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La Biennale di Sejima #2

Nel contesto di crisi, incertezza e contraddizione dell’architettura contemporanea sospesa tra modernità e tradizione ugualmente definitive che cioè si considerano entrambe istituzioni permanenti, evidenziato da Koolhas in Preservation dove tuttavia non si intravvedono esiti interessanti, il progetto di Sejima “Inujima Art house Project, insieme ai giardini dell’Arsenale, insegnano un modo nuovo, attento, contemporaneo di fare architettura.
Nella minuscola isola nel mare interno di Seto l’intevento dell’architetto giapponese Kazuyo Sejima è un haiku delicatissimo fatto di pezzetini di architettura dispersi nel villaggio, un padiglione, un muretto, un piccolo recinto.
È un’architettura che quasi non si vede, che cerca di intervenire nelle dimensioni molecolari della realtà, negli spazi interstiziali con grande eleganza, in cui le forme emergono dalla vita del villaggio nel suo fluire.
In modo analogo Piet Oudolf interviene ne Il Giardino delle Verginidell’Arsenale dove la vegetazione selvatica è stata lasciata per lo più intatta e il nuovo giardino deriva da piccoli gruppi di piante aggiunti per la loro fioritura autunnale.
Sono interventi minuscoli che però cambiano le cose con una strategia simile a quella proposta da Muhammad Yunus, l’economista che nel 1976 inventa il microcredito per concedere prestiti e supporto organizzativo ai più poveri, riuniti in gruppi di beneficiari, esclusi dal sistema di credito tradizionale.
Strategia che non va confusa con quella di quanti ritengono di poter affidare alle singole occasioni offerte dal mercato o dal committente l’evoluzione dell’architettura contemporanea.
Atelier Bow Wow, ad esempio in House Behaviorology presenta nel Palazzo delle Esposizioni una serie di abitazioni, raccontate con modelli e - guarda caso - con prospetti e sezioni molto accurate (ma non tradotte) in cui sono lo stile di vita del committente e l’ambiente circostante a definire il progetto. Ne risultano una serie di case molto vivibili. Sono opere eleganti e nuove ma quello che manca è una riflessione globale del rapporto tra cultura del progetto e società o città contemporanea, proprio in quanto essa è una prerogativa della ricerca e non del mercato.
In questa direzione riflette invece il Giappone, che nel proprio padiglione mostra il lavoro di Sou Fujimoto Architects Primitive future house - Study for the pavillion for the works by W.S. at Chateau La Coste in Aix En Province, France e più in generale presentando il movimento Tokyo Metabolizing, di cui ricorre il cinquantesimo anniversario.
Il movimento, attraveso la ridifenizione di un’estetica urbana come sommatoria della quotidiana evoluzione delle estetiche individuali, a partire dall’idea che la città, come un tempio in legno shintoista, o come una macchina, possa evolvere e quindi essere metabolizzata attraverso la continua sostituzione delle sue componenti fondamentali, si pone in direzione diametralmente opposta alla lezione francese che ha sempre guardato alla monumentalità dell’architettura come incubatore urbano e che ora, presentando Metropolis senza troppo deviare dagli indirizzi dell’Eliseo mitterandiano, con Perrault vorrebbe ora governare la crescita suburbana di Parigi con un altrettanto monumentale programma di trasporti e infrastrutture, ignorando con grande disinvoltura quanto profondamente il web abbia cambiato il nostro modo di vivere, comunicare e muoverci sul territorio.
In modo analogo ma più dimesso la Svizzera, in Landscape and structures analizza il rapporto tra infrastuttura e territorio con un approccio tanto rigoroso da mettere in crisi la nozione di paesaggio, che cessa di essere il contesto da cui partire (e tutelare n.d.r.) ma il risultato dell’interazione di vettori della mobilità e della conservazione, della tecnica e della redditività.
La riappropriazione del paesaggio, delle radici in cui affonda la propria cultura e di un’epica arcadica insieme alla critica all’urbanizzazione definita dagli investimenti immobiliari che, ad esempio, hanno garantito non l’evoluzione della disciplina, ma almeno la crescita, il benessere e un certo grado libertà prima, e la crisi economica poi, di Dubai è il tema dell’allestimento della mostra intitolata appunto Reclaim presentata dal Baharain cui è stato assegnato il Leone d’oro per il miglior padiglione.
Tuttavia la riproposizione delle case di pescatori nel contesto spaesante della Biennale, immerse nel profumo del Bohour, in altre parole la decontestualizzazione poetica del vernacolo volta denunciare gli effetti della globalizzazione e di un’urbanistica govenata dai soli interessi economici non deve far perdere di vista come l’esponenzializzazione del folclore, la martellante riproposizione della tradizione e del conseguete apparato etico ed estetico caratterizza il conservatorismo islamico - e non solo - con le conseguenze ben note a tutti, anche alle mogli dei pescatori che usano quelle baracche in riva al mare, il cui contesto poetico appare, in questo caso, piuttosto un’interpretazione, anzi un’invenzione occidentale.
La decontestualizzazione degli elementi dell’architettura per sottolineare il loro rapporto con il passaggio dell’uomo e del tempo, oltre ad essere un topos letterraio orientale spiegato con grande eleganza in Libro d’ombra di Junichiro Tanizaki premio Nobel per la letteratura è il tema del padgilone del Belgio dove con il titolo Usus/usures un gruppo di lavoro, Rotor, attraverso la descrizione e l’analisi scientifica dell’usura indaga la sintonizzazione dell’ambiente con i gesti corporei, il modo in cui l’usura viene impedita o gestita. Riflettendo sul segno concreto del tema della Biennale Peolple meet in architecture.
Rotor - che a parere di chi scrive avrebbe meritato ll leone d’oro - seguendone le tracce, sottoliea il ruolo della folla nell’archittettura, che è un tema centrale della riflessione teorica dei prossimi anni dal momento che nel 2012 saremo 10 milardi, e offre una prospettiva assolutamente nuova attraverso cui è possibile ad esempio rileggere la stessa Venezia e le conseguenze del vivere quotidiano evidenziate anche dalla mostra di Andrés Jaques Arquitectos in Fray Foam Homedove l’autore offre spunti teorici interessanti come il concetto di bellezza relazionale come risultato del raggiunto equilibrio tra i luoghi del consumo e quelli della produzione.

Immagini
1, 5, 6 Kazuyo Sejima & Associates
Inujima Art House Project
(Operated by: Naoshima Fukutake Art Museum Foundation)
Palazzo delle Esposizioni, Giardini
© Kazuyo Sejima & Associates
2 Oma - Rem Koolhaas
Preservation
Palazzo delle Esposizioni, Giardini
Photo: Pierfrancesco Cravel
3, 4 Oma - Rem Koolhaas
Preservation
Palazzo delle Esposizioni, Giardini
Photo: Giorgio Zucchiatti
Courtesy: la Biennale di Venezia
7 Atelier Bow Wow
House Behaviorology
Palazzo delle Esposizioni, Giardini
Photo: Pierfrancesco Cravel
8 Sou Fujimoto Architects
Primitive Future House
Study for the pavilion for the works by W.S. at Château La Coste in Aix Provence France, 2010
© the author
9 Reclaim
Pavilion of the Kingdom of Bahrain
Photo: Giorgio Zucchiatti
© la Biennale di Venezia
10 Rotor
Usus/Usures, Padiglione del Belgio, Giardini © Pierfrancesco Cravel

Business e visione

MADE Expo arriva a Fiera Milano dal 19 al 22 novembre 2025. Business e cultura, tecnica ed estetica si incontrano nei 4 padiglioni, con oltre 600 espositori di materiali, tecnologie e innovazione nell’ambito dell’architettura contemporanea. 

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