Ugo La Pietra

Triennale Design Museum presenta la prima grande mostra monografica sul lavoro di Ugo La Pietra dal 1960 a oggi, nell'ambito di una ricerca volta a rivalutare i non allineati.

Ugo La Pietra, Campourbano, 1969, dettaglio. Foto Ugo Mulas
Triennale Design Museum presenta la prima grande mostra monografica sul lavoro di Ugo La Pietra dal 1960 a oggi con l’obiettivo di mettere in luce l’aspetto umanistico di questo progettista eclettico.
Questa mostra si inserisce in un percorso tracciato da Silvana Annicchiarico, direttore del Triennale Design Museum, che rivendica la continuità di una ricerca volta a rivalutare i non allineati, gli eretici, i sommersi, da Gino Sarfatti a Piero Fornasetti, via via fino a Ugo La Pietra.
Ugo La Pietra, Colpo di vento, 1970
In apertura: Ugo La Pietra, Campourbano, 1969, dettaglio. Foto Ugo Mulas; qui sopra: Diagramma Immersione “Colpo di vento (una boccata d’ossigeno)”, 1970. Courtesy Archivio Ugo La Pietra
Architetto di formazione, artista, cineasta (e attore), editor, musicista, fumettista, docente, Ugo La Pietra rimane un osservatore critico della realtà, che ha sondato, analizzato, criticato, amato, riprogettato con una profondità rara, disvelando le contraddizioni insite nella cultura e nella società. In termini teorici la sua completa attività – così eterogenea e complessa da risultare di difficile collocazione critica e disciplinare – è da interpretare come una lunga militanza all’interno della categoria dell’anti-progetto.
Ugo La Pietra, Abitare è essere ovunque a casa propria, Linz 1977
Ugo La Pietra, Abitare è essere ovunque a casa propria, performance, Linz (Austria), 1979. Courtesy Archivio Ugo La Pietra
La sua attività compie oggi mezzo secolo e ha attraversato momenti molto significativi della storia contemporanea, come gli anni Sessanta di una Brera capitale della cultura, gli anni della Contestazione dei Settanta; l’avvento della comunicazione mediatica di massa e i relativi effetti sul mondo domestico e psicologico degli Ottanta.
Ma la parte più inesplorata e allo stesso tempo radicale, è data dalla militanza verso la globalizzazione del mondo, grazie all’avvicinamento in tempi non sospetti al tessuto artigiano lungo tutto il paese, considerato dal mainstream come un non valore più che, come in tempi recenti è stato dimostrato, serbatoio di maestria artigiana e culturale, e alternativa praticabile dal sistema design.
Ugo La Pietra, Caschi sonori, 1968
Ugo La Pietra, Immersione “Caschi sonori”, Installazione alla Triennale di Milano (con Paolo Rizzatto), 1968. Courtesy Archivio Ugo La Pietra
La Pietra fa della quotidianità e dei comportamenti il proprio campo d’azione e discussione, utilizzando se stesso, il proprio corpo, gli amici, la propria casa, la città e il Paese – senza mai tralasciare ironia e sarcasmo – per narrare il rapporto individuo-ambiente. Dove per ambiente non si considera mai il fattore strettamente urbano o ecologico, ma la fenomenologia della realtà, amplificando il significato non solo del contesto progettuale, ma dell’intero bagaglio emotivo, antropologico, esistenziale del nostro stare nel mondo.
La presenza di opere e documenti, accompagnati da materiali audiovisivi e sonori, concorre alla messa in scena della cosmologia progettuale emersa dalla lettura globale della produzione di Ugo La Pietra.

dal 26 novembre al 15 febbraio 2015
Ugo La Pietra
Triennale di Milano
a cura di: Angela Rui
Progetto di allestimento: Ugo La Pietra
Progetto grafico: POMO
Videoinstallazioni: Lucio Lapietra
Catalogo Corraini Edizioni

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