Design inaspettato: la cassetta di legno

Jasper Morrison e Francesca Picchi analizzano la cassetta di legno – oggetto spesso trascurato, “così essenziale, privo del minimo elemento superfluo” – e il suo influsso su designer e artisti che hanno cercato di coglierne le qualità in forme nuove. Da Domus 1046.

Questo articolo è stato pubblicato in origine su Domus 1046, maggio 2020.

A che punto dell’evoluzione culturale del mondo è iniziata la sofisticazione degli oggetti ordinari? Data la scarsità di documenti storici possiamo avanzare diverse ipotesi, ma le forze del cambiamento sembrano essersi formate attraverso i vari canali della sperimentazione artistica, della conoscenza estetica, dello sviluppo industriale e del semplice ‘arrangiarsi’ nei momenti di necessità.

Senza dubbio, un contributo significativo sul fronte artistico è arrivato da Marcel Duchamp, dal suo gesto di elevare l’oggetto quotidiano allo status, inizialmente contestato, di arte. Anche Brancusi – le cui sculture brutalmente intagliate nel legno di recupero liquidavano ogni pretesa di raffinatezza per la ricerca di forme primigenie – ha avuto un ruolo. Prima di loro erano venuti, tra gli altri, il rifiuto dell’ornamento di Adolf Loos (1910) e la sedia No.14 di Michael Thonet (1859), la prima sedia ‘ordinaria’ al mondo ottenuta dalla combinazione di tecnologia e produzione di serie. La stessa industrializzazione e, più nel dettaglio, la modernizzazione delle infrastrutture operata da Isambard Kingdom Brunel e Gustave Eiffel è da citare per le dimensioni e il grado di cambiamento.

Tabouret progettato da Le Corbusier nel 1959 per la Maison du Brésil, nella Cité Internationale Universitaire di Parigi (© Galerie Patrick Seguin/SIAE 2020)

Nel 1934, quale reazione alle condizioni economiche della Grande depressione, Gerrit Rietveld assemblò una sedia con semplici assi di abete avvitate tra loro. All’epoca, la sua famiglia di mobili Crate fu largamente criticata per l’assenza di maestria artigianale: la risposta di Rietveld fu sottolineare come arredi di qualità venissero trasportati in casse di legno, chiaramente più resistenti dei mobili stessi. Il suo obiettivo era comunque un altro, ossia fornire mobili economici in un momento di grande necessità. Nel 1940, fuggito dall’Europa in guerra, il suo connazionale Piet Mondrian arrivò a New York da Londra e, mentre componeva le sue ultime opere, trovò il tempo per realizzare oggetti d’arredo con cassette della frutta. Aggiunse dei rinforzi di legno e le dipinse di bianco, creando sgabelli e tavolini essenziali. I due artisti, a loro volta, potrebbero avere influenzato Donald Judd i cui mobili in compensato perfettamente squadrato, concepiti per la propria casa, avrebbero in seguito condiviso lo spazio con una poltrona di Rietveld.

La Ruota di bicicletta di Marcel Duchamp (1913) inizialmente seguiva lo stesso schema di gesti innocenti e intuitivi contro il gusto prevalente. Aveva montato una ruota di bicicletta con la sua forcella su uno sgabello di legno, per gioco, facendola girare per avere qualcosa da guardare, così come si guarda la fiamma di un focolare. Ma solo nel 1951, quando fu esposta per la prima volta in pubblico in una galleria d’arte moderna di New York, con un ulteriore tocco d’ironia dato dal contesto, l’opera cambiò la natura di ciò che potremmo considerare arte, aprendo la strada alla sofisticazione dell’oggetto d’uso quotidiano. Andy Warhol seguì nei primi anni Sessanta, con le sue lattine di zuppa, le banconote da un dollaro e le scatole Brillo.

Commercianti in un mercato dell’Europa orientale, Ucraina, 1930

Le immagini dell’Armory Show, a New York nel 1913, mostrano sculture delle avanguardie europee sollevate da terra su casse di legno come quelle di solito usate negli studi di disegno per disporvi nature morte e nudi. Le composizioni puriste di Le Corbusier e Ozenfant di oggetti ordinari, coglievano (e creavano) la nuova bellezza delle cose d’uso comune, aprendo gli occhi alle forme semplici e alla misteriosa qualità della produzione industriale.

Le Corbusier, uno dei primi estimatori dell’era delle macchine, era anche in grado di apprezzare la modernità senza tempo delle sedie in legno curvato tanto da usarle con grande efficacia nei suoi primi progetti. Le loro linee semplici e la mancanza di ornamenti erano il simbolo di un nuovo modo di vivere, libero da drappi e nappe, con il vantaggio di non ostacolare una chiara visione dell’architettura.

In seguito, Le Corbusier adattò una semplice cassetta di legno a sgabello per il suo Cabanon (1951), nello stesso modo con cui ne aveva conformato gl’interni all’atmosfera di uno studio d’artista.

Anche Enzo Mari ha attinto alla costruzione delle casse per imballaggio per la struttura elementare della sua Autoprogettazione, quando nel 1974 elaborò i disegni per una molteplicità di tipi di mobili: armadio, libreria, tavoli, letti, sedie e panca. Al costo dell’affrancatura, avrebbe inviato agli appassionati le istruzioni per realizzare qualunque pezzo. Il suo scopo, altruismo a parte, era rendere le persone consapevoli della vera essenza del design attraverso la pratica dell’autocostruzione.

Tassonomia della cassetta di legno. Quarta di copertina di Typologie – The Wooden Crate di Collections Typologie. Typologie è un progetto di ricerca sugli oggetti d’uso quotidiano e una pubblicazione periodica. È concepito da quattro designer: Raphaël Daufresne, Thélonious Goupil, Guillaume Bloget e Guillaume Jandin. Ogni volume è dedicato a un oggetto per registrarne le forme, esplorarne il processo di fabbricazione e approfondirne la storia, evidenziando la sua rilevanza nel tempo (© Collections Typologie)

La mia personale esperienza riferita all’oggetto cassetta di legno ha avuto luogo a Parigi nel 2005. Mi ero trasferito in un nuovo appartamento, vuoto, dove ho trovato una cassa per il vino che gli operai avevano usato per trasportare le piastrelle del bagno. Senza pensarci, ho iniziato a usarla come comodino, mettendo i libri nella parte inferiore, cosa che le conferiva maggiore stabilità. Dopo un anno, mi sono reso conto, accidentalmente, che era un buon progetto: aveva qualità che altri comodini non possedevano, come ingombro ridotto, altezza adeguata con sufficiente spazio per contenere ciò che serve accanto al letto, una soluzione semplice per riporre i libri. Così, quando Established & Sons mi ha chiesto un progetto, è stata la prima cosa che mi è venuta in mente.

Cosa attira designer e artisti verso questo modo semplicissimo ed efficace di costruire contenitori? La tentazione e il piacere di un’alternativa alle solite opzioni borghesi? Un dito alzato verso le consuete ottuse restrizioni in termini di gusto accettabile e correttezza commerciale? Entrambe le cose, ma soprattutto la qualità dell’atmosfera creata da una scatola di legno e il fascino di qualcosa così essenziale, privo del minimo elemento superfluo.

Piet Mondrian, Crate furniture (© RKD – Netherlands Institute for Art History).

Piet Mondrian, Crate furniture

L’artista olandese Piet Mondrian è noto per le sue opere astratte e apparentemente austere, che piacciono a molti e non piacciono a un numero probabilmente anche maggiore di persone. Dagli anni Venti, lo studio di Mondrian è diventato un luogo noto nei circoli d’avanguardia. Le sue pareti erano coperte di rettangoli colorati che lo trasformavano in un’opera tridimensionale di arte neoplastica. Fu solo a New York che iniziò a realizzare anche dei mobili. In precedenza acquistava sedie e tavoli al mercato delle pulci e li dipingeva di bianco, di nero o di un colore primario. A New York, Mondrian disegnò alcuni tavoli, un armadietto per i colori e alcuni sgabelli. Come base degli sgabelli e dell’armadietto usò delle casse di arance, che rinforzava con assicelle orizzontali di legno dipinte di bianco. Questi progetti semplici, ma efficaci, ricordano in qualche modo il lavoro di Gerrit Rietveld, suo contemporaneo e collaboratore della rivista olandese d’avanguardia De Stijl (1917-1931). I mobili di Mondrian degli anni Quaranta a loro volta sembrano aver influenzato l’artista americano Donald Judd, il cui design di arredi degli anni Settanta e Ottanta ha le stesse linee ortogonali e la stessa eleganza.
Testo Wietse Coppes, curatore @rkdnl

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