






Friedman non si è mai considerato un artista, anche se il suo approccio coincide con l’orientamento dell’arte relazionale in cui il coinvolgimento tra gli spettatori, gli artisti e gli oggetti che producono è totale, spingendosi – talvolta – al ribaltamento dei ruoli. La presenza del teorico delle Utopie realizzabili in questa nuova edizione di “Dream City” appare quindi emblematico della volontà di promuovere un dialogo tra uomini, tempi e spazi differenti con l’obiettivo di determinare una risposta positiva alle sfide della contemporaneità.
Che si lavori nella Medina di Tunisi o in un’altra città dell’entroterra tunisino, l’idea di fondo di questa biennale che porta varie discipline artistiche nello spazio pubblico, è che, per aprire la strada verso il futuro, vi sia bisogno del coinvolgimento di artisti che sappiano rendere visibili e leggibili queste realtà complesse agendo attraverso i diversi livelli interpretativi offerti da arti visive, musica, teatro, danza e dall’architettura.