La prigionia

Da Goya a Burne-Jones, la storia dell’arte ha raccontato la sofferenza di chi è prigioniero, in cella o in catene: immagini che riportano alla vicenda di grande attualità di Ilaria Salis.

Ilaria Salis, attivista italiana, è in carcere a Budapest da circa undici mesi. Insegnante di scuola elementare, la Salis è accusata di lesioni aggravate nei confronti di alcuni manifestanti dell’estrema destra ungherese. Incriminata in prima istanza di altri due reati, ma poi scagionata poiché non era ancora arrivata in Ungheria quando i fatti sono stati commessi. La Salis non è stata arrestata in flagranza, ma fermata alcune ore dopo quando era su un taxi con altre due persone.

Le viene contestata l’aggravante di aver agito come parte di un’associazione a delinquere tedesca, ovvero l’Hammerband. Nessuno ha mai sporto denuncia sull’aggressione e le ferite delle persone coinvolte erano lievi.

Il grado di civilizzazione di una società si misura dalle sue prigioni.

Fëdor Dostoevskij

Dunque perché l’arresto? Il 29 gennaio, durante l’udienza, Ilaria Salis è entrata in aula ammanettata mani e piedi, con lucchetti e cinghie in pelle, detenuta in carcere in condizioni igieniche inadeguate e senza alcun rispetto per i diritti umani.

Immagini scioccati, forti, assurde, lontane. 

Francisco Goya, I prigionieri in catene, 1818 - 1820

La narrazione del maestro spagnolo nel corso degli anni, soprattutto a causa delle vicissitudini storiche, si sposta sempre più verso episodi di guerra, riproducendo soggetti da un punto di vista più documentaristico, interessandosi meno alla raffinatezza delle figure e puntando più sulla tematica di denuncia sociale. I prigionieri diventano per lui estremamente interessanti e ne racconta di diversi.

Edward Burne-Jones, maestro inglese, preraffaellita, racconta invece la Speranza in prigione. Una donna nuda, altissima, robusta, forte. Nella mano destra tiene un ramo di fiori di pesco, simbolo della vita, dell’amore per la vita, simbolo di longevità. La mano sinistra scompare in un velo, una macchia bianca che pare liberare la donna. Il volto è serio, per nulla preoccupato, un’espressione sicura. La donna è ritratta al centro esatto della cella e dietro di lei una piccola finestra con sbarre. Le mura incorniciano la scena in cui si muove la speranza.

Scriveva Fëdor Dostoevskij: “Il grado di civilizzazione di una società si misura dalle sue prigioni” e forse qualche paese è rimasto indietro.

Edward Burne-Jones, Speranza in prigione, 1872

Immagine di apertura: Francisco Goya, Prigioniero incatenato, 1806 - 1812

Ultimi articoli di Arte

Altri articoli di Domus

Leggi tutto
China Germany India Mexico, Central America and Caribbean Sri Lanka Korea icon-camera close icon-comments icon-down-sm icon-download icon-facebook icon-heart icon-heart icon-next-sm icon-next icon-pinterest icon-play icon-plus icon-prev-sm icon-prev Search icon-twitter icon-views icon-instagram