Skulptur Projekte 2017

Grazie alla sua cadenza decennale, “Skulptur Projekte”, mostra dedicata alla scultura nello spazio pubblico, è una cartina di tornasole per uno studio delle relazioni tra arte e dinamiche urbane.

John Knight, A Work in Situ. © Skulptur Projekte 2017. Photo Henning Rogge
Da quarant’anni, una volta per decennio, il pubblico dell’arte si dirige verso Münster: una delle città con il più alto tenore di vita in Germania, con una media di due biciclette per abitante e il 70% del territorio urbano destinato al verde pubblico, magnificamente curato. L’occasione è “Skulptur Projekte”: una mostra di arte contemporanea dedicata alla scultura nello spazio pubblico.
Nicole Eisenman, Sketch for a fountain. © Skulptur Projekte 2017
Nicole Eisenman, Sketch for a fountain. © Skulptur Projekte 2017
La cadenza decennale conferisce alla rassegna una grande autorevolezza e il carattere di un rituale. Consente inoltre una preparazione meticolosa, rigorosamente site-specific, delle nuove opere, con grande rilievo attribuito sia alla fase di concezione, sia alla realizzazione. Tra l’altro tutta la produzione avviene nella città stessa e nei suoi dintorni. Questa temporalità dilatata costituisce anche una prova per le opere, che hanno la possibilità di sedimentare prima di essere eventualmente acquisite, direttamente dalla città o tramite privati che poi le donano alla collettività. Delle passate edizioni sinora sono rimaste a Münster 36 sculture, di artisti come Lothar Baumgarten, Rebecca Horn Bruce Nauman, Claes Oldenburg, Donald Judd, Rosemarie Trockel.
Thomas Schütte, Kirschensäule, 1987. © Skulptur Projekte 2017
Thomas Schütte, Kirschensäule, 1987. © Skulptur Projekte 2017
“Skulptur Projekte” è quindi anche una cartina di tornasole per uno studio a lungo termine delle relazioni tra arte e dinamiche urbane; in tal senso una pubblicazione sulla storia della rassegna, prevista per il 2019, contribuirà sia a ripercorrere questi 50 anni di scultura in occidente, sia, più in generale, a fare il punto sulla questione della scultura, sulle sue trasformazioni e sui suoi cambi di paradigma.
Dunque, ogni 10 anni la città si attiva e appassionati da tutto il mondo vi convergono. Ma i primi estimatori della rassegna sono i cittadini stessi. Un risultato non da poco, se si pensa che “Skulptur Projekte” nacque proprio per via della profonda incomprensione della città rispetto alla scultura moderna. Fu infatti il rifiuto di un’opera di Moore negli anni Sessanta e di una scultura cinetica di George Rickey a metà del decennio successivo a convincere Klaus Bussmann, direttore del Westfälischen Landesmuseum di Münster, e il curatore Kasper König della necessità di aprire un confronto sul campo su cosa fosse la scultura e su quali potenzialità l’arte potesse avere quando collocata all’esterno. I due invitarono così Carl Andre, Michael Asher, Joseph Beuys, Donald Judd, Richard Long, Bruce Nauman, C. Oldenburg, Ulrich Rückriem e Richard Serra a progettare opere da esterno.

 

La prima edizione di “Skulptur Projekte”, nel 1977, fu accompagnata da polemiche, e lo stesso avvenne per l’avvio della seconda, nel 1987. Ma a partire dal 1997 la cittadinanza nel suo complesso si appropriò della rassegna e oggi si può dire che vi si riconosca ampiamente. Mentre le opere più monumentali segnano il territorio, altre restano nella memoria collettiva. In questo senso il progetto ha senz’altro raggiunto il suo fine, generando curiosità, conoscenza, consapevolezza e orgoglio.

Ora, finanziato dalla città di Münster, dalla Regione e da diversi enti e realtà private, “Skulptur Projekte” è dunque giunto alla quinta edizione. Curato da Kasper König insieme a Britta Peters, curatrice indipendente di Amburgo, e Marianne Wagner, curatrice d’arte contemporanea del LWL-Museum für Kunst und Kultur, ha messo in campo 35 nuovi progetti: sculture in senso stretto, ma anche installazioni e performance che s’integrano con il contesto. Oggi, del resto, è impensabile di poter limitare la nozione di scultura all’interno dei suoi canoni tradizionali; e d’altra parte girando per la cittadina si ha l’impressione che le opere più riuscite non siano quelle più iconiche in sé, ma quelle più legate a specifiche situazioni architettoniche e socio-ambientali. Il successo delle opere, permanenti o effimere che siano, dipende insomma dalla loro capacità di innestarsi profondamente sul contesto, tenendo conto delle sue caratteristiche profonde.

È un esempio dell’espansione della scultura l’opera HellYeahWeFuckDie di Hito Steyerl: una serie di video più alcune strutture destinate ad accoglierli; il tutto incentrato intorno a una riflessione sulla robotica e più in generale sull’era digitale, nonché sull’impatto della tecnologia rispetto alla vita umana come oggi si è andata configurando. L’opera è collocata all’interno dell’ineccepibile hall d’ingresso della sede bancaria di LBS West.

 

Limitrofo nella tematica, ma molto diverso nello sviluppo, è il lavoro di Aram Bartholl che si pone la questione fondamentale dei nostri giorni: il nostro modo di vivere ha generato un’assoluta dipendenza dalla tecnologia, il cui funzionamento a sua volta dipende dalle fonti di energia. Come negoziare gli effetti di questa dipendenza? Le sue tre installazioni per Münster sono basate su una serie di dispositivi termoelettrici che trasformano il fuoco, fonte di vita e strumento di comunicazione primario, direttamente in energia elettrica, offrendo anche occasioni di aggregazione; come nel caso di un falò intorno al quale ci si può riunire per ricaricare il telefono cellulare, ma anche per ritrovarsi e conversare. Le sue opere sono un memento, ma stimolano anche la riflessione e indicano nuovi possibili inizi.

Pierre Huyghe, After Alife Ahead. © Skulptur Projekte 2017. Photo Ola Rindal
Pierre Huyghe, After Alife Ahead. © Skulptur Projekte 2017. Photo Ola Rindal
Anche Pierre Huyghe si muove tra passato e futuro con un’impegnativa installazione in un ex palazzetto del ghiaccio. Il pavimento scoperchiato è diventato un paesaggio con vallate e isole; pozze d’acqua diventano ecosistemi per microorganismi vegetali e animali. Alveari dicono una vita in corso e animali che non ci si aspetterebbe di vedere, come alcuni pavoni, circolano liberamente; il naturale e l’artificiale si sono fusi e ed è difficile dire se siamo in un passato primordiale o in un futuro post-apocalittico.
Sorprende, per la giustezza della situazione in cui si inserisce e per la forza dell’esperienza sensoriale che offre, l’opera di Mika Rottenberg: all’interno di un minimarket orientale dismesso, la cui presenza già di per sé stride enormemente rispetto al quartiere residenziale in cui si trova, l’artista proietta un film surreale, le cui scene si svolgono in un tunnel sotterraneo che collegherebbe il Messico agli Stati Uniti. Tutto, in questa situazione, è paradossale; a partire dall’insegna luminosa iper-kitsch che segnala il negozio all’esterno, all’ambiente interno disseminato di resti di merci improbabili, fino alla pararealtà rappresentata nel film, i cui protagonisti sono il lavoro, i processi di produzione e il corpo di individui sfruttati e frustrati.
Mika Rottenberg, Cosmic Generator (working title). © Skulptur Projekte 2017
Mika Rottenberg, Cosmic Generator (working title). © Skulptur Projekte 2017
Su un piano diverso agisce Ayse Erkmen, che è intervenuta sulla struttura stessa della città: l’artista ha infatti creato una passerella che corre sotto il filo dell’acqua unendo le due sponde di un canale nell’area portuale: l’una sviluppata e animata dalla presenza di bar e ristoranti frequentati, l’altra meno. La passerella è sommersa, e a guardare i passati, si ha l’impressione che camminino sull’acqua.
Lara Favaretto, Momentary Monument – The Stone. © Skulptur Projekte 2017
Lara Favaretto, Momentary Monument – The Stone. © Skulptur Projekte 2017

Lara Favaretto affronta direttamente la questione della permanenza dell’opera realizzando con i suoi Momentary Monuments: opere consistenti in sculture a forma di parallelepipedi, dotate di fessure attraverso le quali è possibile inserire monete. I monoliti-salvadanai sono destinati ad essere distrutti, e il loro contenuto di monete ad essere riutilizzato per scopi benefici diversi. È classica nell’impostazione, ma è dirompente nel significato, la bella fontana di Nicole Eisenman, sui cui bordi si trovano cinque figure umane più grandi del vero; i loro corpi, felici e a proprio agio, parlano di uno slittamento tra i generi e di un nuovo possibile rapporto con la natura.

Ma tra le opere riuscite c’è senz’altro anche Speak to the Earth and It Will Tell You di Jeremy Deller; che, muovendosi come un socio-antropologo, dieci anni fa ha chiesto ad alcuni cittadini detentori di orti urbani di tenere un diario; e oggi espone la collezione di trentatré grandi quaderni verdi, consultabili, nella rimessa di uno di questi orti. Sfogliandoli si ha un’impressione di grande prossimità rispetto a vite che non sono le nostre ma che, scorrendoci sotto gli occhi, si mostrano generosamente.

Certo, potrebbe parere che questo genere di riflessioni abbia presa più facile in un luogo rassicurante come Münster. Forse per questo è interessante la cooperazione avviata da “Skulptur Projekte” con una città non lontana geograficamente, ma segnata da un destino assai diverso: Marl, agglomerato di origine industriale, fiorente negli anni Cinquanta e Sessanta – i decenni del miracolo economico tedesco, che investì soprattutto aree come la Ruhr – ma oggi drammaticamente spopolata e al di fuori da qualsiasi rotta culturale e turistica.
La cittadina è sede di alcuni straordinari esempi di architettura modernista del Dopoguerra, come l’edificio del Comune nonché sede del museo di arte contemporanea, di Johannes von den Broek e Jakob Bakema, e la magnifica scuola brutalista di Marschall, salvata all’ultimo momento dalla demolizione, ma tuttora in stato di abbandono. Uno scambio di opere tra le due città e la mostra tematica The Hot Wire, che presenta esempi di scultura moderna e contemporanea e i modelli di molte delle principali opere realizzate negli anni a Münster, è l’occasione per conoscere la cittadina stessa e il suo museo che, un tempo fiorente e ancora oggi depositario di opere importanti, ispirò Kasper König nell’elaborazione di “Skulptur Projekte”.
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