Sonos, il primo speaker portatile è una Cenerentola

Il nuovo piccolino dell’azienda americana ridefinisce l’idea stessa di cosa sia un dispositivo audio personale. Ma le buone notizie non superano la porta di casa.

Sonos è il nuovo brand audio più importante degli ultimi anni. Non solo perché ha messo sul mercato ottimi altoparlanti domestici ed eccellenti soundbar, tutti rigorosamente wifi, e validi sistemi per aggiornare giradischi o altri vecchi impianti analogici all’epoca dell’audio digitale in streaming, ma perché ha incapsulato tutti questi dispositivi in una piattaforma software che si è evoluta in un hub completo e affidabile, che permette di gestire i flussi dell’ascolto tra una stanza all’altra, impostare sveglie, usare assistenti vocali. Recentemente Sonos ha lanciato una propria collezione di canali radio, tra cui alcuni imperdibili come quelli curati da Thom Yorke o dal compositore Ludwig Goransson. L’esperienza audio Sonos, tuttavia, è rimasta sempre confinata nello spazio domestico (o quasi). E poi è arrivato Roam.

L’arrivo di uno speaker portatile Sonos è già di per sé una notizia, perché segna un cambio di passo. Roam è più piccolo e leggero di quanto ci si aspetti – un elemento chiave, su cui torneremo –, ha un suono buono ma non stellare, con i bassi spesso troppo ingabbiati per la tecno o la trap, e un volume che messo al massimo potrebbe comunque risultare troppo poco per una festa come si deve o anche per un gruppo di amici che saltano la corda al parco; si sente anche la mancanza di un gancio per appenderlo. Tra gli aspetti positivi, l’impermeabilità, la finitura della griglia pienamente all’altezza della fama di Sonos, e la combinazione tra ricarica wireless e usb C che è comoda, anche se risulta bizzarro che non ci sia una spia accesa che segnali quando il dispositivo sta caricando. C’è un pulsante per il microfono che semplifica la vita se lo usate con Zoom o Teams. Ci sono un paio di sofisticatezze che probabilmente non userete mai, come la possibilità di trasferire l’ascolto tra lo speaker portatile e il primo dispositivo Sonos nelle vicinanze con un tocco prolungato del tasto play/pausa.

In casa, se usate già Sonos, diventerà la vostra ombra. Vi segue in bagno al mattino per ascoltare un podcast e la sera dopo gli allenamenti per la musica a bordo doccia, vi accompagna ai fornelli mentre cucinate e esce in terrazzo per un pranzo o quella mezzora di stacco pomeridiano che ha preso il posto del viavai alla macchinetta del caffè in ufficio. Se devi fare una call o guardare un film o giocare una mezz’ora a Fantasian su Apple Arcade, si trasforma facilmente in una impareggiabile e comodissima estensione dell’audio di un laptop o di un iPad attraverso AirPlay. Con una grande fluidità d’uso e una connessione che annichilisce ogni lag e senza chesi debba passare troppe volte per accoppiamenti vari attraverso le tediosissime impostazioni bluetooth, Sonos Roam ridefinisce quello che ci aspettiamo da un dispositivo audio personale, e per chi non ha necessità di isolarsi una bolla sonora sarà automatico preferirlo ad AirPods – di cui ha copiato la semplicità – e cuffie varie. Questo perché lo speakerino nomade si integra alla perfezione con i suoi fratelli stanziali nell’interfaccia Sonos, suonando insieme come parte del sistema audio multispeaker quando serve, lavorando singolarmente altrimenti, sempre attingendo alla stessa interfaccia che raccoglie su un’unica piattaforma svariate fonti streaming. E puoi anche usarlo per Alexa o assistente Google.

Nella comunicazione Sonos, il piccolo Roam viaggia nei boschi e in spiagge incantevoli, accende la festa in baita e rallegra il picnic, fa lunghi giri in bici e raggiunge quasi sempre panorami mozzafiato. Peccato che in realtà la sua magia finisca appena si varca la soglia di casa. Sganciato dal wifi, Roam si limita a comportarsi come uno speaker bluetooth come tanti altri. La piattaforma della app Sonos lontano dalla rete casalinga resta infatti inerte, un guscio vuoto. Le Sonos Radio diventano inaccessibili, per ascoltare Spotify o Tidal o un podcast su Pocketcast si passa dalle relative applicazioni. Spogliato di gran parte della sua straordinaria dote software, lo speaker è nudo, terribilmente normale senza i suoi superpoteri, un Clark Kent in un mondo di altoparlanti portatili colorati, chiassosi, con bassi che pompano la musica alimentata da una semplice ma efficacissima connessione Bluetooth. Davanti alla loro brutale esplosione di potenza, che sovrasta la vocina di Roam, si dimentica facilmente l’amore per l’intelligenza dimostrata dal portatile di Sonos quando eravamo a casa. Viene voglia di tornare, come una Cenerentola al contrario, perché a casa Roam è un principe, fuori invece uno speaker qualunque. Ed è un peccato, a cui speriamo che l’azienda americana metta presto una pezza, perché ha davvero il suono stridente del paradosso investire così tanto su servizi e contenuti, se poi si mette sul mercato un dispositivo portatile che non mi permette di utilizzarli sempre.

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