Broodthaers alla Monnaie

Alla Monnaie de Paris, una retrospettiva su Marcel Broodthaers molto precisa nei prestiti straordinari, aggiunge senso, preziosissime note e informazioni sulla sua mitologia personale e sulla sua ricerca.

Marcel Broodthaers, Jardin d'hiver, Monnaie de Paris
Modellata da un delizioso e desueto rumore di proietttori cinematografici e in una perfetta assonanza di materiale e luogo, la mostra di Marcel Broodthaers alla Monnaie de Paris mantiene la promessa baudelaireiana di “un secondo d’eternità”.
Questa restrospettiva, che è nelle intenzioni dei curatori accurata e non esaustiva funziona come i film piú sperimentali dell’artista belga scomparso nel 1976, richiede una contestualizzazione e gode di un vero décor, lo splendido palazzo della Monnaie de Paris. È pensata come una firma autografa postuma, più probabilmente come un autoritratto il più insincero possibile, come l’artista amava spesso definire la sua pratica.
Marcel Broodthaers, Monnaie de Paris, 2015
Marcel Broodthaers, Monnaie de Paris, 2015
Sul modello narcisistico così centrale nella sua beffarda critica al sistema dell’arte – Je me regarde dans un film comme dans un miroir l’idée me suffisait –  ci si muove all’interno di una edizione commentata, molto precisa nei prestiti straordinari da musei e privati, che aggiunge senso, preziosissime note e informazioni alla sua mitologia personale e alla sua ricerca. Dopo essersi impadronito delle aporie della polverosa liturgia museale del XIX secolo, Broodthaers la formalizza in un potente catalogo di confronto diretto con la ricerca concettuale del dopoguerra.
Marcel Broodthaers, <i>Section des Figures</i>, Monnaie de Paris 2015
Marcel Broodthaers, Section des Figures, Monnaie de Paris 2015
Sfida sul loro terreno i grandi protagonisti, da Beuys a Warhol (per il quale piange), e cerca attraverso un imponderabile numero di esposizioni e azioni di liberarsi del problema dell’opera, dell’autenticità, del valore e del soggetto a favore esclusivo di pratiche artistiche coerenti di disvelamento della tautologia artistica. È un poeta e non un filmaker ed è nel testo che prepara e radica il terreno di lavoro con una filosofia che si avvicina all’happening per il quantum di imprevedibile che in una mostra si potrà produrre.
Marcel Broodthaers, Lettres Ouvertes, Monnaie de Paris 2015

J’aimerais controler le sens de la culture. Sforzo immane che lo impegna e si ritrova in qualche passo delle sue Lettres Ouvertes ai colleghi, da David Lamelas a Immendorf, fino alle figure istituzionali – dal Ministro della cultura belga ai senatori della citta di Berlino – in un’atmosfera post-sessantottina dove un pregnante segno politico interroga organizzazione, fruizione e percezione dell’evento artistico. Lui si presenta al Palazzo delle Beaux Arts di Bruxelles con un cammello e inventa musei il cui ingresso è vietato ai bambini.

Il contrario dell’arte da tour operator odierna che qui è post-profeticamente parodiata dal suo Monsieur Teste del 1975, il piccolo automa intento nella lettura dell’Express, davanti a un grande pannello proveniente da un agenzia turistica raffigurante una spiaggia tropicale, le spalle dell’uomo volutamente voltate al panorama.

Marcel Broodthaers, <i>Monsieur Teste</i>, 1975, Monnaie de Paris 2015
Marcel Broodthaers, Monsieur Teste, 1975, Monnaie de Paris 2015
Sul finire degli anni ‘60 era divenuto un maestro per tutti coloro che si cimentavano in pratiche di simulazione. Questo display rispettoso dei lettering scritti a mano, dei materiali poveri e della semplice tecnologia anni ‘70 conferma che esiste un sentimento di profonda consapevolezza che è il motivo per cui il suo lavoro è al centro di un revival, e la sua fama va ampliandosi da un ristretto pubblico di devoti  consumatori di documentazione al piacere più coerente della possibilità da parte delle istituzioni artistiche di riproporre la sua opera, senza correre il rischio di rimodellarla.
Marcel Broodthaers, <i>Salle Blanche</i>, Monnaie de Paris 2015
Marcel Broodthaers, Salle Blanche, Monnaie de Paris 2015
Chiara Parisi in stretta collaborazione con Maria Glissen Broodthaers e Marie Puck Broodthaers, ha mantenuto nella mostra intatta la presenza critica, le invezioni poetiche che sono centrali per la comprensione dell’artista ma si è anche lanciata nella difficilissima sfida di ricostruire alcune delle sezioni di quel Musée d’Art Moderne-Département des Aigles di cui l’artista si era autoproclamato direttore e conservatore. Un’opera preveggente che ancora interroga il sistema dell’arte sgretolandolo alle fondamenta. Ci sono gli aspetti ossessivi e precari, una buona dose di domesticità e ufficialità. Dalle presentazioni nel suo appartamento di Bruxelles fino alla Documenta V del ’72 a Kassel in cui l’artista si occupa esclusivamente degli aspetti pubblicitari del lavoro artistico Section Publicité, un deposito di materiali e figure che hanno fortemete ispirato e informato le pratiche di generazioni di artisti piú giovani.
Marcel Broodthaers, <i>Section Financière</i>, Monnaie de Paris 2015
Marcel Broodthaers, Section Financière, Monnaie de Paris 2015

Non è un caso che il lingotto d’oro, scelto per presentare la Section Financière qui alla Monnaie, sia quello che appartiene all’artista Danh Vo, la cui ricerca è strettamete connessa all’uso dell’oro e degli ambienti come quella di Broodthaers, per sottolineare la permaneza fisica di questa continuità.

Presentato sulla copertina del catalogo della Fiera di Colonia nel ‘71 e con una  equivalenza totalmente fittizia rispetto al mercato, il doppio del valore in quanto opera d’arte, questa barretta non è un opera ma un indice azionario, un monumento portatile dell’equivalenza esplosa dell’arte blue-chip con sola connotazione finanziaria dei giorni nostri. Segna un punto di svolta nella storia del personalissimo Musée dell’artista che è dichiarato in vendita per fallimento ma apre a piú di una riflessione. Così come le casse da trasporto, le palme, le edizioni o la ricostruzione della splendida Salle Blanche presentata da Pontus Hultén nel 1975 a Parigi nella protostoria del Centre Pompidou.

Marcel Broodthaers, Projection sur caisse, Monnaie de Paris 2015
Marcel Broodthaers, Projection sur caisse, Monnaie de Paris 2015

Ci si muove in un mondo di poesia critica o forse una manifesta dichiarazione di incompatibilità con il sistema. Ciò che si muove e si evoca qui parte dalla riproduzione di una stanza di casa sua e apre inconsciamente ai prestiti straordinari dei musei immagine e multimiliardari dei nostri giorni.

Del suo tenero e poetico museo di “resistenza” con le cartoline che riproducono capolavori, proiezione di diapositive e casse prestate dall’agenzia di trasporti Menkés, Broodthaers amava dire che era nato da una circostanza e in fondo il concetto era arrivato dopo. È più difficile crederlo oggi visto che questa materia – il business museale – si è imposto nell’immaginario collettivo come inattaccabile, o piú probabilmente da questi punti di partenza si disegna chiara la comprensione dell’arte del prossimo futuro.

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