A dance with Fred Astaire. L'incredibile vita di Jonas Mekas

Nella sua autobiografia, l'artista e cineasta lituano Jonas Mekas ci accompagna con affilata ironia nei momenti di una vita intera. A cominciare da quella volta che Yoko Ono gli chiese di ballare con Fred Astaire.

Jonas Mekas, A dance with Fred Astaire

Nato in Lituania nel 1922 e arrivato a New York nel 1944 dopo innumerevoli peripezie che ha spesso raccontato nei suoi film, nelle sue mostre e anche nel suo recente e ammirevole libro I Had Nowhere to Go, Jonas Mekas è un lirico contemporaneo che sulle tracce dei trobadour continua a lanciarsi nelle pieghe del tempo e nell’intimità degli spazi più nascosti non rinunciando a cantare quel che vi accade.

Quando gli è stato chiesto di riassumere in poche parole quel che ha cercato di fare nella sua vita, come ogni cattivo ragazzo e buon artista della sua generazione ha sempre risposto di non averne la minima idea. Non ha mai nascosto però che quel che gli piace di più nella sua lunga esistenza è fare. E ha sempre ammesso d’essersi sentito soddisfatto d’una cosa: d’essersi aperto delle possibilità.

È a questo che ha lavorato per tutta la vita Jonas Mekas, fondatore della Filmmakers cooperative, prima esperienza di cooperativa di produzione per il cinema indipendente al mondo, cofondatore dell’Anthology Film Archives e cineasta. Ed è con questo spirito che si è occupato del suo ultimo libro: A Dance with Fred Astaire, che prende il titolo da una conversazione con Yoko Ono e ci accompagna nelle connessioni, negli incontri, negli eventi, nelle situazioni, nei momenti di una vita intera. Se in letteratura lo scrittore francese Roger Laporte – a suo modo un mistico – aveva stabilito che “biografia” potesse essere una parola adatta per designare una vita della scrittura, una vita sempre in fase di sviluppo per lo scrittore nel suo rapportarsi allo scrivere, Mekas che è un altro tipo di mistico, più popolare, avendo lavorato per tutta la vita con luce e oscurità si affretta a dire che ci sono ben poche cose personali nei suoi libri e nei suoi film, quantunque all’inizio possa sembrare il contrario, ma che ogni sua opera racconta la vita del mondo.

Così adesso, dando alle stampe A dance with Fred Astaire invita piuttosto a pensare a tutto quel che un libro come questo racconta, consegnando al lettore una registrazione pubblica della vita di un’epoca: il riflesso, il ricordo, la memoria (una parola-chiave nel suo cinema) di una traiettoria di vita serve a illuminare un altro vivere. Si potrebbe convocare tanto la nozione mallarmeana di circostanza che quella joyciana di aneddoto, ma – perché no – anche quella veneziana di “ombra” all’osteria.

C’è una sensibilità particolare, infatti, nei libri di Mekas, diversa da quella dei suoi film, più vicina alle sue opere sonore, troppo poco conosciute, e con la quale gli riesce naturale lasciarsi andare ai tanti incontri fortuiti e alle loro ramificazioni. Il libro A Dance with Fred Astaire in questo senso ha un suono particolare. Quando Yoko Ono decide di convincere Mekas a partecipare al suo film Imagine, lo fa avvisandolo del fatto che, se accetterà, gli toccherà ballare “niente di meno che” con Fred Astaire, il più grande ballerino della storia del cinema. Ovviamente, Mekas accetta. E quando l’amico Ken Jacobs scopre il film alla TV, non può mancare di trovare Mekas impressionante quasi quanto Fred Astaire, se non di più.

Aprire il proprio archivio in questo libro, pubblicato per le Anthology Editions, riuscire a raccontare con così grande generosità New York, la città che lo aveva accolto, testimonia ancora una volta la generosità di un autore che con un’affilata ironia capovolge le situazioni più attese e fa del proprio ego un grimaldello povero, ma raffinato; senza grande importanza, ma tuttavia utile, offerto al lettore per andare alla scoperta del mondo.

Eccoci con Mekas a una proiezione privata in compagnia dell’attore Al Pacino che il regista lituano non riconosce minimamente in quel momento, ma al quale vanta le qualità di un Al Pacino straordinario sullo schermo; eccoci negli Stati Uniti con il cinema di Roberto Rossellini a risvegliare i cuori dei giovani filmmaker americani; eccoci al cuore di discussioni e incontri in cui si manifesta la necessità di riacquistare il senso del filmare il reale.

Jonas Mekas. Photo Jacques Kasbi
Jonas Mekas. Photo Jacques Kasbi

In un montaggio sapiente in cui si mescolano testi, pagine, collage, cartoline, telegrammi, critiche e ritagli di giornale, Mekas dà vita a una descrizione della New York che ha sempre amato. La descrive come un’atipica forma d’assemblea nella quale la comunità prende coscienza dei propri desideri. È un modo, anche, per riflettere sul ruolo che un cittadino può ancora avere, diventato spettatore del mondo, dall’interno di un Paese contraddittorio e particolare quanto gli Stati Uniti. Possiamo ancora renderci conto delle nostre energie? È questa la magnifica ossessione di Jonas.

Tutto accade tra gli eventi, come tra le pagine per il lettore come tra i fotogrammi al cinema per il suo spettatore ideale. Impossibile dire su cosa Mekas fondi il proprio metodo di montaggio, ma le figure che ruotano intorno a lui, le più private come le più note – citeremo per esempio Jean Renoir, Robert Frank, Henri Langlois, Allen Ginsberg, che appaiono all’improvviso nelle pagine del libro – contribuiscono a darci l’idea di un universo in cui con un ammirevole accordo tra luci e ombre il mondo si fa giardino. Jonas Mekas ne protegge la vita. Amando senza voler controllare, l’uomo Mekas si fa interprete in modo unico di un incontro con il mondo. Pas de deux, minuetti, assoli scatenati o balli di gruppo con Mekas ridiventano danze della strada, e lo sguardo con cui vengono riunite le costellazioni di una vita è lì a ricordarci che il movimento del filmmaker con la sua cinepresa è quanto di più simile a quello del lettore alle prese con le pagine di un libro. Ed entrambi sono una danza.

Titolo libro:
A Dance with Fred Astaire
Autore:
Jonas Mekas
Casa editrice:
Anthology Editions
Pagine:
464
Prezzo:
55 $
Anno:
2017

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