Il domani di Chen Zhen non è il nostro oggi

Le installazioni di Chen Zhen per Short-circuits all’Hangar Bicocca raccontano il mondo che abbiamo vissuto fino al 2000: che poi ha preso velocità, mentre noi siamo rimasti indietro.

Partiamo da questo: andateci. Short-circuits, le oltre venti installazioni di Chen Zhen (1955-2000) all’Hangar Bicocca in mostra dal 15 ottobre al 21 febbraio 2021 sono un’occasione che non capita spesso, ma per cosa? Certo, per lasciarsi sedurre da uno dei primi artisti che hanno fuso la sensibilità – e la spiritualità – orientale con l’occidente dei consumi goderecci e secolarizzati, o quantomeno, che lo hanno fatto e sono arrivati al pubblico mainstream. Certo, al mainstream dell’arte, comunque una nicchia, ma arrivandoci, e arrivandoci più in Francia che in Italia e più in Europa continentale che altrove. In Francia per dei buoni motivi: era lì che Chen Zhen aveva trovato una seconda patria non più giovanissimo, trasferendosi a Parigi nel 1986. Aveva 31 anni e fretta, forse, visto che da quando ne aveva 25 sapeva di avere una rara e grave forma di anemia. La sua reazione quando seppe della malattia del sangue che lo avrebbe accompagnato per sempre fu di ritirarsi per tre mesi in un monastero: passati novanta giorni salutò monaci e preghiere per ricominciare a stare nel mondo. Dal 1989 in poi lo Chen Zhen parigino abbandona poi la pittura per passare alle installazioni che realizzerà fino alla morte, nel 2000, e sono proprio quelle esposte all’Hangar Bicocca.

Chen Zhen, Short-circuits, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2020. Foto Gabriele Ferraresi

In poco più di un decennio d’attività Chen Zhen crea così piacere per gli occhi – e anche per il tatto, in qualche caso – ma soprattutto piacere per il pensiero. Certo, serve pensare. E come il cibo deve essere buono da pensare, prima ancora che da mangiare, così Chen Zhen lavora sui temi della globalizzazione e del consumismo e sul “superamento dell’egemonia dei valori occidentali e l’incontro tra differenti culture” offrendo spunti che oggi ci sembrano quasi naïf, ma al tempo non lo erano. Al tempo tutto questo era buono da pensare. Un esempio? Partendo dalla fine del percorso espositivo troviamo quella che indiscutibilmente è l’opera più instagrammabile di Short-circuits, e che spesso vedremo nel feed della app nei prossimi mesi: per scrivere una didascalia adeguata, ricordatene il titolo, Jardin - Lavoir, risale al 2000.

Jardin - Lavoir sono una serie di strutture letto, svuotate dal materasso, e riempite con i feticci del consumo, dell’industrializzazione – e dell’acculturazione, certo – quindi del progresso. Su questi scarti Chen Zhen fa piovere un gocciolio continuo d’acqua, fino a sommergerli del tutto. Restano così televisori, libri, computer, cerchioni di automobile, elettrodomestici sommersi a pelo d’acqua e in qualche caso ricoperti d’alghe. Un po’ didascalico oggi? Forse. Ma è un’opera che ha vent’anni. E se certe opere di Chen Zhen oggi ci sembrano un po’ didascaliche – gli scarti sommersi del consumo, su cui poi dormiamo... – non è perché Chen Zhen è invecchiato male, ma perché noi dal 2000 in poi siamo andati troppo veloci. Ma il tempo non si era fermato? La fine della storia, l'eterno presente, così via? Forse erano sciocchezze, o come sempre, dipende dal contesto: dal dove più che dal quando. In quel dove eravamo noi, ed era, è e sarà Chen Zhen.

Titolo esposizione:
Short-circuits
A cura di:
Vicente Todolí
Date di apertura:
15 Ottobre 2020 - 21 Febbraio 2021
Sede:
Pirelli HangarBicocca, Via Chiese 2, 20126, Milano

Tutte le foto sono di Gabriele Ferraresi.

Ultimi articoli di Arte

Altri articoli di Domus

Leggi tutto
China Germany India Mexico, Central America and Caribbean Sri Lanka Korea icon-camera close icon-comments icon-down-sm icon-download icon-facebook icon-heart icon-heart icon-next-sm icon-next icon-pinterest icon-play icon-plus icon-prev-sm icon-prev Search icon-twitter icon-views icon-instagram