Come Sony ha migliorato delle cuffie già perfette

Un dispositivo essenziale in epoca di smart working perpetuo: quando si parla di cuffie con cancellazione del rumore, le 1000X sono uno standard . È appena uscita la quarta versione, una vera sfida per il colosso giapponese.

La tecnologia di consumo di massa, quella che solo un grande brand è in grado di mettere sugli scaffali, è fatta per vendere. Decine, centinaia di migliaia di pezzi, magari anche milioni e miliardi di pezzi. Al netto del marketing, per vendere tanto serve un ottimo prodotto. E al tempo stesso, non serve un ottimo prodotto. Perché la tecnologia vive di seconde, terze e multiple versioni. Prendi l’iPhone, che è arrivato al 12 (in realtà sono di più, contando i modelli “S” e tutte le varianti). Insomma, magari tirare in ballo Godel sarebbe un po’ troppo, ma è evidente che un buon prodotto tecnologico, per essere remunerativo, debba contenere al suo interno un qualche grado di incompletezza. E se il prodotto è troppo buono fin dall’inizio, nessuno ne acquisterà uno nuovo, un paradosso che era successo per esempio all’iPad (che negli anni è dovuto cambiare e differenziarsi per uscire da questa impasse).

Un altro caso è quello delle cuffie 1000X di Sony, recentemente aggiornate con il modello WH-1000XM4, che con la terza versione, la M3, “mark 3” uscita nel 2018, hanno raggiunto un livello altissimo di qualità, tanto da essere etichettate da molti come le cuffie perfette. Per capire cosa si intende con questa fantomatica “perfezione”, bisogna spendere due righe su queste cuffione di Sony, che fanno tante cose in maniera stellare, una soprattutto: la cancellazione del rumore. Non sono un prodotto da audiofili come possono essere le cuffie di Bowers & Wilkins, non hanno quel feeling materico di Bang & Olufsen e neanche una incredibile personalità come le cuffie modulari TMA di Aiaiai. 

Ma sono perfette per quello che un paio di cuffie è chiamato a fare per vocazione dell’oggetto stesso, ovvero isolarti dai suoni esterni e suonare la tua musica ovunque tu ti trovi. A casa come al lavoro, in una metropolitana o in un aeroporto, quando fai la spesa o una passeggiata. Magari senza rovinarsi troppo se vengono buttate di qua e di là, se le porti in aereo o ti cadono a terra mentre lavori in un caffè.

Tutto questo, le WH-1000XM3 lo fanno (facevano) benissimo: ottima cancellazione del rumore, grande resistenza, batteria di lunga durata e ottimo feeling quando le indossi per ascoltare la musica – un filino meno al collo, forse. Tutto questo grazie a una ottima costruzione del prodotto fisico e alla sua integrazione con un supporto software davvero eccellente (traduzione italiana a parte), con una app che mette a disposizione svariati preset di equalizzazione e la possibilità di attivare una riduzione del rumore che varia a seconda di quello che stai facendo. Se sei sui mezzi, il rumore non è come quando corri. E le cuffie 1000X sono in grado di capirlo in autonomia e di configurarsi di conseguenza per restituire il migliore suono possibile. 

Queste e altre caratteristiche (un ottimo microfono, per esempio, o la tecnologia DSEE per migliorare il suono dei file compressi come gli mp3) hanno reso le 1000X Mark 3 un punto di riferimento. Insomma, quel prodotto perfetto che è difficile pensare di cambiare, almeno finché non si rompono (e come detto, sono delle cuffie molto resistenti). Ma Sony aggiorna le sue cuffie “1000” una volta ogni due anni (nei dispari lo fa con gli auricolari WF-1000), e così ha fatto anche stavolta, mettendo sul mercato le 1000XM4. Con tutta la meticolosa ostinazione giapponese del dettaglio e una serie di migliorie innegabilmente utili.

Le nuove cuffie, rispetto a quelle di un paio di anni fa, sono infatti più ricche in maniera sottile, non stravolgono nulla per migliorare delicatamente, aggiornano nel margine possibile, senza strafare, in maniera sana, riempiendo quei pochissimi vuoti di *performance* del precedente modello. Permettono, per esempio, di connettere in contemporanea due dispositivi, quindi si possono usare in alternanza con laptop e cellulare senza dovere fare ogni volta il pairing. In tutto in memoria conservano fino a otto dispositivi. La cancellazione attiva del rumore, poi, è migliorata del 15%, dice Sony, e gli effetti si sentono in tutta la gamma alta dei suoni; ora il cervello digitale delle cuffie non si limita a capire quello che stai facendo, ma ottimizza l’ascolto anche in base ai luoghi, sfruttando la geolocalizzazione del cellulare.

I padiglioni sono leggermente più ampi, le cuffie si indossano più comodamente e sembrano adattarsi meglio a chi le indossa; in più è stata integrata la compatibilità con il 360 reality audio, ovvero quella modalità di ascolto che questa estate è un po’ esplosa e che permette di collocare in uno spazio ideale i suoni anche quando si li ascolta in cuffie. La moda del momento di cui ci dimenticheremo presto? 

Queste WH-1000XM4 hanno poi un sensore che ferma la riproduzione quando le sfili, e una utilissima opzione inutile, ovvero quella di fermare il suono quando chi le indossa si mette a parlare. Gli scenari di utilizzo sono tantissimi, dal passante che ti chiede informazioni in strada alla evidente utilità per i tanti che usano le cuffie mentre lavorano in casa o al lavoro. Ma non bastava metterle in stop con un gesto? Tra l’altro, così si rischia che la musica si fermi quando si canticchia una canzone... Ma sono tutte semplici opzioni, che si possono accendere o meno dall’applicazione. Quella che viene consegnata all’utente con queste 1000Xm4 è una esperienza ancora migliore, più tonda rispetto alla precedente, l’esempio di un oggetto audio flessibile – ci ascolti la musica correndo e ci fai la call su zoom, imposti una playlist melodic-tecno per lavorare al bar o un podcast – che si adatta a chi le usa, come una impronta. E se le mark 3 erano perfette, queste mark 4 non possono che essere definite come delle cuffie perfettissime, nel solco delle precedenti eppure un po’ meglio. 

Sony le ha migliorate silenziosamente, proprio come il silenzio è la qualità migliore che questo dispositivo riesce a creare. E in epoca di smart working non è poco. Certo, alcune cose possono migliorare ancora, dalla sensibilità dei comandi touch (con cui alle volte si litiga) all’indossabilità delle cuffie quando sono al collo a opzioni semplici, come la musica che riparte appena le indossi. E certamente non si può ignorare il discorso che c’è sullo sfondo della progettazione di un dispositivo come questo, quello del senso di una tecnologia che continua ad aggiornarsi anche mentre il mondo rallenta e si ferma, un orizzonte di dibattito ampissimo sollevato anche all’uscita dell’iPhone 12, quando in molti si sono chiesti se per impattare meno sull’ambiente non abbia più senso, anziché assottigliare i pacchetti, allungare il ciclo di vita dei prodotti.

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