Domus 1050 è in edicola: “La tecnologia ci salverà?”

In questo numero David Chipperfield riceve una lettera da Jacques Herzog; Todd Gannon rivisita gli ultimi scritti di Reyner Banham; Jasper Morrison ripercorre le tappe salienti del suo quarantennale rapporto con Milano. Sfoglia la gallery e scopri i contenuti del numero di ottobre.

Il numero di ottobre di Domus 1050 è dedicato al dialogo tra architettura e tecnologia, discipline in perenne evoluzione che continuano a intersecarsi in modo complesso, ridefinendo confini, motivazioni e statuto della professione. David Chipperfield, nel suo editoriale, si interroga sul ruolo di architetti e designer nel coinvolgere questo mondo della tecnica verso responsabilità più ampie.

Nell’Agenda di questo mese Todd Gannon, ripercorrendo gli ultimi scritti di Reyner Banham sull’high tech, rivela le profetiche osservazioni del critico sui paradossi del movimento in quanto stile visivo e sistema. Helen Thomas riflette sull’accettazione, un tempo indiscussa, delle tecnologie del Movimento Moderno come principio-guida del progresso dei Paesi in via di sviluppo del “mondo islamico” e sulle reazioni che le si contrappongono in quanto forma di intrusione culturale in contesti postcoloniali. Vittorio Magnago Lampugnani, infine, ammonisce a diffidare del cieco perseguimento della tecnologia come elemento di definizione dell’ambiente fisico.

Nella sezione Pratica invitiamo i colleghi architetti a rispondere alla domanda: quale futuro per l’architettura? David Chipperfield riceve una lettera da Jacques Herzog, che scrive della difficoltà da parte degli architetti di agire attivamente sulle catastrofi ambientali. Prendendo come riferimento il modesto e sperimentale Arcadia Education Project, Saif Ul Haque riflette sull’adeguatezza di soluzioni semplici ma innovative.  Adam Curuso ci racconta le ricerche portate avanti dal suo studio assieme ai suoi studenti dell’ETH sulle le promesse più ideologiche e programmatiche del Moderno. Jeanne Gang afferma che una metodologia fondata sull’ascolto e sulla collaborazione è quanto mai urgente per affrontare problemi complessi. Alireza Taghaboni ci spiega come la concezione iraniana dell’architettura va letta attraverso il suo rapporto con tre entità ‘altre’: il Governo, il mercato e l’Occidente. Michael Murphy e Alan Ricks di MASS Design Group ci illustrano i tre principi fondamentali che li guidano nella pratica professionale: investire nel nostro pianeta, dare un senso ai luoghi per chi ci vive e, infine, risvegliare i legami che ci uniscono inestricabilmente gli uni agli altri. 

Per le pagine dedicate a Design e Arte, Kazuko Koike descrive il design come “una sorta di performance” che illumina il mondo. Gli appunti sul design di Jasper Morrison questo mese hanno un taglio molto personale, con il designer che ripercorre le tappe salienti del suo quarantennale rapporto con Milano, la città che gli ha “aperto la prima porta del mondo del design”. Questo mese visitiamo casa Armadillo, nata dalla collaborazione tra un architetto e un artista: Roger Diener, nel cui lavoro le due discipline spesso si fondono, e Marc Camille Chaimowicz, che da sempre esplora oggetti effimeri e le superfici del mondo domestico.

Tra le Riflessioni, Studio Mumbai ci racconta come una soluzione d’emergenza suggerita da un capocantiere per far resistere i disegni al difficile clima monsonico sia diventata per loro prassi. Roel De Ridder, Mela Zuljevic e Liesbeth Huybrechts raccontano le tappe evolutive di della progettazione partecipativa e spiegano perché la tecnologia ha oggi un ruolo importante nel favorire l’impegno civico. Ben Lerner esplora il tema della trasformazione dell’architettura in natura, degli interni in esterni servendosi dei libri che ha letto alle sue figlie durante la pandemia. Scavando negli archivi di Domus, Fulvio Irace riesamina i paradossi del complesso dei Lloyd’s di Londra di Richard Rogers, “un ‘monumento’ all’ultima stagione eroica del Modernismo militante”.

Nel Diario di questo mese, pagine dedicate all’attualità, Marco Petroni ci parla della necessità di riconfigurare i luoghi e i modi del lavoro: una questione di primaria importanza che apre possibilità e spazi d’intervento per i progettisti. Loredana Mascheroni scrive della tredicesima edizione di Manifesta, biennale d’arte nomade. Nella sezione dedicate all’arte Valentina Petrucci analizza l’opera del giovane artista Pietro Quattriglia Venneri, animato dal mantra “Fiutare, inseguire, comperare”. Silvana Annichiarico continua con la selezione di tre talenti emergenti nel mondo del design. Il direttore editoriale Walter Mariotti conclude la sezione con la rubrica Pausa caffè, in una conversazione con Riccardo Donadon, fondatore di H-Farm, dal 2013 nell’advisory board dell’Università Ca’ Foscari.

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