Run like hell

Il nuovo lavoro di Rirkrit Tiravanija, alla Galerie Chantal Crousel a Parigi, si presenta come l’ironico tentativo di costruzione di un mausoleo per l’oramai defunta estetica punk: un inno allo straniamento.

Riirkrit Tiravanija, Run like hell, 2015 detail
Il nuovo lavoro di Rirkrit Tiravanija in mostra a Parigi si presenta come l’ironico tentativo di costruzione di un mausoleo per l’oramai defunta estetica punk: un inno all’effetto di straniamento, vuoi per la purezza del marmo o per il nitore dei sanitari – lavandini e latrine che accolgono il pubblico in galleria.
E ancor più per l’utilizzo di ingredienti come il lardo di Colonnata che volentieri associamo a squisite e antichissime esperienze del gusto.
La versione in scala 1:1, perfettamente funzionante, che si cela dietro l’ingresso principale della sede di Chantal Crousel riproduce la toilette del mitico CBGB di New York, il locale che fu tempio del punk negli anni ‘70 chiuso nel 2006. Chiaro riferimento al processo di gentrificazione che ha investito l’intera area del Lower East Side. Del vero CBGB sopravvive una versione “santino” integrata nella boutique di lusso di John Varvatos che ne ha conservato intatti i muri e una cospicua serie di poster e cimeli.
Rirkrit Tiravanija, Untitled (cul-de-sac), 2015
In apertura: Rirkrit Tiravanija, Run Like Hell, 2015, marble, 36 x 300 x 350 cm., dettaglio. Qui sopra: Untitled (cul-de-sac), 2015, Plywood, wooden beams, urinals, toilet, modulated resin, clear lacquer, 330 x 190 x 490 cm. Exhibition view, Untitled 2015 (run like hell), Galerie Chantal Crousel. Courtesy of the artist and Galerie Chantal Crousel, Paris. © Florian Kleinefenn
Ora questa presenza fantasmatica e il preciso prelievo dal contesto reale sono di natura diversa: si annullano qui le strategie del ready-made. Nella  infinita gamma di sfumature che hanno accompagnato pensieri e fluidi corporali scivolati sulla ceramica bianca del signor Robert Mutt (così Duchamp aveva firmato l’orinatoio capostipite del ready-made nel 1917), il display di Rirkrit Tiravanija costituisce una vera eccezione: l’invito al pubblico a utilizzarla ne oltrepassa addirittura i limiti.
Rirkrit Tiravanija, Untitled (cul-de-sac), 2015
Rirkrit Tiravanija, Untitled (cul-de-sac), 2015, plywood, wooden beams, urinals, toilet, modulated resin, clear lacquer, 330 x 190 x 490 cm. Exhibition view, Untitled 2015 (run like hell), Galerie Chantal Crousel. Courtesy of the artist and Galerie Chantal Crousel, Paris. © Florian Kleinefenn

Farsi una bella pisciata in una delle più quotate gallerie francesi, ha un registro dissacrante e induce a pensare a come si sia evoluto il lavoro di tanti suoi colleghi. Alcuni, come Pierre Huygue, divelgono pietre per costruire sofisticati microambienti sui tetti del Metropolitan Museum di New York altri, come Philippe Parreno, mettono in scena superproduzioni multimediali al Park Avenue Armory. Ma dove è finita dunque l’energia delle origini?

L’impressione, indagando la relazione tra soggetto e oggetto, è che si siano tutti impigliati nelle riflessioni del sociologo inglese Dick Hebdige che una trentina di anni fa mise a nudo la questione del fascino potente e innaturale della sottocultura. Un suo testo sullo stile, costruito appunto sull’analisi dell’estetica punk, fornì una reputazione teorica al movimento. La sterminata produzione teorica e di rilettura dei fenomeni giovanili, dal punk al grunge, imposero la scena delle controculture al livello della cultura alta. Gli artisti cominciarono a nutrire voglie di leggende e biopics, proprio come le rockstar più conosciute, e contribuirono all’estensione del dominio dell’estetica punk. 

Rirkrit Tiravanija, Untitled (run like hell), 2015
Rirkrit Tiravanija, Run Like Hell, 2015, marble, 36 x 300 x 350 cm and Untitled (cul-de-sac), 2015, plywood, wooden beams, urinals, toilet, modulated resin, clear lacquer, 330 x 190 x 490 cm. Exhibition view, Untitled 2015 (run like hell), Galerie Chantal Crousel. Courtesy of the artist and Galerie Chantal Crousel, Paris. © Florian Kleinefenn

Al mondo dell’arte di oggi, Tiravanija mostra questo esercizio semplice del ribaltamento della scena. Rilancia la costruzione di altari e santuari come questo in vero marmo: non più il set tipico della performance hard-core, ma il monumento inconscio alla sua impraticabilità.

Chitarra, basso e batteria sono perfettamente funzionanti e utilizzabili ma il tutto resta muto e in fondo innaturale. È un espianto di materiali dalla scena originaria e Tiravanija cita le metope e i marmi del Partenone proprio come un odierno Lord Elgins.

Rirkrit Tiravanija, Run Like Hell, 2015
Rirkrit Tiravanija, Run Like Hell, 2015, marble, 36 x 300 x 350 cm. Exhibition view, Untitled 2015 (run like hell), Galerie Chantal Crousel. Courtesy of the artist and Galerie Chantal Crousel, Paris. © Marianna Capuano
La mostra misura la fatica e il peso del re-enactement oggi così alla moda. Oramai il Classicimo con la C maiuscola diventa portatile e finanche prêt-à-porter, oltre l’idea di un vintage postmoderno. L’artista, che è conosciuto per la qualità dei suoi pasti serviti alle moltitudini del pubblico dell’arte, e che con i suoi curry e zuppe popolari ha lasciato tracce nelle collezioni pubbliche e private dei musei di tutto il mondo, cerca ora di spingersi più lontano, non vuole somigliare a nessun’altro, tranne nella commerciabilità del reperto. Il suo dolcissimo e profumato lardo di Colonnata sarà un boccone amaro, servito al sistema dell’arte, ma non fermerà l’ossessione di collezionare e commerciare reliquie.
Le sue conche in marmo per lo stagionamento della schiena di maiale sono parallelepipedi minimal disposti sul suolo della galleria, riempite con una materia grassa commestibile che non è la stessa che Beuys utilizzava per smussare gli angoli del moderno. Sommersi dalla retorica sul cibo e l’eco-sostenibile, in questa alchimia di punk e classicismo, non possiamo che pensare al pasto nudo dei cavatori di marmo di Carrara e alla nostalgia del non allineamento.
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