Fordlandia, l’utopia costruita da Henry Ford in Brasile (oggi in rovina)

Il 16 giugno 1903, Henry Ford fondò l’iconica casa automobilistica. Meno nota è la città utopica che l’uomo d’affari costruì in Amazzonia nel 1928. Date un’occhiata al portfolio di Dan Dubowitz, dall’archivio di Domus.

Villa per un dirigente americano. Le ville per i più importanti manager americani e per le loro famiglie erano costruite su un’altura, lungo un viale bordato da alberi di mango

La torre dell’acqua. Quando fu costruita, era la struttura più alta dell’Amazzonia. Il marchio Ford è scomparso, ma il manufatto resta il simbolo dell’industrializzazione

Gli avvoltoi. Il capannone della segheria, in cui venivano lavorate le piante di legno duro. Le colline circostanti, spogliate di tutta la vegetazione dai colonizzatori, vennero poi densamente piantumate con giovani alberi della gomma. Quando il sole al crepuscolo dirada la foschia, compare uno stormo di avvoltoi appollaiati sul tetto dell’edificio abbandonato

Un bambino addormentato in un’amaca

La mensa. Nell’edificio si servivano i pasti a dirigenti e operai. Qui scoppiarono le prime rivolte. Oggi è la residenza dell’ex sindaco

L’ospedale. Per i dipendenti e le loro famiglie l’assistenza sanitaria era gratuita. Un documentario di Walt Disney degli anni Quaranta, girato in questa struttura, sottolinea il candore della pulizia offerta dalla modernità nordamericana. Oggi l’ospedale è in gran parte invaso dalla foresta

La cabina di pompaggio rifornica la torre dell’acqua ed era un’importante risorsa in difesa della città e della piantagione. Per le strade ancora si trovano degli idranti rossi della Michigan Valve & Foundry Company di Detroit

Il cimitero. Pietre tombali prefabbricate vennero portate dal Michigan per i lavoratori brasiliani che sarebbero morti nella piantagione. I defunti americani venivano rimpatriati in bare metalliche di tipo militare

Le abitazioni dei dirigenti brasiliani

16 giugno 1903: Henry Ford fondò la famosa casa automobilistica che ancora oggi porta il suo nome a Dearborn, nel Michigan. Venticinque anni più tardi, l’industriale statunitense volle dare una forma costruita alla sua visione urbana: raccontiamo la storia di Fordlandia attraverso un saggio fotografico di Dan Dubowitz dall’archivio di Domus.

Questo articolo è stato pubblicato in origine su Domus 965, gennaio 2013.

Questo lavoro di Dan Dubowitz, primo tassello di un progetto dal titolo Megalomania, riporta all’attualità un’interessante vicenda della storia americana del XX secolo. Negli anni Venti del Novecento, Henry Ford si propose di realizzare un’ambiziosa serie di nuove città nell’America settentrionale. Quando il Congresso lo bloccò, per soddisfare le proprie ambizioni si rivolse all’estero: nel 1928 iniziò a costruire un nuovo insediamento annesso a una piantagione di gomma nel profondo della Foresta amazzonica.
L’“opera di civilizzazione” di Ford mirava a industrializzare la selva e a sottometterla al proprio volere. La forza lavoro locale sarebbe stata modellata sui principi del fordismo delle fabbriche statunitensi. Ford rinunciò al sapere dei nativi e ignorò il consiglio dei suoi stessi agronomi, secondo i quali nelle piantagioni brasiliane la gomma non sarebbe mai cresciuta. Per la realizzazione del suo piano, ordinò di distruggere una porzione di foresta vergine equivalente alla superficie di uno Stato americano di medie dimensioni. Piantagione e città furono un completo fallimento da un punto di vista economico e sociale. La gomma non venne mai prodotta in quantità commerciali e il centro abitato fu abbandonato da Ford nel 1944.
Oggi Fordlandia sta lentamente tornando alla vita: le abitazioni sono disponibili gratuitamente, e la scuola è di nuovo affollata. Il campo da golf è però scomparso, e l’ospedale d’avanguardia è stato inghiottito dalla foresta pluviale. Fordlandia è la prima di una serie di sette realizzazioni, attraverso le quali Dubowitz si propone di analizzare la psicologia e l’architettura della megalomania.

Dan Dubowitz, architetto di formazione, è attivo come urbanista e artista. Direttore dello studio d’architettura Civic Works, è l’urbanista culturale della rigenerazione di una parte della South Bank di Londra. Il suo lavoro artistico comprende opere a scala urbana, come i  Peeps di Manchester, e progetti fotografici a lungo termine.

Villa per un dirigente americano. Le ville per i più importanti manager americani e per le loro famiglie erano costruite su un’altura, lungo un viale bordato da alberi di mango

La torre dell’acqua. Quando fu costruita, era la struttura più alta dell’Amazzonia. Il marchio Ford è scomparso, ma il manufatto resta il simbolo dell’industrializzazione

Gli avvoltoi. Il capannone della segheria, in cui venivano lavorate le piante di legno duro. Le colline circostanti, spogliate di tutta la vegetazione dai colonizzatori, vennero poi densamente piantumate con giovani alberi della gomma. Quando il sole al crepuscolo dirada la foschia, compare uno stormo di avvoltoi appollaiati sul tetto dell’edificio abbandonato

Un bambino addormentato in un’amaca

La mensa. Nell’edificio si servivano i pasti a dirigenti e operai. Qui scoppiarono le prime rivolte. Oggi è la residenza dell’ex sindaco

L’ospedale. Per i dipendenti e le loro famiglie l’assistenza sanitaria era gratuita. Un documentario di Walt Disney degli anni Quaranta, girato in questa struttura, sottolinea il candore della pulizia offerta dalla modernità nordamericana. Oggi l’ospedale è in gran parte invaso dalla foresta

La cabina di pompaggio rifornica la torre dell’acqua ed era un’importante risorsa in difesa della città e della piantagione. Per le strade ancora si trovano degli idranti rossi della Michigan Valve & Foundry Company di Detroit

Il cimitero. Pietre tombali prefabbricate vennero portate dal Michigan per i lavoratori brasiliani che sarebbero morti nella piantagione. I defunti americani venivano rimpatriati in bare metalliche di tipo militare

Le abitazioni dei dirigenti brasiliani