanese medio.
Da qui scaturisce questa occupazione di una nuova proprietà immobiliare non completata, attraverso un dispiego sperimentale di scultura, fotografia, immagine in movimento, installazioni. Nelle parole della curatrice Dominique Petit-Frère, “Si tratta di una sfida diretta al mercato estrattivo della proprietà, al sistema che si prende terra, forza lavoro, risorse, spazi comunitari. “Queste proprietà sono dappertutto e intrappolano tutto come un capitale che resta congelato. Ecco perché abbiamo chiamato il progetto Limbo: tutto questo spazio in negativo, che effetti sta recando alle menti delle persone?”

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Sfruttando la condizione non finita di un edificio residenziale come una occasione per creare un ambiente dalla serenità diversa, dall’inedito potenziale di condivisione, Limbo Accra riunisce, davanti alle componenti diverse della società urbana, tappezzerie di gomma fatte di infradito recuperate dalle pulizie delle spiagge, opere Afro surrealiste, fotografie di modelli in movimento, una photo booth installata da un collettivo di design radicale come happening, un trotro (il mezzo di trasporto più comune in Ghana) con dentro una TV che racconta la vita al suo interno.
La performance finale di Adjoa Armah riassume in un monologo il gesto e la riflessione che strutturano Limbo Accra, esplorando ossessivamente “home is…”  come un mantra: “La nostra casa è un luogo che per lungo tempo è rimasto in un limbo.”

Progetto:
Limbo Accra
A cura di:
Dominique Petit-Frère, Emil Grip
Luogo:
Accra, Ghana
Artisti:
Adjoa Armah, David Alabo, Deryk Bempah, Diego Asamoa, Enam Geli, Free the Youth, Hakeem Adam, Nana Osei Kwadwo, Patrick Tagoe-Turkson, Serge Attukwei Clottey

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