Genova. Riapre Villa Croce con una riflessione sull’arte della longevità

La prima mostra curata dal neodirettore Carlo Antonelli con Anna Daneri inaugura un nuovo corso per il museo, incentrato sul territorio e sul suo rilancio.

Renata Boero, Cromogramma, 1965, colori naturali su tela marina. Courtesy dell'artista

“Vita, Morte, Miracoli. L’arte della Longevità”: il titolo di questa mostra al Museo di Villa Croce di Genova, la prima sotto la direzione di Carlo Antonelli e la curatela di Anna Daneri, è baldo, temerario, seppur sulla locandina prenda un che di tremulo, per via di un artificio del graphic designer, che sdoppia le lettere e ce lo fa leggere come fossimo affetti da diplopia da cataratta.

All’ingresso, una voce femminile ci parla con la forza di persuasione di un venditore di polizze assicurative: “A Genova, città del futuro, il mondo del 2040 è già qui. Tra gli 80 e i 100 anni di età, fantasia e memoria diventano gioia trasparente dell’essere al mondo. Forse per sempre? Silverland: Live, Forever, Now”.

Il movimento della mostra è tutto in questa direzione (gli artisti qui hanno superato di parecchio la cosiddetta età pensionabile): partendo dal dato che vorrebbe Genova fra le città con più anziani al mondo, per il clima certo, ma anche per una bassissima natalità, se ne fa un avamposto di osservazione sul futuro. È l’idea che una piccola stranezza locale possa diventare luogo comune, con tutto il pathos illusorio allegato. Carlo Antonelli fa da agente provocatore, gira la Liguria, terra anchilosata che soffre di una circolazione lenta, più in lungo che in largo, per ascoltare chi di mestiere osserva i motori produttivi dell’evoluzione umana: gerontoiatri, neuro scienziati, designer; con loro parla, registratore alla mano, d’ingegneria genetica, cellule staminali, esoscheletri. (Mentre mi conduceva in auto al museo, Anna Daneri mi diceva proprio come la “rivascolarizzazione del territorio” informerà di sé tutto il programma espositivo di Villa Croce, un approccio sineddottico-feticista che vedrà la finanza prossima materia di analisi).

Dunque, la vita che si allunga come un elastico, le sette età dell’uomo di Shakespeare definitivamente sorpassate. O così vorrebbe far credere la messinscena sexy dell’adescamento Biotech, perché visitando la mostra, pare di avvertire, in verità, uno squilibrio permanente fra l’uomo-macchina sempiterno e l’uomo tutto stampelle che va in deliquescenza (del resto, l’antico protettore della tecnologia era uno sciancato dio Efesto). Ed è per questo che la formula di Antonelli-Daneri è di grandezza. In questa visione votata al domani, gela vedere, per esempio, specie dopo il selz di effervescenza servito all’ingresso (che si scopre essere opera di Marco Bruzzone), fra fruste coperte da campo di lana marrone, la fotografia, riprodotta enorme a parete, della Loggia dei Banchi di Genova distrutta dalle bombe. Un’immagine dolorosa, di carne e sangue. “Il ricordo della guerra accomuna tutti gli artisti”, mi dice Antonio, che a Villa Croce cura gli allestimenti e che ora sta piegato sulle ginocchia a bruciare, proprio accanto alla foto, un bastoncino di mirra (ne cerco le proprietà su Internet, leggo che è un buon curativo per il piede diabetico e che un tempo si adoperava per la conservazione delle mummie).

Lo spazio espositivo non è addomesticato (in modo confacente ai gusti del contemporaneo, il grande cubo bianco), ma umettato, erotizzato (pure, scancellato con gomme Pelikan da Nuvola Ravera, artista, come Bruzzone, di leva più recente). Le lancette girano a vuoto nel video di Dupuy padre (Jean) e figlio. La voce di Lisetta Carmi (alle pareti le sue foto di Ezra Pound a Rapallo e dei viaggi in Messico e Venezuela) riecheggia cristallina: “La morte è di vitale importanza”, assicura. Franco Mazzucchelli trasforma una stanza in un budello sfilacciato di plastica bianca. Anna Oberto porta un video d’epoca girato per la liberazione di Pound ed espone i cimeli di una sua azione del 1980. Renata Boero disseppellisce una tela scarnita dai batteri ed eccita le narici con l’odore acre della curcuma. Corrado Levi ricopre i muri di appunti lubrici, snodi di una geografia privata ricalcata sul profilo del golfo di La Spezia: “il pene di Olmo a Vergasso”, “le feci di Pancrazio a Porcale” (il corpo erotico, come si legge in Sade, non è mai tutto intero). Elisa Montessori sbozza specie di ventri su bobine di carta macchiate di rosso. Rodolfo Vitone ci forza in una serra di rose dal gambo altissimo, dipinte su bende di pizzo (già coltivate nel 1985 fra le mura dell’Ospedale Psichiatrico di Quarto).

È questa la radiografia di una mostra certo più complessa che ha il grande merito di rompere con la fascinazione puramente visiva per ricorrere allo sguardo (e all’ascolto) critico dello spettatore. Le centinaia di ore d’interviste registrate da Carlo Antonelli e Paola Mordiglia presuppongono un’impresa (ascoltarle tutte) davvero abissalmente lontana dall’esperienza umana. Vengono somministrate in forma di pillole, su grandi pannelli a LED da farmacia, o per intero per via di cuffie appese a contenitori per feci sterili, sulle scale, dove ci sono le coperte (ci si accomoda come chi sta a letto e viene alimentato con la fleboclisi). Ci dicono che “Il viagra è una grande invenzione”, ma anche che “in Liguria il 17% degli anziani è alcolizzato” e che “il 20% vive solo”. Una volta estesa la morte a distanze fantastiche, occorrerà forse anche attrezzarsi per viverne le conseguenze.

Titolo mostra:
Vita, Morte, Miracoli. L'arte della Longevità
Date di apertura:
22 febbraio – 1 maggio 2018
Sede:
museo arte contemporanea Villa Croce
Indirizzo:
via Jacopo Ruffini 3, Genova
Curatori:
Carlo Antonelli, Anna Daneri

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