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Ambra Medda apre (e racconta) villa Borsani

Comincia il viaggio alla scoperta del talento di Osvaldo Borsani: dall’apertura della villa di Varedo all’imminente mostra curata da Norman Foster in Triennale.

Villa Borsani, Varedo

Nei giorni del Salone, la mostra “Villa Borsani: Casa Libera!” invita a scappare. Dove? In Brianza. Una piccola, grande, deviazione dalle rotte della Design Week, che però vale tutto il viaggio. A una ventina di km da Milano, apre le porte al pubblico, per la prima volta, la villa progettata da Osvaldo Borsani per il gemello Fulgenzio. Oltre che una via di fuga dai frenetici percorsi milanesi, la mostra offre l’occasione di scoprire una figura chiave del design italiano, quella di Osvaldo Borsani (1911-1985). Personalità poliedrica e non facile da catalogare – era architetto, designer e imprenditore – Borsani parte dall’attività del padre, l’ABV Atelier Borsani Varedo, nel 1953 fonda (con Fulgenzio) la Tecno, azienda di mobili da ufficio e, in pochi anni, la fa diventare una delle principali realtà italiane del design. Sono sue due indimenticabili icone del design, come la poltrona ad assetto variabile P40 (1953) e il divano D70 a seduta invertibile. E poi il rivoluzionario sistema per ufficio Graphis del 1968, che lancia la Tecno tra i grandi produttori di livello mondiale. La curatrice Ambra Medda (già fondatrice di Design Miami e direttore creativo del dipartimento di design di Christie’s) racconta l’iniziativa, che anticipa la grande retrospettiva di metà maggio curata da Norman Foster alla Triennale di Milano.

Ti definisci “curatrice di un’esperienza”, puoi spiegarmi qual è stato il tuo lavoro?
Attraverso la visita alla villa, vogliamo dare l’opportunità alle persone che vengono da ogni parte del mondo per il Salone e che non torneranno nei prossimi mesi di avvicinarsi e addentrarsi nel mondo di Borsani. È la residenza che Osvaldo Borsani aveva disegnato negli anni Cinquanta per il fratello gemello Fulgenzio, proprio di fianco allo stabilimento della Tecno. È un benvenuto che parte da casa. E anticipa la grande retrospettiva di metà maggio, curata da Norman Foster e Tommaso Fantoni (il nipote di Osvaldo), alla Triennale, e il libro che sarà pubblicato da Skira. È l’inizio del nostro viaggio. L’obiettivo è stato tradurre tutti questi sforzi in un linguaggio contemporaneo e internazionale, nella speranza che la mostra viaggi poi in tutto il mondo.

Villa Borsani oggi
Villa Borsani oggi

Perché la casa della famiglia Borsani?
Borsani era un imprenditore, ma anche un papà e un nonno e la villa era una base per la famiglia, dove lavoro e vita privata si mescolavano. Visitando la sua casa, si ha la visione completa di una figura eclettica e articolata che ha progettato a piccola e grande scala, dal mobile al grande stabilimento. In una sola persona, ci sono talmente tante storie. Visitando la villa capisci anche come funzionava la sua mente: dall’attenzione per il dettaglio, alla massima funzionalità, alla cura estetica. Borsani non sacrifica mai nemmeno un angolo, non c’è compromesso. Riesce sempre a trovare l’equilibrio. È unico.

È strano, in effetti, che non sia menzionato più spesso tra i top designer italiani.
Il fatto che non fosse un “comunicatore” ne spiega in parte la ragione. E poi è una questione di approccio. Per Borsani l’importante era dedicarsi al lavoro. Tutto il resto non contava. La comunicazione era una cosa in più. Forse era anche difficile catalogarlo per chi lavorava intorno a lui o per chi scriveva di lui: talmente era dinamico, avanti, sfaccettato.

Il tavolo Nomos di Norman Foster per Tecno
Il tavolo Nomos di Norman Foster per Tecno

A metà maggio, alla Triennale di Milano inaugura una grande mostra curata da Norman Foster e dal nipote di Borsani, Tommaso. Perché Foster?
La scelta è stata molto organica e spontanea: è stato lui a disegnare l’ultimo prodotto prima della scomparsa di Osvaldo, il sistema Nomos, e ha sempre avuto grande relazione e affinità con la famiglia. La mostra è anche l’occasione di mostrare una parte del bellissimo archivio – dove tutto è catalogato in modo sistematico e scrupoloso. Il materiale è tantissimo: foto, disegni, acquarelli. È un po’ come trovare un tesoro: vuoi farlo conoscere a tutti perché tutti ne possano godere.

Alla Triennale vedremo 300 oggetti: quali sono i tre che raccontano in sintesi la storia di Borsani?
Le sue collaborazioni con l’artista Adriano Spilimbergo, come un armadio in mogano con pergamena dipinta in rilievo.
E poi, solo dieci anni dopo (nel 1953), la sedia P40, una vera icona di design industriale con la sua struttura a vista e i componenti articolati.
Infine, il sistema Graphis (del 1968): è un passo radicale nell’arredo da ufficio – tutto bianco!

Qual è l’eredità di Borsani?
C’è talmente tanto valore e talmente tanti messaggi: uno, di sicuro, è l’attenzione alla qualità, ma sempre in relazione alla necessità. Tutto deve avere un senso e una ragione.

Titolo mostra:
Villa Borsani. Casa Libera!
Date di apertura:
16–20 aprile 2018
Curatrice:
Ambra Medda
Sede:
Villa Borsani
Indirizzo:
via Umberto I 148, Varedo

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