La trasformazione dell’architettura in natura

Dal mondo della letteratura vengono molte delle nostre prime percezioni del luogo. Ben Lerner esplora il tema servendosi dei libri che ha letto alle sue figlie durante la pandemia.

Questo articolo è stato pubblicato in origine su Domus 1050, ottobre 2020.

“In moltissimi libri per bambini della mia infanzia e in tanti di quelli che leggo ora alle mie figlie – durante la quarantena li leggo e rileggo ancora – si invertono interni ed esterni, spazi costruiti e naturali: nel volume Nel Paese dei mostri selvaggi di Maurice Sendak, uno dei preferiti della mia bambina di cinque anni, la camera da letto di Max si trasforma pian piano in una giungla, mentre lui salpa verso un’isola remota abitata da animali fantastici; in Le Cronache di Narnia, che la più grande sta iniziando, un armadio fa da ingresso a un regno fatato.

Sono solo i primi due esempi che mi vengono in mente, ma c’è una lunga serie di libri per bambini che esplora il tema della trasformazione dell’architettura in natura – con il pavimento che diventa suolo, la moquette che si tramuta in erba, le luci che diventano stelle o le porte che si aprono sulle foreste. Parte del potere di questo rovesciamento – di interno ed esterno, di cultura e natura – sta nel suo rappresentare un’allegoria della lettura: il libro stesso diventa una cornice che racchiude altri mondi ma è anche un portale per raggiungerli. E parte del suo potere è combinare il calore domestico (Max torna nella sua camera da letto in tempo per la cena) con la natura selvaggia (deve domare strani animali), una miscela affettiva centrale in tutti i tipi di libri per adulti, romanzi e altro, una combinazione in cui, spesso sotto la soglia della consapevolezza del lettore, si annida il piacere – a volte discutibile, politicamente parlando – di leggere racconti di tormentosi viaggi per mare, oppure su Stalingrado o su forme più banali di sofferenza stando comodamente in poltrona, con l’aria condizionata.

Una lunga serie di libri per bambini esplora il tema della trasformazione dell’architettura in natura. Parte del potere di questo rovesciamento sta nel suo rappresentare un’allegoria della lettura

Forse questa metafora del capovolgimento attrae anche perché i bambini intuiscono saggiamente la presenza, in casa, di forze indicibili e non addomesticabili, rappresentate in modo convincente come spazi selvaggi: i drammi nascosti dei genitori o le loro vite sessuali, per esempio. Abissi non rappresentabili che si annidano dietro le porte della camera da letto. Forse vi trova posto anche il modo in cui il bambino legge intuitivamente il lavoro e la disuguaglianza, con altre persone che hanno costruito la sua casa, coltivato il cibo per la cena, e le domande sulla vita e sulla morte – pur se sulla vita e sulla morte altrui – sempre costruite in forma di casa, una verità sociale sottesa al mito della privacy (da bambino mi scoprii terrorizzato e affascinato quando mio padre raccontò, durante un viaggio, la storia di un operaio caduto nel cemento mentre si costruiva un ponte, diventando così una sua parte. Da allora, ho sentito raccontare la stessa storia su quasi tutti i ponti d’America: il suo fascino solitamente apocrifo non è solo il suo orrore, ma è anche la sua forza come simbolo del lavoro, del pericolo e dell’alienazione, una versione letterale del “lavoro solidificato,” del fatto che abitiamo e attraversiamo strutture realizzate non solo dai, ma con i morti).

Certamente, parte del fascino di questi libri deriva dal fatto che vengono letti molto spesso prima di dormire, che queste letture avvengono durante la transizione tra la veglia e il sonno, agevolandola; le storie lasciano il posto a sogni che richiedono le pareti di una stanza (in modo che la vigilanza possa essere allentata) e al tempo stesso dissolvono quei muri durante qualunque avventura onirica, quando il letto diventa una zattera.

Al momento, le mie figlie sembrano voler ascoltare solo i racconti che drammatizzano la transizione tra l’interno e l’esterno. Lo fanno mentre lottano per ottenere una sorta di padronanza emotiva sulla pandemia che ha chiuso le loro scuole e riempito l’aria di sirene, segregandole in una villetta ai margini di Brooklyn dove sono vergognosamente fortunate a vivere. Non sono state dentro a nessun altro spazio da mesi. Di giorno erigono fortini con cuscini e coperte, costruiscono un secondo spazio interno in modo che gli spazi dentro casa possano diventare un esterno che gestiscono con successo (il pavimento oltre il loro forte è lava, c’è un virus nell’aria, c’è un presidente e la polizia da cui devono stare alla larga) e di notte leggono, pretendono che io legga, i libri in cui le meraviglie, i pericoli e le distanze del mondo selvaggio si nascondono non fuori da casa nostra, ma al suo interno. Quando una stanza della casa diventa una foresta, la foresta diventa un giardino? La casa è una rovina?

Ben Lerner è un romanziere, poeta e saggista americano.
La sua opera più recente è il romanzo The Topeka School (Farrar, Straus and Giroux, New York 2019). Insegna inglese al Brooklyn College.

Immagine di apertura: Where the Wild Things Are, Spike Jonze, 2009

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